Niente di nuovo sul fronte occidentale: recensione del film Netflix

Edward Berger riporta sullo schermo a distanza di oltre quarant’anni dall’ultima trasposizione il celebre romanzo di Erich Maria Remarque ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, ricavandone a sua volta una parabola anti-militarista. Dal 28 ottobre 2022 su Netflix.

Correva l’anno 1928 quando nei mesi di novembre e dicembre il giornale tedesco Vossische Zeitung pubblicava per la prima volta il romanzo storico Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque (pseudonimo di Erich Paul Remark), da molti considerato fondamentale per la letteratura bellica e la critica alla guerra. Pagine, le sue, che si tramutarono ben presto in un vero e proprio atto d’accusa scagliato contro l’inutilità dei conflitti, contro le ideologie e l’uso della violenza come strumento di conquista, distruzione, morte e rivendicazione del potere militare. Non a caso venne censurato e bandito per molti decenni da Nazioni, tra cui l’Italia, che vedevano nelle parole dello scrittore di Osnabrück un’autentica minaccia.

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Non passerà però tanto tempo prima che la Settima Arte ne comprendesse l’importanza morale e storiografica, al punto da decidere di adattare le pagine di Niente di nuovo sul fronte occidentale dopo solo due anni dalla pubblicazione con la versione firmata da Lewis Milestone, alla quale ne seguirà una seconda per il piccolo schermo, il TV movie di Delbert Mann del 1979. Ma come si dice non c’è due senza tre ed ecco spuntarne una terza diretta da Edward Berger, che arriva stavolta direttamente nel catalogo di una piattaforma streaming, per la precisione su quella di Netflix dal 28 ottobre 2022. Tre tentativi in altrettante epoche lontane, che riflettono gli sviluppi tecnologici e i nuovi metodi di fruizioni, ma che nonostante i cambiamenti non ne scalfiscono i contenuti. Quelli restano invariati, con lo scorrere delle lancette dell’orologio che non ne hanno intaccato l’importanza, il peso specifico e la portata.

Il regista di Wolfsburg attinge alle pagine di Niente di nuovo sul fronte occidentale per farne a sua volta una parabola antimilitarista che oggi tuona sullo schermo come un fulmine in giorni di tempesta

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Il regista di Wolfsburg attinge alle pagine di Niente di nuovo sul fronte occidentale per farne a sua volta una parabola antimilitarista, che oggi a oltre un secolo di distanza da quel conflitto e con l’Europa ancora sconvolta e deturpata dall’ennesima inutile guerra, tuona sullo schermo come un fulmine in giorni di tempesta. Il film di Berger, da lui scritto a sei mani con Lesley Paterson e Ian Stokell, attinge a piene mani dal romanzo omonimo, riportandoci negli ultimi giorni che precedono l’armistizio e la conseguente fine della Prima Guerra Mondiale, sui quali si concentrano gran parte dei 150 minuti che vanno a comporre la timeline. Il tutto con e attraverso gli occhi di Paul Bäumer,  un giovane studente universitario che decide di arruolarsi volontariamente nell’esercito imperiale tedesco assieme ad altri amici appena diciannovenni alla vola del fronte occidentale. Lì, nel fango misto a sangue che bagna le trincee, sotto bombardamenti e scariche di mortaio, l’euforia iniziale si tramuta immediatamente in disperazione, mandando in mille pezzi gli ideali patriottici che gli avevano inculcato. Il tutto mentre i suoi compagni di viaggio all’inferno vengono falciati uno dopo l’altro dall’ottusità dei superiori e la determinazione del nemico.

