Venezia 76 – Revenir (Back Home): recensione

Recensione di Revenir (Back Home), film di Jessica Palud presentato a Venezia 76. Un film che parla di vita, speranza e superamento del lutto.

Per il giovane Thomas (Niels Schneider) di Revenir (Back Home), che da anni vive in Canada e dirige con successo un ristorante, il ritorno presso la sua casa, la sua famiglia, nella campagna francese, non potrebbe essere più tragico e drammatico. Su fratello Mathieau è morto da poco in circostanze misteriose, la madre Catherine (Hélène Vincent) è in fin di vita presso l’ospedale locale, assistita dal padre Michel (Patrick d’Assumçao), con cui Thomas ha rotto ogni rapporto da diversi anni. Nella casa vi sono anche la giovane vedova di suo fratello, Mona (Adèle Exarchopoulos), e il piccolo Alex (Roman Hachez).

Ritornare (Revenir in francese) nei luoghi della sua infanzia, in quell’angolo di mondo che ha lasciato per inseguire i suoi sogni, avrà effetti imprevedibili per Thomas e per quella famiglia a pezzi e senza una guida, dove riaffioreranno antichi rancori e fragilità.

Revenir (Back Home) cinematographe.it

Revenir (Back Home): un film delicato che parla di speranza

Film intimo, delicato, pieno di dolore, ma anche di speranza questo Revenir (Back Home) di Jessica Palud, che riesce a cucire un iter narrativo di squisita sensibilità e spontaneità, evitando ogni artificio e ogni retorica, in nome di un naturalismo non solo stilistico, ma soprattutto tematico ed espressivo.

La fotografia di Victor Seguin è perfetta nel valorizzare la natura della campagna francese, i suoi boschi, i suoi campi e i suoi animali, sospesi in un presente ibrido, ma si rivela di enorme utilità al fine di non rendere mai opprimenti le piccole stanze e gli spazi in cui si incrociano i silenzi, i sentimenti e i rimorsi dei protagonisti.

Per quanto possa sembrare strano, ciò che colpisce di Revenir è che, al contrario di molti altri film dello stesso genere intimista, non faccia mai sentire oppresso o rinchiuso in una gabbia lo spettatore, ma al contrario libero, perfettamente in accordo con il mutare di atmosfere ed emozioni. E dove la luce è ovunque nello spazio fisico tra i corpi, nella splendida natura complicata dall’uomo, nelle piccole stanze rifugio di anime in perenne ricerca di qualcosa.

Se ciò succede, è soprattutto merito della bella sceneggiatura Philippe Loriet, che rende i dialoghi tra i diversi protagonisti mai banali, mai scontati e neppure prolissi, quanto piuttosto connessi a un quotidiano che anela all’universale.

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Revenir (Back Home): onorare i morti, amando la vita

Revenir (Back Home) ha in Niels Schneider un interprete di enorme bravura, in grado di reggere per ogni momento il carico espressivo di un personaggio diviso a metà, tra passato e presente, tra volontà di fare pace con sé stesso e la sua vita, con chi vi è rimasto dentro, e dall’altra il sentimento di qualcosa di prezioso da recuperare, la volontà di dare e ricevere amore.

Pur parlando di perdita, di morte, il film è pieno di vita più che di dolore, esprime una volontà di superamento del lutto, di onorare i morti amando la vita, senza pregiudizi o sensi di colpa, a dir poco prorompente. In questo la sensuale Adèle Exarchopoulos funge da simbolo, totem di quell’Eros che segue sempre a braccetto il Tanatos, di una sessualità che è anche e soprattutto materna, riscatto per una figura femminile simbolo di quella giovinezza abbandonata e misera che anche in Francia abbonda nelle periferie slegate dalle metropoli.

Vi è anche il ricordo dell’infanzia, la volontà di riconciliarsi con essa senza rimpiangerla, di comprenderla quando si fa palese la differente comunicatività che risplende grazie al piccolo Alex, interpretato da un Roman Hachez che ruba costantemente la scena a ogni altro attore presente.

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Revenir (Back Home) non ambisce a mostrarci personaggi universali, quanto a mettere in scena sentimenti ed eventi universali, l’elaborazione del distacco dal nostro io infante (che non è distruzione), il saper ricominciare da capo, l’accettare i propri sentimenti senza vergognarsene, il lottare contro la paura di mostrare la nostra paura.

Un film umile e proprio per questo ambizioso nel profondo, mai scontato e mai eccessivo, che affronta il tema del dolore in modo inconsueto e, nel profondo, assolutamente certo di non avere “la soluzione” ma “una soluzione”. La vita è fatta di drammi, di dolori, accettarlo è parte del percorso verso la verità, ma ciò che conta è saper ripartire, saper perdonare, andare oltre un’emotività e una memoria soventi rancorose e instabili, e abbracciare l’emozione di vivere le cose per quello che sono, per quello che sentiamo nel profondo.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.8