Rabbia Furiosa – Er Canaro: recensione del film di Sergio Stivaletti

Con Rabbia Furiosa - Er Canaro Sergio Stivaletti racconta una storia fuori dal tempo attraverso uno sguardo puro e profondamente innamorato del cinema di genere.

Si torna al cinema per il Canaro della Magliana, fattaccio di cronaca nera che ha sconvolto l’Italia negli anni Ottanta. Dopo il successo eclatante di Dogman di Matteo Garrone, arriva nelle sale un’interessante variazione sullo stesso tema: Rabbia Furiosa – Er Canaro, terzo lungometraggio del maestro degli effetti speciali Sergio Stivaletti.
Partendo dalla ricostruzione di quel tragico 18 febbraio 1988, studiata dagli sceneggiatori per la stesura del copione, Stivaletti mette in scena una versione romanzata dei fatti, ambientando il delitto della Magliana nel Mandrione dei giorni nostri. La collocazione spazio-temporale, d’altra parte, non è poi così rilevante, quando si tratta di un personaggio portatore di un messaggio universale, un simbolo della rabbia che cresce negli umili e che esplode con furia inaudita.
Il Canaro interpretato da Riccardo De Filippis, però, non è un eroe, ma un uomo umiliato, ferito e offeso, la cui violenza monta abuso dopo abuso, trasformandosi in una sequenza emblematica di torture, una demolizione – pezzo per pezzo – del proprio aguzzino.

Rabbia Furiosa e il cinema dell’orrore

rabbia furiosa cinematographe

Rabbia Furiosa di Sergio Stivaletti non è per nulla un film semplice. Se nei primi cento minuti si ha a che fare con un prodotto più o meno alla portata di tutti, negli ultimi sedici si assiste a una delle scene più esplicite e violente del cinema italiano degli ultimi anni. D’altra parte, Stivaletti ha all’attivo collaborazioni con i più grandi registi di horror nostrani, prendendo parte a cult del tenore di Phenomena di Dario Argento (1985), Dèmoni di Lamberto Bava (1985) e Dellamorte Dellamore di Michele Soavi (1994): durante la sua carriera trentennale, il regista di Rabbia Furiosa ha familiarizzato con tutto ciò che di fantastico, orrido e pregno di sangue, carne e viscere sia stato prodotto nel nostro cinema. Lui stesso è diventato una vera e propria autorità nel settore, portando nelle sue opere da autore questo immaginario carico di dettagli morbosi e reso da uno sguardo naif, tipico delle storie dell’orrore che ci si racconta da ragazzini.
Passando di bocca in bocca, la storia del Canaro della Magliana ha segnato l’immaginario dei giovani cresciuti negli anni Ottanta: la quantità di dettagli scabrosi ricavata dall’esagerata ricostruzione dell’assassino ha portato il voyerismo da cronaca nera a un livello allora inedito nella storia del costume italiano. Nel suo film, Stivaletti rende in maniera personale e senza alcuna pretesa di veridicità storica proprio quei dettagli, confusi tra cronistoria e immaginazione, in un exploit delirante e liberatorio.

Rabbia Furiosa: un film più unico che raro

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Per apprezzare Rabbia Furiosa bisogna lasciar perdere ogni confronto con Dogman di Garrone: nonostante abbia condiviso con il regista romano il set de L’Imbalsamatore, Stivaletti è figlio di tutt’altra cultura. Onore alla sua resistenza alla corrente, alla moda, alle imposizioni del mercato: Rabbia Furiosa è un prodotto per nulla coerente con i nostri tempi – difatti, è un’auto-produzione – fuori luogo, poco opportuno e, proprio per questo, estremamente soddisfacente. Certo, questo stile radicale rischia di affibbiare alla pellicola una patina grezza, proveniente da un’epoca ormai passata: tuttavia, anche quegli elementi che più di tutti tradiscono la visione personale del regista – ad esempio, le fiale di droga sintetica che sembrano dosi di una pozione magica – incidono relativamente nell’economia generale della pellicola. Certe ingenuità non si perdonerebbero nel cinema mainstream o men che meno in quello d’autore, ma ogni genere ha i suoi pro e i suoi contro e Rabbia Furiosa mostra con profonda onestà intellettuale gli aspetti positivi e negativi di un cinema libero e indipendente.

La catarsi dello splatter in Rabbia Furiosa

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Quasi ogni opera d’arte è intrisa di violenza, dai cartoni animati per bambini alle grandiose tele dei maestri della pittura, dalla mitologia classica alla filmografia recente. Eppure, c’è un limite visivo oltre il quale raramente è concesso spingersi, e la storia dell’arte è piena di espedienti attraverso cui raccontare la brutalità senza mostrarla. Nel sottobosco di autori che hanno rinunciato – per forza o per scelta – alle grandi produzioni multimilionarie, c’è però un movimento di adorabili folli che ha inventato lo splatter. Non si tratta di film che attentano al candore infantile o allo stomaco delle persone sensibili, non sono mai trasmessi in prima serata sulle reti nazionali e non sono neanche così facili da reperire sul web, la loro distribuzione è di nicchia e allertata dalle solite raccomandazioni sull’età e la tolleranza degli astanti. Eppure, superati tutti questi ostacoli, c’è un gruppo di coraggiosi spettatori che vivono la visione esplicita della violenza come un’esperienza catartica, sospesa tra la consapevolezza della finzione e la verosimiglianza delle sofferenza. Se arte è invenzione, immaginazione, pura espressione della mente del suo creatore, chi ha il diritto di riportarla sul sentiero del buongusto? Stivaletti, d’altro canto, ha costruito la sua carriera sull’illusione del delitto, la sua poetica si è plasmata sui mostri, sulle vittime, sugli omicidi più efferati. Che dire? Chi lo ama, lo segua. Al cinema.

Il lavoro degli attori in Rabbia Furiosa

Capita spesso che, nel cinema di genere, non si presti particolare attenzione alla preparazione degli attori e ci si concentri più che altro sull’aspetto estetico delle scene clou, che funzionano a prescindere dalla credibilità di chi le interpreta. Ebbene, Stivaletti in Rabbia Furiosa vuole dare un nuovo spessore alla dimensione attoriale del cinema splatter, puntando in particolar modo sul protagonista, Riccardo De Filippis.  Oltre a essere noto per il suo ruolo di Scrocchiazeppi in Romanzo Criminale (la serie tv), ha soprattutto calcato le scene teatrali romane, da cui ha attinto a piene mani l’indagine introspettiva per la ricostruzione della psicologia del Canaro. Il co-protagonista Virgilio Olivari, dalla fisicità piuttosto credibile, mette in scena un antagonista sufficientemente irritante, la cui arroganza è spazzata via dal trattamento disturbante che sarà riservato al suo corpo da body builder. È chiaro lo sforzo di sceneggiatura nel motivare la tragedia finale con un crescendo di abusi, tra cui lo stupro della moglie del protagonista, Anna, interpretata da Romina Mondello e la molestia alla piccola Silvia, figlia del Canaro, a cui dà voce e volto la giovanissima Eleonora Gentileschi.

Una storia fuori dal tempo, raccontata con uno sguardo puro e profondamente innamorato del cinema di genere. Un film da affrontare con la stessa onestà, liberi da pregiudizi, confronti e retaggi morali. Rabbia Furiosa – Er Canaro sarà nelle sale italiane a partire dal 7 giugno.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4.5

3.3