La narrazione di Niente di nuovo sul fronte occidentale, sia nella matrice letteraria che nella sua trasposizione cinematografica, assume la prospettiva e il punto di vista del giovane protagonista

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Paul, interpretato in Niente di nuovo sul fronte occidentale con potenza espressiva, coinvolgimento emotivo e livelli diversi di intensità da un bravissimo Felix Kammerer (giovane promessa del cinema tedesco del quale sentiremo sicuramente parlare in futuro), diventa la “zattera” alla quale lo spettatore si aggrappa per tutto il tempo durante l’attraversamento del ciclone che nel frattempo spazza via cose e persone. La narrazione sia nella matrice letteraria che nella sua trasposizione ne assumono prospettiva e punto di vista. La mente in tal senso torna al modus operandi di Sam Mendes nel suo 1917, che utilizza una combinazioni di long take cuciti insieme per generare un vorticoso piano sequenza e con esso si incolla al giovane colonnello Lance Schofield seguendolo nel corso della sua missione. Allo stesso modo, con e attraverso il soldato semplice a lui contrapposto, ossia Bäumer, viviamo gli eventi della grande Storia, mentre marcia lentamente (quelle rare volte che gli è stato concesso) verso l’armistizio e la morte, in una guerra che ha fatto dell’immobilità e delle ingenti perdite umane la sua pesante e drammatica eredità. La macchina da presa lo pedina in maniera ossessiva dentro e fuori dal campo di battaglia, tra cariche e assalti alla baionetta, tra fosse comuni, bunker e trincee allagate dalla pioggia battente, per abbandonarlo al suo destino solo per brevi parentesi che ci portano lontano dalla prima linea, in quelle retroguardie o nei palazzi del potere dove si decidono strategie o si tenta di siglare la pace. Niente di nuovo sul fronte occidentale si muove dunque su due direttrice, quella fisica del fango delle Argonne, della Champagne o della Somme, dove si combatte notte e giorno con un nemico che sembra invisibile, e quella dei salotti dei burocrati e dei cosiddetti signori della guerra.

Nel film di Edward Berger l’approfondimento dei personaggi passa in secondo piano per lasciare spazio allo “spettacolo” balistico e dinamitardo

Niente di nuovo sul fronte occidentale cinematographe.it

Ma tra i due fronti a restare centrale nel racconto è il primo che come in ogni war-movie che si rispetti calca la mano sulle conseguenze fisiche e psicologiche, oltre che militari e politiche, che la guerra provoca in chi la vive sulla propria pelle. In questo diventa fondamentale la messa in scena e in quadro, con il materializzarsi degli effetti dell’orrore e della violenza che prevalgono sul racconto. E infatti come accade nella stragrande maggioranza dei casi, salvo rare eccezioni, quando si tratta di storie ambientati durante un conflitto l’approfondimento dei personaggi passa in secondo piano per lasciare spazio allo manifestarsi della guerra, al suo “spettacolo balistico e dinamitardo”. 

Niente di nuovo sul fronte occidentale in tal senso non fa eccezione, con la produzione che mette a disposizioni capitali e forze lavoro per dare al regista i mezzi necessari per consegnare un risultato tecnicamente degno di nota. Berger, con la complicità del lavoro dell’ottimo direttore della fotografia James Friend, ne approfitta per portare a casa un solido dramma bellico che può competere a viso aperto nel mercato internazionale.

Un fiilm in cui, alla visione, sembra quasi accompagnarsi l’odore del sangue e della morte

Niente di nuovo sul fronte occidentale cinematographe.it

La regia regala scene imponenti e d’impatto che restituiscono la spettacolarità delle azioni e al contempo la dimensione epica che fa parte integrante del DNA di film inscrivibili nel filone in questione. Il cineasta apre con una scena di combattimento e a intervalli regolari ne porta sullo schermo delle altre in cui alla vista sembra quasi accompagnarsi l’odore del sangue e della morte. In questo la sua versione di Niente di nuovo sul fronte occidentale sembra avere trovato un compromesso tra Orizzonti di gloria e il già citato 1917 se si decide di rimanere ancorati al periodo storico. E in questo Berger è stato davvero all’altezza della situazione.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4
Sonoro - 5
Emozione - 4

4.2

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