Runner: recensione del film di Nicola Barnaba

La recensione dell’action-thriller di Nicola Barnaba con Matilde Gioli e Francesco Montanari, presentato in anteprima al 33° Noir in Festival.

Non capita spesso di vedere un film battente bandiera tricolore nella line-up del Noir in Festivl, ancora più di rado vederla nella rosa dei titoli in corsa per l’ambito Black Panther Award. Poche negli anni sono state infatti le pellicole che hanno avuto l’onere e l’onore di difendere i colori nostrani nella competizione della kermesse prima valdostana e poi milanese. In questa 33esima edizione conclusasi lo scorso 7 dicembre 2023 l’arduo compito è toccato a Runner, ma suo e nostro malgrado l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Nicola Barnaba si è rivelata l’anello debole di un concorso dagli standard qualitativi piuttosto elevati. Il ché non ha di certo favorito il compito, rendendo il percorso di un’opera che di suo per una serie di problematiche strutturali e tecniche ci era sembrato già complicato in partenza, ancora più in salita.

Con Runner, Barnaba vira verso l’action-thriller firmando un film che fa dell’unicità spaziale dell’albergo isolato in cui è ambientata la vicenda l’ingrediente principale

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Del resto fare un film di genere dalle nostre parti non è per nulla semplice. Ecco perché ci sentiamo di mettere quantomeno in evidenza il coraggio del regista e montatore pugliese di averci provato, lui che con il genere aveva già avuto un confronto nel 2015 con l’horror Safrom. Con Runner, Barnaba vira verso l’action-thriller firmando, con la complicità in fase di scrittura di Marco Guerrini, un film che fa dell’unicità spaziale dell’albergo isolato in cui è ambientata la vicenda l’ingrediente principale e caratterizzante, anche se non è la prima e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima volta che una struttura ricettiva con le sue stanze, i corridoi e gli spazi comuni funge da location predominante di un’opera cinematografica. Scontato chiamare in causa Shining, Psyco, The Big Kahuna piuttosto che Four Rooms, motivo per cui ci limiteremo a restare in casa e citare Valzer di Salvatore Maira, mistery-drama che si sviluppa in un solo piano sequenza di 90 minuti. Il ché non gioca di certo a favore dell’originalità della proposta, così come il fatto che il tutto si consuma nell’arco di una notte, dal tramonto all’alba, alla pari di tante altre storie analoghe. Ma tutto ciò è solo il male minore di un progetto che ai raggi x ha dimostrato di avere ben altre problematiche e gatte da pelare.

Il coup de théâtre piazzato in zona Cesarini che riesce a prendere in contropiede lo spettatore

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Runner presenta un meccanismo thriller piuttosto scontato e prevedibile tanto nelle dinamiche quanto negli sviluppi se non fosse per il coup de théâtre piazzato in zona Cesarini che riesce a prendere in contropiede lo spettatore, regalando una sorpresa inaspettata quando tutto sembrava già scritto. È questo l’unico sussulto degno di nota, peccato che arrivi solo in prossimità dei titoli di coda.  Prima assistiamo a un gioco meta-cinematografico con la Settima Arte che chiama in causa se stessa sia dal punto di vista delle citazioni più o meno esplicite al cinema action d’oltreoceano che ha visto il suo momento d’oro negli anni Ottanta grazie a pellicole come Arma Letale, 48 ore o  Die Hard, sia a livello di trama che nell’utilizzo di toni più leggeri da commedia attraverso le battute ad effetto pronunciate a oltranza dai vari personaggi che si alternano in scena. Il film infatti ci catapulta in medias res al seguito di Lisa, una giovane di 25 anni con il sogno di entrare nel mondo del cinema sin da quando era bambina. La prima occasione arriva quando viene assunta come runner sul set di un film. Un sogno che rischia di andare in frantumi quando viene accusata di avere ucciso un’attrice, trovata morta nella sua stanza d’albergo, con la quale aveva tra l’altro intrecciato una relazione clandestina. La ragazza è costretta quindi a scappare per salvarsi la vita e cercare le prove che dimostrino la sua innocenza.

Matilde Gioli affronta le scene più dinamiche in prima persona senza il sostegno degli stunt

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A fare da reticolo a questa caccia alla donna le topografie dell’hotel di cui sopra, che grazie alla fotografia di Andrea Arnone e al buon utilizzo degli spazi da parte della cinepresa si trasforma in un kammerspiel simile a una trappola per topi opprimenti e claustrofobica. Si avete sentito bene, la protagonista è una donna, cosa piuttosto rara quando si parla di cinema di genere in Italia, nello specifico di azione, anche se la situazione sta un po’ cambiando nelle ultime stagioni se pensiamo a Occhi blu o a Come pecore in mezzo ai lupi. Ancora pochi restano però i precedenti con la mente che torna a Ragazze a mano armata o a Mamba. In Runner è una Matilde Gioli in versione Lara Croft a correre e saltare come una mina vagante nel dedalo dei corridoi e dei cunicoli dell’albergo per fuggire da poliziotti corrotti che cercano di incastrarla guidati dal Bosco interpretato da Francesco Montanari. L’attrice milanese risulta credibile anche quando il film lo è di meno, affrontando le scene più dinamiche in prima persona senza il sostegno degli stunt. Di questo le va riconosciuto merito e infatti la sua performance nel suo complesso ne trae grandi benefici.

Runner: valutazione e conclusione   

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Il quarto film di Nicola Barnaba è un action-thiller che fa dell’unità spazio-temporale il proprio carattere dominante. Il risultato è un kammerspiel che attraverso la fotografia e il lavoro della cinepresa nelle topografie circoscritte di un albergo riesce a creare delle atmosfere opprimenti e claustrofobiche. I corridoi e le stanze diventano il terreno di battaglia di una lotta per la sopravvivenza e una guerra di nervi che trova nelle sequenze più concitate il proprio motivo d’essere. Dove invece Runner si dimostra più fragile è nella linea mistery, prevedibilissima se non fosse per il colpo ad effetto del finale, ma anche nel tentativo di rendere omaggio al cinema di genere degli anni Ottanta a scapito dell’originalità. Convincente Matilde Gioli nei panni della protagonista, che riesce a rimanere credibile anche quando le pecche della scrittura la mettono in discussione.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.6