Venezia 79 – Se fate i bravi: recensione del film di Stefano Collizzolli

Il documentario riporta sul grande schermo la testimonianza di coloro che hanno vissuto in prima persona la brutalità delle forze dell'ordine nelle giornate del G8 di Genova

Se fate i bravi è il documentario di Stefano Collizzolli (I nostri anni migliori, È finita), che ha condiviso le responsabilità della regia con Daniele Gaglianone (Ruggine, La mia classe). Prodotto da Samarcanda Film e Zalab, il film è stato selezionato all’interno delle Giornate degli autori, la rassegna autonoma della Mostra del cinema di Venezia curata da ANAC e 100autori e dedicata al cinema di qualità.

Realizzato in occasione del ventesimo anniversario dei fatti del G8 di Genova, il film torna a parlare di quegli eventi utilizzando alcuni filmati dell’epoca (per la maggior parte realizzati dallo stesso Collizzolli, che si trovava sul posto) e la testimonianza recente di persone che hanno vissuto in prima persona quei tragici giorni.

Se fate i bravi: l’assassinio di una generazione.

Se fate i bravi 01 - Cinematographe.it

Nel realizzare Se fate i bravi gli autori non puntano a portare sullo schermo una narrazione completa dei fatti avvenuti a Genova da giovedì 19 luglio sino a domenica 22 luglio 2001. Tramite l’uso dei filmati di repertorio e soprattutto tramite le testimonianze dirette, il film pone l’attenzione sulle conseguenze di quel momento storico sulle persone che lo hanno vissuto in prima persona. In particolare, il documentario espone le ferite emotive che l’azione delle forze dell’ordine e delle istituzioni ha lasciato su coloro che le hanno subite.

Tramite questo racconto entriamo in contatto con un dolore prima di tutto personale, ma anche condiviso da tutta una generazione. In quel fine settimana di luglio non solo è stato ucciso un ragazzo, ma sono state fatte tacere migliaia di voci, colpevoli solamente di stare chiedendo un mondo migliore. La scelta di realizzare questo film deriva forse proprio necessità di tornare a parlare, di fare quello che è possibile per evitare che qualcosa del genere riavvenga. In questo suo essere pensato come un contrattacco, Se fate i bravi assume anche una funzione terapeutica.

Un grande lavoro è stato fatto dai registi per assicurarsi che le voci di coloro che testimoniano possano risuonare. Nessuna soluzione drammatica viene applicata: la camera è ferma sui primi piani dei volti e, mentre le parole fuoriescono, li osserva a fondo e ne espone sia la sofferenza che il desiderio di rivalsa. Probabilmente, per rendere veramente giustizia a queste storie, nessuna altra messa in scena poteva essere presa in considerazione.

Contro di noi

Se fate i bravi 02 - Cinematographe.it

Un altro passaggio fondamentale di Se fate i bravi è il confronto tra uno dei manifestanti e un rappresentante delle istituzioni. Quest’ultimo è il magistrato Alfonso Sabella, già sostituto procuratore del pool antimafia di Palermo e responsabile delle carceri provvisorie di Bolzaneto e San Giuliano, istituite proprio in occasione del G8. Il suo nome rientra tra quelli dei 28 condannati al risarcimento dei danni per i fatti di Bolzaneto.

Quello tra i due individui non è un confronto pacifico ma, differentemente da quanto si potrebbe pensare, è il magistrato a essere a disagio. Sabella, con il suo ostinato ascriversi al numero delle vittime, finisce per rappresentare perfettamente l’atteggiamento preso dalle istituzioni dello stato dopo la fuoriuscita e l’accertamento dei numerosi crimini commessi dalle forze dell’ordine. Proprio come il giudice, le istituzioni non hanno voluto prendersi alcuna responsabilità rispetto a quanto accaduto e, di conseguenza, hanno reso possibile la mancanza di condanne e il generale regime di impunità.

Interessante è anche il rifiuto di Sabella di ascoltare quanto l’altro abbia da dirgli. Anche in questo caso è possibile fare un paragone tra il suo atteggiamento e quello generale degli organi dello Stato, che hanno ignorato le vittime. Il fatto che sia stato così difficile parlare, sembra volerci dire la pellicola, dipende anche dal fatto che non c’è stato nessuno disposto ad ascoltare.

Cosa ci resta di Genova?

Se fate i bravi - Cinematographe.it

Se fate i bravi è senza dubbio un film complesso, che per mantenere il più possibile diretto il canale tra coloro che testimoniano e il pubblico rinuncia a ogni possibile sovrastruttura narrativa. La volontà di dare libero spazio di espressione agli uomini e alle donne che hanno subito la violenza dello stato e che si sono visti portare via anche la voce ha reso necessaria la rinuncia a trucchi ed effetti speciali: si tratta di una operazione troppo importante per scendere a compromessi con la commerciabilità.

In ultima analisi, il primo obbiettivo del film è proprio quello di ridare volume alle voci di coloro che sono scesi in piazza nel 2001 a Genova. Non solo per ricordare quanto subito, ma anche per ribadire la legittimità delle rivendicazioni di allora e la loro totale attualità. A Genova una generazione è stata messa a tacere, ma le loro istanze sono oggi più attuali che mai.

Leggi anche Padre Pio: recensione del nuovo film di Abel Ferrara

Regia - 4
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4.5

4