Senza età: recensione del film con Patrizia La Fonte e Jacopo Garfagnoli

Il film, diretto da Stefano Usardi, è al cinema dal 21 settembre.

L’età non conta, conta solamente la brama di sentirsi liberi, la necessità di scoprirsi in evoluzione, di sentire il proprio tempo, d’intraprendere un percorso esterno da proiettare direttamente sul proprio io più intrinseco; Senza età è il nuovo lungometraggio diretto da Stefano Usardi (Fra due battiti, Affitasi vita), un’opera a basso budget prodotta da Fifilm Production di Caterina Francavilla, che nel suo piccolo sgomita silenziosamente per crearsi uno spazio suo, ampio, dinamico, mutevole. Protagonisti assoluti della pellicola sono la navigata Patrizia La Fonte, conosciuta per il suo lavoro come drammaturga, regista ed attrice (diretta in diverse occasioni da Mario Monicelli), e Jacopo Garfagnoli, al suo primo ruolo così evidentemente centralizzante e centralizzato: il classe 1994, oltre alle mini serie Desperados, Passport to Freedom e We Will Never Die, vanta anche un piccola partecipazione a Il traditore di Marco Bellocchio. Il film è distribuito da Draka Distribution.

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Senza età: un road movie che trascende il tempo

Senza Età cinematographe.it

Senza età parte da una corsa affannata per evolversi in una fuga necessaria: Pietro corre, inseguito da individui mai specificatamente definiti, si arrabatta sino ai pressi di una casa di cura ove incontra immediatamente Anna, anziana signora della quale si finge nipote e la quale lo asseconda senza battere ciglio, forse per reggere il gioco, forse perché ormai incapace di distinguere i propri cari. Su insistenza di lei i due decidono presto di partire alla volta mare, verso Almeria, in Spagna, dando il via, dopo poche sequenze, ad un viaggio del tutto insolito e ad un crescente rapporto di condivisone e confronto.

Dall’Italia alla Spagna, passando per la Francia, i due protagonisti vivono una moltitudine di fortunose e formanti esperienze, scoprendo luoghi, scoprendo persone e scoprendo soprattutto sé: due libri aperti, che si sfogliano a vicenda, dai quali emergono due personalità senza il bisogno di scartabellare spasmodicamente al passato; elementi ancoranti al trascorso si ravvedono unicamente nei parenti di lei i quali, accortisi della sua scomparsa, non sembrano preoccuparsi eccessivamente se non per motivazioni economiche (fatta eccezione per le due nipoti). L’approccio alla vita di Anna si mescola alle mancanze di Pietro e quel che ne risulta è una filosofia che travalica i confini e si muove per chilometri per trovare sé stessa.

Libertà itinerante

Patrizia La Fonte e Jacopo Garfagnoli cinematographe.it

La disamina dello spazio-tempo viene quindi proiettata verso una consapevole ricerca della propria libertà, avulsa dagli affanni, avulsa da un passato che non c’è come esistente ma solamente come parte evocata ed integrante dell’esperienza dei due personaggi. L’apprensione e l’insoddisfazione di Pietro verso sé stesso sembrano divorarlo dall’interno, lo rendono incapace di godere del momento, di godere della vita; ed ecco che Anna funge da sua luce, da suo faro rischiarante che agisce costantemente con sagace ingenuità, volgendo a Pietro insegnamenti per lui stravolgenti e ricostituenti. La fiducia di lei non sembra mai mancare, sembra capire il suo compagno di viaggio fin dal primo fotogramma; la fiducia di lui cresce ed è lui a crescere nel loro viaggio formativo e ricalibrante.

Sentire il tempo per potersi sentire liberi, dove non è la fuga da qualcuno ma bensì il proiettarsi verso qualcosa, godendo di quella stessa proiezione, come il fascio di luce che dalla cellulosa colpisce lo schermo catturando ogni particella d’aria incontrata nel proprio percorso. Anna è determinata, tutto per lei è chiaro e in grado di contrastare il buio nel quale Pietro sembra essersi perso e pone le basi per un’amicizia che non conosce età ma conosce solamente il bisogno di sentirsi compresi, di sentirsi ascoltati e capiti.

Senza età: valutazione e conclusione

Da concepire nella sua indipendenza, Senza età è un film che, pur mostrando i suoi limiti a carattere estetico e direttivo, con un telecamera che varia dal penetrare i propri soggetti ad un’instabilità a tratti destabilizzante, vanta il merito di dimostrarsi coraggioso nell’impartire indottrinamenti esistenziali lungo un percorso che non cenna mai ad arrestarsi, un road movie inedito che accompagna lo sbocciare di un’amicizia inconsueta. A sorreggere il peso due interpreti che mescolano l’esperienza alla voglia di emergere, capaci di dare profondità a due caratterizzazioni perfettamente definite, sostanziali anche a fronte dello scarso supporto dato dagli altri attori coinvolti dalla produzione (con qualche rara eccezione). Il plauso più grande è, pertanto, dovuto allo sceneggiato, all’idea di Usardi di fondere con naturalezza due generazioni, due visioni del mondo contrapposte che emozionano e, inoltre, vengono giustamente sostenute da un sonoro, abile nel contestualizzare in maniera ricettiva ogni tappa del cammino intrapreso dai due personaggi.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.3