One Life: recensione del film di James Hawes

La pellicola con protagonisti Anthony Hopkins, Johnny Flynn e Helena Bonham Carter é disponibile nelle sale italiane a partire dal 21 dicembre 2023.

Una vita di cui è necessario il ricordo, una vita che ha saputo scardinare la propria ordinarietá, una vita che ha dato nuova vita a centinaia di bambini divenuti, grazie ad essa, persone; One Life racconta questo, ricalca la storia e, coi volti e le straordinarie interpretazioni di Johnny Flynn, Helena Bonham Carter e il solitamente sublime Anthony Hopkins, impressiona su pellicola il ricordo dell’eroica impresa di Nicholas Winton, tra i principali fautori dell’operazione passata alla storia come Kindertransport, e ci riporta al secondo conflitto mondiale, cercando di restituire la dovuta attenzione ad un’operazione ingiustamente sconosciuta ai più. Il film, primo lungometraggio diretto dall’autore televisivo James Hawes, prodotto da See-Saw Films e distribuito in Italia da Eagle Pictures a partire dal 21 dicembre, è l’adattamento cinematografico della biografia If It’s Not Impossible… The Life of Sir Nicholas Winton, scritta dalla figlia di lui, Barbara Winton.

One Life: sui binari di un’alternativa

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Nicholas Winton pare un uomo ordinario: prima un individuo invecchiato dalla propria storia, sostenuto dalla presenza alleggerente della moglie Grete (Lena Olin) e attratto dalla sgualcita immagine di una borsa che pare evocare un passato drammatico, poi un giovane uomo, agente di borsa dalla vita parca, in ottimi rapporti con la madre Babette (Helena Bonham Carter) e mosso dal bisogno irrefrenabile di aiutare il prossimo, di fare dei suoi contatti e delle sue disponibilità la spinta propulsorea per portare beneficio a chi si trova in difficoltà.
Partito per la Cecoslovacchia alla fine degli anni ’30, con il secondo conflitto mondiale ormai alle porte, Winton si rende conto delle necessità di un intervento per salvaguardare la salute ed il futuro dei moltissimi bambini ebrei costretti a vivere in condizioni disperate e, con un ristrettissimo nucleo di collaboratori, decide di fare tutto il possibile per riuscire a portarli al sicuro in Gran Bretagna.

L’opera viaggia tra Praga e Londra come i treni che, con un grandissimo sforzo e una coordinazione capillare, riuscirono a portare in salvo ben 669 bambini (quasi 10000 in totale se si considera l’intera operazione Kindertransport) e, al contempo, viaggia attraverso due archi temporali che, nell’atto finale del film, ci riportano al 1988 e a quando Nicholas Winton riuscì a portare la propria storia in televisione (al programma That’s Life!).

Quando la storia va raccontata

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La storia del cinema è talmente satura di opere che rievocano il periodo bellico, rivelandosi spesso l’una emulatrice dell’altra, che talvolta ci si dimentica della necessità di raccontare alcuni momenti, di ricordare determinati individui che la storia, oltre che farla, l’hanno cambiata, salvata, determinata, figure che altrimenti non conosceremmo, che verrebbero dimenticate e trascinerebbero con sé il ricordo delle azioni che hanno significato e hanno dato in un periodo in cui tutto veniva tolto e cancellato. L’umanità e il solidale bisogno di contribuire con la propria fortuna alla salvaguardia del debole e alla destituzione delle forze prevaricanti è ciò che di One Life deve rimanere, ciò che non dobbiamo dimenticarci di ricordare.

One Life: valutazione e conclusione

Vien da sé il tracciamento di un parallelismo con Shindler’s List, anche se l’opera di Hawes non ha alcuna intenzione di emulare il cult firmato Spielberg, ma bensì si accontenta di fermarsi molto prima; la scarsa conoscenza del mezzo da parte dell’autore, in senso più specificatamente cinematografico, si evince nel momento in cui il lungometraggio non cerca di andare oltre un piatta riproposizione degli stilemi classici, certo che la forza del reale sia sufficiente e possa accompagnarsi ad una produzione che non rischia e non pretende da sé null’altro che un’estetica che ne esalti le caratteristiche contestuali, una produzione che tenta un’elevazione solamente per mezzo di un cast di levatura assoluta, capitanato da un Anthony Hopkins come sempre in stato di grazia, di una raffinatezza assoluta.

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Regia - 3.5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8