Notre-Dame in fiamme: recensione del film di Jean-Jacques Annaud

ra incendi reali e scintille di retorica, Notre-Dame in fiamme, regia di Jean Jacques Annaud, batte strade già viste. Dal 15 aprile 2022 su Sky.

Arriva su Sky Cinema esattamente tre anni dopo i fatti. Notre-Dame in fiamme, regia di Jean-Jacques Annaud, un film Sky Original distribuito da Vision Distribution e Wildside, torna sul luogo del delitto per riseumare le dinamiche, il pathos, la paura e per finire il colossale sollievo di un giorno diverso dagli altri. Per la Francia e per il mondo. Lunedì 15 aprile 2019. Il giorno di Notre-Dame e del suo incendio.

Dopo un breve passaggio nelle sale italiane nel mese di marzo, Notre-Dame in fiamme è disponibile su Sky a partire dal 15 aprile 2022. La formula è ibrida, ficton e materiali di repertorio. Rigore cronachistico ed eccessi retorici.

Notre-Dame in fiamme: niente politica, qui conta il lato umano

Notre-Dame in fiamme cinematographe.it

A Jean-Jacques Annaud non interessa perdersi nei meandri della polemica politica spicciola. Non ha molta voglia, neanche, di accampare pretese giustizialiste. A ciascuno il suo: dove passa il diritto il cinema si astiene e viceversa. Ciò che interessa al regista è 1) il fatto puro e semplice. La cattedrale di Notre-Dame a Parigi, capolavoro dell’arte gotica e baluardo della cristianità, è in pericolo. L’incendio è una minaccia esistenziale. In gioco c’è l’integrità dell’edificio e la sicurezza dei tesori e delle reliquie conservati al suo interno. Da questo punto di vista, le premesse per un’azione serrata e spettacolare ci sono tutte.

C’è poi da considerare che 2) la dimensione umana, sentimentale, ha un peso enorme sulla vicenda, da qui il rischio della dilatazione retorica. Notre-Dame in fiamme cade in un errore simile a quello in cui sono incappati molti degli autorevoli commentatori del giorno dopo. L’errore di forzare la lettura dell’evento cucendogli addosso un simbolismo esagerato, dilatandone il significato ben oltre il razionale. Talvolta, una bella cattedrale che brucia non è che questo, una bella cattedrale che brucia. Presagire nel fattaccio l’impronta di un crollo della civiltà, o cose del genere, suona forse come un’esagerazione dialettica.

Jean-Jacques Annaud non cerca per la verità facili simbolismi, anche se un discorso sulla necessità di una nuova armonia francese sta nascosto nell’ombra (ricordate i gilet gialli?). Cede però alla tentazione di aggiungere emotività su emotività, smorzando sul nascere le velleità audaci di un racconto che avrebbe potuto raggiungere altre vette. A livello strutturale, il film cerca di coprire l’arco umano della vicenda nella sua totalità. Cominciando dalle prime avvisaglie, nel tardo pomeriggio, un allarme che non funziona, il rogo nel controtetto, i primi crolli, il pericolo, molto reale a un certo punto, del cedimento della struttura, la copertura mediatica. Tutti coinvolti, il personale, gli addetti al restauro, il corpo ecclesiastico, l’eroismo dei vigili del fuoco che lavorano sul filo del miracolo. I fedeli raccolti in preghiera, la gente comune. Anche qualche faccia molto conosciuta.

Notre-Dame in fiamme: facce celebri e troppa retorica

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In un cast di professionisti in cui il nome che spicca un po’ di più, per ragioni di familiarità televisiva, è quello di Samuel Labarthe, vanno citati anche i pezzi grossi che, per evidente necessità, finiscono per attraversare il film in virtù del prestigio istituzionale. Su tutti la sindaca di Parigi Anne Hidalgo e il Presidente francese Emmanuel Macron, il cui mood non proprio ottimista accompagna col sapore di un triste presagio, per fortuna risoltosi in un nulla di fatto, le ore più buie. Vale la pena di ricordare che il film si diverte a fare la ricostruzione parodistica del surreale intervento social del twittatore compulsivo più famoso d’America, che tra una partitina a golf e l’altra trova anche il modo di dare consigli assolutamente non richiesti. E ingegneristicamente suicidi. Gli avessero dato retta, sarebbe venuto giù tutto, ma questa è un’altra storia.

Non si pensi a un’ostentazione ridondante di volti ultra famosi. Notre-Dame in fiamme mescola materiale di repertorio e ricostruzioni a posteriori per ragionare sul confine sottilissimo tra realtà e finzione, tra vero e credibile, tra cronaca e spettacolarità. L’idea, che sulla carta non è originale ma ha una sua innegabile forza di seduzione, resta però compressa al livello della provocazione intellettuale stimolante. Non funziona fino in fondo, questo gioco di vero e falso, perché la fiction è modellata sul principio della semplificazione sentimentale e retorica.

La struttura del racconto è hollywoodiana per vocazione e negli esiti. Il culto di una mascolinità virile ma al punto giusto, un paio di frasi a effetto, l’esaltazione dell’eroismo semplice dei sottoposti, un’impronta sottile di umorismo e un commento musicale debordante. Il lieto fine, sentimentale come uno se lo immagina. La riscoperta di un’autentica dimensione spirituale, talmente spudorata da meritare il massimo rispetto. Ci vuol coraggio ad essere così religiosi sullo schermo, questo è l’unico eccesso che si perdona senza problemi al film, indipendentemente dal punto di vista di ognuno. Peccato che il film cerchi l’emozione nel posto giusto (il cuore umano), vestendola però dell’abito più convenzionale possibile. La giornata particolare, l’operazione un po’ meno.

Regia
Sceneggiatura
Fotografia
Recitazione
Sonoro
Emozione