Paradise: recensione dello sci-fi tedesco Netflix

Dalla Germania un discreto thriller distopico firmato da Boris Kunz in cui il tempo diventa letteralmente denaro. Dal 27 luglio 2023 su Netflix.

Carte alla mano non si può dire che la Germania abbia mai potuto contare nel corso dei decenni su una solida e florida tradizione per quanto concerne il cinema di genere fantascientifico. Se non fosse    per una pietra miliare del genere in questione, della storia della Settima Arte, nonché capolavoro del movimento espressionista, come il Metropolis di Fritz Lang, a memoria è difficile rintracciare nell’industria tedesca qualcosa meritevole di essere ricordato. Si contano semmai sulle dita di una mano timide iniziative sporadiche di autori locali e in trasferta o co-produzioni internazionali messe in piedi con partner europei e oltreoceano per dare vita a kolossal mainstream. Sarà per questo che Paradise di Boris Kunz ha subito attirato l’attenzione del pubblico e dei cultori della materia, tanto da balzare immediatamente in vetta alla top ten dei titoli più visti di Netflix che lo ha rilasciato il 27 luglio 2023.   

Paradise è un thriller distopico caratterizzato da una confezione di discreta fattura, da una regia solida e da interpretazioni attoriali convincenti

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Paradise si presenta agli abbonati della piattaforma a stelle e strisce come un thriller distopico davvero interessante, caratterizzato da una confezione di discreta fattura, da una regia solida e da interpretazioni attoriali convincenti, che rendono tanto la messa in quadro quanto la messa in scena credibilissime e di forte impatto visivo. Il ché permette all’opera terza del regista tedesco, con diverse esperienze alle spalle nella serialità, di non essere una meteora del e nel genere destinata a perdersi e passare inosservata nello sterminato universo dello Sci-Fi. Del film ricorderemo infatti la capacità di inserirsi senza proclami e con i strumenti in suo possesso di un solco già ampiamente battuto da autori e cinematografie delle diverse latitudini, ma con ancora molta libertà di azione nonostante si lavori il più delle volte su temi e stilemi ricorrenti, cosa che accade anche nella pellicola di Kunz. Quest’ultima ha come baricentro narrativo, drammaturgico e tematico il tempo, ingrediente chiave nel cinema di fantascienza, che qui acquista un valore enorme dal quale dipendono in tutto e per tutto la storia e i personaggi che lo animano come accaduto in In Time di Adrew Niccol.

Un film in cui il tempo è il vero protagonista e rappresenta un bene dal valore inestimabile nel senso letterale del termine

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In Paradise il tempo è il vero protagonista e rappresenta un bene dal valore inestimabile nel senso letterale del termine. Nulla di astratto o figurativo, bensì concreto e fondamentale per l’esistenza umana. Siamo infatti un un futuro non troppo lontano, un futuro nel quale il denaro non esiste più e la valuta corrente è proprio il tempo, quantificato negli anni che una persona ha da vivere. Ed è in questa società che vivono in tranquillità e follemente innamorati Elena e Max, almeno fino a quando la donna dovrà a rinunciare a 40 anni della sua vita per pagare un debito assicurativo con il marito che le proverà tutte per cercare disperatamente un modo per riaverli indietro. Ciò che li aspetta è una lotta contro una potente multinazionale che detiene il monopolio di quella che è diventata una preziosa risorsa.

Paradise attinge a piene mani dall’immaginario sci-fi per trasmettere alla platea di turno messaggi di natura politica

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Come nel cinema di Niccol anche in quello del collega tedesco il tempo è denaro. Questo diventa la materia prima di un racconto che attinge a piene mani dall’immaginario sci-fi per trasmettere alla platea di turno messaggi di natura politica fin troppo chiari, ma anche commenti sociali sulla bellezza, l’età, lo stato socioeconomico e l’industria tecnologica in continua crescita, dietro i quali si celano in maniera nemmeno troppo velata agghiaccianti risvolti etici. Nulla di nuovo per carità, ma affrontati da Kunz con la stessa convinzione e spirito di chi la fantascienza decenni addietro la sapeva utilizzava tanto come arma di distrazione di massa, mescolandola con azione e intrattenimento, quanto come strumento per affondare la lama in argomentazioni dal peso specifico rilevante. Da questo punto di vista, Paradise non è l’ennesimo vuoto a rendere, bensì un ottimo compromesso.

Paradise: valutazione e conclusione

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Il regista tedesco Boris Kunz firma un solido thriller distopico dalle venature action ambientato in un futuro non troppo lontano nel quale il tempo diventa una potente moneta di scambio. Paradise prende in prestito temi e stilemi del cinema di genere fantascientifico per per trasmettere alla platea di turno messaggi di natura politica fin troppo chiari, ma anche commenti sociali sulla bellezza, l’età, lo stato socioeconomico e l’industria tecnologica in continua crescita, dietro i quali si celano in maniera nemmeno troppo velata agghiaccianti risvolti etici. Ciò rappresenta la materia prima di uno script ben strutturato, che trova in una confezione di ottima fattura e nelle interpretazioni credibili ed efficaci degli attori chiamati in causa delle preziose alleate.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.8

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