Smetto quando voglio – Ad honorem: recensione

Smetto quando voglio - Ad honorem è la chiusura con lode della saga ideata e diretta da Sydney Sibilia, un concentrato perfetto di diversi generi cinematografici. Il film è al cinema dal 30 novembre con 01 Distribution.

La Banda è pronta a mettere a segno il suo colpo finale. In un conclusivo, strepitoso capitolo Sydney Sibilia mette in scena la trasformazione completa delle sue migliori menti in circolazione con Smetto quando voglio – Ad honorem (qui il trailer del film), l’uscita in grande scena del professor Pietro Zinni e dei suoi inesperti eppur incredibili compari, i quali hanno portato nell’orizzonte del panorama nostrano un’energia tanto trascinante quanto pop, gestita con la massima maestria dell’arte cinematografica.

I componenti della Banda sono tutti in prigione ormai, traditi da un sistema che li ha incastrati e costretti a trascorrere i loro giorni rinchiusi in differenti carceri mentre fuori, accecato da una mortale vendetta, un uomo senza più niente da perdere sta per sterminare un’intera sala universitaria piena di insegnanti e ministri rilasciando ingenti quantità di gas nervino. Pietro Zinni (Edoardo Leo) non può lasciare che succeda, ma da solo non può farcela. Ha bisogno della sua Banda, dei suoi fidati ricercatori, e di un aiuto inaspettato proveniente dal passato. Una fuga epica che li porterà nel cuore della Sapienza di Roma, l’ultimo atto di un’avventura che finisce proprio dove tutto è cominciato.

Smetto quando voglio – Ad honorem: un mix di generi perfetto e straordinario

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La domanda che si sono posti i protagonisti della saga di Smetto quando voglio è sempre stata la stessa: cosa inventarsi? Dopo la laurea, cosa si può fare? Dopo il rifiuto da parte di quell’istituzione che avrebbe dovuto proteggere i suoi più qualificati elementi, quale strada intraprendere? Un interrogativo fisso, costante, sul quale Sydney Sibilia ha costruito una trilogia eccelsa, la quale ha dimostrato le possibilità di entrare in contatto con l’esistenza di progetti innovativi dal risultato più che interessante. Perché alla domanda “Cosa inventarsi?”, il giovane regista e sceneggiatore salernitano ha saputo rispondere con creatività spiazzante, con originalità estrema, con una saga che si colloca, senza ombra di dubbio, tra i lavori più fenomenali che la filmografia italiana ha saputo nei recenti anni attuare.

Smetto quando voglio – Ad honorem è ancora una volta la conoscenza e l’amore di un cineasta per il mondo del cinema, riportato con bravura su di uno schermo capace di accogliere al suo interno un mix perfettamente incrociato di generi, ognuno esplorato con differente mano e perizia nella singola costruzione dei tre staccati film. Con un iniziale attenzione verso la caratterizzazione dei molteplici personaggi, che va poi ad integrarsi maggiormente in un secondo e terzo capitolo a loro volta più focalizzati sulla fabbricazione di una narrazione coesa, la saga di Smetto quando voglio parte da un protagonista ordinario il quale si ritrova ad attraversare un percorso straordinario; un lavoro che raggiunge, al compimento della propria chiusura, una maturità artistica invidiabile e fautrice della tanto esaltata speranza – per ciò che concerne le file della nostra cinematografia – citata all’interno della pellicola.

Smetto quando voglio – Ad honorem: una saga con un finale da lode

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Edoardo Leo assembla nuovamente una Banda dalla già conosciuta formazione che non manca di mettere in mostra le abilità e i caratteri dei suoi membri partecipanti, una cerchia irresistibile di attori centrati nei loro distinti ed eccezionali ruoli, a cui si aggiunge il convincente antagonista Luigi Lo Cascio e dove primeggia un Neri Marcorè malinconico e velatamente brutale, un’ombra che ha lasciato la propria coscienza nei corridoi di una facoltà sciagurata, pronta forse ora per andare a riprenderla.

Ottime le scelte musicali di Smetto quando voglio – Ad honorem a cura di Michele Braga e l’ancora geniale intuizione della saturazione dei colori da parte del direttore della fotografia Vladan Radovic che costituiscono la sbalorditiva atmosfera di un film deciso a non trascurare la sua naturale vena comica, ma concentrato su di un tono più serrato, che stabilisce la seriosa personalità di un una pagina finale incentrata su di un chiaro e ben realizzato binario. Il regista Sydney Sibilia, con la collaborazione al soggetto e alla sceneggiatura di Francesca Manieri e Luigi Di Capua, desiderava raccontare la storia di un ricercatore che voleva soltanto comprare una lavatrice ed ha raggiunto infine tre film i quali meriterebbero veramente un riconoscimento ad honorem. Smetto quando voglio è una saga con un finale da lode.

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4.5
Emozione - 5

4.3