Roma FF17 – Piove: recensione del film di Paolo Strippoli

La recensione dell’horror-dramma dalle tinte soprannaturali diretto da Paolo Strippoli con Fabrizio Rongione e Francesco Gheghi. Nelle sale dal 10 novembre 2022 dopo la presentazione alla Festa di Roma.

Per la sua prima apparizione pubblica su suolo italiano che precede l’uscita nelle sale il 10 novembre 2022 con Fandango, Piove di Paolo Strippoli ha fatto scalo nella Capitale, per la precisione nella sezione autonoma Alice nella Città della 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma. Una proiezione, questa, che arriva dopo un fortunato tour che ha portato la pellicola in questione a prendere parte a importanti manifestazioni dedicate al fantastico e alle sue diverse declinazioni e ibridazioni: dall’anteprima mondiale al Fantastic Fest di Austin a quella europea al Festival Européen du Film Fantastique de Strasbourg, passando per il SITGES Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya. Un percorso di tutto rispetto per un film che  consente al suo autore di proseguire il proprio cammino nel cinema di genere iniziato ai tempi degli esordi nella produzione breve e andato avanti con il debutto sulla lunga distanza, A Classic Horror Story, co-diretto con  Roberto De Feo.

In Piove si innesca un dispositivo horror soprannaturale e allegorico che genera a sua volta una parabola sul lato oscuro dell’essere umano

Piove recensione cinematographe.it

Il regista pugliese, per la sua opera seconda in solitaria, resta confinato nel recinto allargato del cinema del terrore, ma spostandosi dal folk-horror in odore di serial-thriller all’horror soprannaturale che vede la natura stessa e gli eventi ritorcersi contro l’essere umano come ad esempio in E venne il giorno di M. Night Shyamalan o in Macchie solari di Armando Crispino. Il tutto passa dunque attraverso un dispositivo horror sovrannaturale e allegorico che genera a sua volta una parabola. Due filoni che in Piove si mescolano senza soluzione di continuità per dare vita a un ibrido che vede la linea di demarcazione svanire mano a mano che ci si avvicina al terzo dei tre capitoli che vanno a comporre questo racconto dell’orrore, al quale fa da cornice una Roma ancora una volta martoriata e messa a ferro e fuoco. E se sulla Capitale in Siccità non cade una goccia d’acqua da tre anni e in Suburra la pioggia cade copiosa per lavare via i peccati di una metropoli nel caos, nel film di Strippoli la stessa scatena e libera la parte oscura dell’uomo.

Paolo Strippoli non ha nessuna remora a mostrare la violenza ma non per esaltarla, bensì per condannarla e per addomesticarla

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Qui la pioggia ne satura le viscere, riportando in superficie dai condotti e dai tombini ciò che doveva rimanere nascosto. Quel qualcosa è una melma grigiastra che esala un vapore denso di cui non si conosce l’origine, che una volta respirato costringe il malcapitati di turno, tra i quali i membri di una famiglia come tante, a farà i conti con ciò che reprime i loro istinti più oscuri, ossia la rabbia. Questa si trasforma in violenza senza freni, che Strippoli non ha nessuna remora a mostrare ma non per esaltarla, tantomeno per proporre un’istigazione o apologia del male, bensì per condannarla e per la quale arriva persino a trovare una soluzione per addomesticarla. Per farlo fa leva sulla crudezza che il genere in questione richiede e non poteva essere altrimenti per via delle regole d’ingaggio, ma il prezzo da pagare quanto esci dal circuito dei festival ed entri in quello ufficiale delle sale è la dura legge della censura nostrana che ha attribuito a Piove il vietato ai minori di 18 anni. Sentenza, questa, che complica e non poco i piani della distribuzione, che come le altre deve già fare i conti con la scarsa affluenza. Non resta che confidare in un dietrofront della commissione a seguito di un ricorso. Staremo a vedere.   

Per Piove gli autori dello script attingono al fanta-horror degli anni Settanta e Ottanta, che utilizzava le “armi” del genere per attaccare la società

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Tornando al film e al plot è facile leggere tra le righe il tentativo di Strippoli e dei co-sceneggiatori, Jacopo Del Giudice e Gustavo Hernandez, di rifarsi al fanta-horror degli anni Settanta e Ottanta, che utilizzava le “armi” del genere per attaccare la società dell’epoca e con essa i vizi capitali, le deformazioni e i mali che ne imbrattavano le vesti. Piove in tal senso attinge a piene mani dal pacchetto di temi, stilemi e codici genetici del suddetto filone per esprimere il proprio dissenso e puntare il dito su quella odierna, trasformando la misteriosa melma nel “sangue infetto” e nella rabbia repressa che scorre nelle vene di una società malata.  Ciò che ne consegue sono gli effetti devastanti sull’intera comunità, vissuti attraverso lo spioncino della porta dei Morel, una famiglia  già alle prese con una profonda crisi domestica causata dalla morte della donna di casa che crea ulteriori crepe all’interno del nucleo, a cominciare da quella apparentemente insanabile tra padre e figlio. Nel mezzo di questa improvvisa lotta per la sopravvivenza, dove persino la persona a te più cara può tramutarsi in un carnefice,  gli autori dello script innestano i semi di un conflitto familiare e generazionale.

Piove è un dramma nel dramma, con l’uno che si riversa nell’altro e viceversa

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Piove è un dramma nel dramma, con l’uno che si riversa nell’altro e viceversa. C’è quello che implode tra le quattro mura dei Morel e quello esploso oltre la porta della loro casa, tra le strade, nelle piazze, ovunque. Questo sistema di vasi comunicanti rende più tridimensionali i personaggi (convincenti ed efficaci le performance di Fabrizio Rongione e Francesco Gheghi, rispettivamente nei panni del padre e del figlio), oltre che più corposo e stratificato l’impianto narrativo e drammaturgico, allargandone gli orizzonti così da non renderlo un approccio al genere ludico, derivativo, stereotipato, fine a se stesso e interamente votato alla causa dell’intrattenimento a buon mercato. Al netto del già visto, di dinamiche e caratteri ricorrenti nel genere di riferimento e dai quali non si può prescindere, che provocano d default una perdita di originalità, Strippoli e i suoi colleghi di scrittura hanno cercato e trovato dei pertugi attraverso i quali fare penetrare  qualcosa di personale. Ciò avviene soprattutto nella sfera più intima della storia, con lo scontro tra padre e figlio  che genera tensione altissima fino a esplodere sullo schermo negli ultimi tesissimi minuti.    

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 2.5

3.2