Mindcage – Mente criminale: recensione del film con John Malkovich

Mindcage - Mente criminale è al cinema dall'8 giugno 2023, distribuito da Medusa Film.

Film di confine tra discorso di realtà e sovrannaturale, Mindcage – Mente criminale è un’indagine su traumatismi in riemersione. L’andamento soporifero e il gusto passatista non rendono un buon servizio all’idea di fondo.
Thriller psicologico su incarcerazioni reali e simboliche: una detective si rivolge a un serial killer in carcere per risolvere il caso di omicidi perpetrati da un suo imitatore. Ma chi dei due – l’investigatrice o l’assassino – è davvero in gabbia?

Mindcage – Mente criminale: il serial killer copia un maestro del crimine dal talento artistico

Mindcage - Mente criminale

Ci dispiace un po’ perché l’ispirazione che muove – si fa per dire, data la staticità con cui si susseguono immagini e idee – Mindcage, nelle sale da giovedì 8 giugno 2023, thriller psicologico con John Malkovich nei panni di un serial killer capellone e incline all’esoterismo, non è originale, ma bella. Come da tradizione, abbiamo una coppia di detective: uno, Jake (Martin Lawrence), più maturo, in crisi esistenziale; l’altra, Mary (Melissa Roxburgh), giovane ed emotivamente contratta.

La coppia di poliziotti deve venire a capo di un caso di omicidi attuati da una stessa mano, una mano che sembra emulare, addirittura plagiare, il modus operandi di un altro assassino seriale, ribattezzato l’Artista per la sua capacità di impalare le vittime e di imbellettarne i cadaveri all’interno di una costruzione artisticamente concepita. Nel rapporto che si instaura tra il detenuto pluriomicida e i due investigatori, soprattutto lei, s’insinua una dinamica di attrazione e repulsione, forse persino un gioco di specchi.

Mindcage – Mente criminale: valutazione e conclusione

Ebbene, come da esordio dell’articolo, l’impostazione del film è promettente, molto meno la sua esecuzione. L’impressione che deriva dalla visione è di trovarsi di fronte a una pellicola anni Novanta, di quelle in videocassetta acquistabili in allegato a qualche rivista di largo consumo. La fattura, più che classica o conservatrice, è passatista, di ritorno a un modo di costruire i film che oggi non ha nulla da dire né tantomeno richiama al recupero – nostalgico o risignificante – di immaginari lontani. L’operazione, diretta da Mauro Borrelli, regista italiano in forza a Los Angeles e collaboratore di lungo corso di Francis Ford Coppola, sarebbe apparsa interessante se il risultato fosse stato un thriller tesissimo, in adesione filologica alla precettistica del genere, con una drammaturgia compatta che procede per piccoli scarti, ma qui ci troviamo di fronte a un prodotto invece anodino, in cui non sono chiari né intenti né modelli di riferimento se non appunto modalità industriali di codificare film perché vengano consumati in fretta, senza ambizione alcuna di affidare al discorso filmico una funzione, che sia catartica, maieutica o anche solo intelligentemente intrattenitiva.

L’estetica è scialba, il racconto visivo meramente descrittivo, poco ritmato, puro scorrimento di immagini la cui forza motrice è meccanica, ma non drammaturgica. John Malkovich, pur da attore esperto, non riesce a conferire sufficiente fascino a un personaggio carismatico sulla carta, ma non nel corpo vivo di parole messe in azione, di una scrittura che si fa autentica incarnazione. La conclusione devia verso il territorio del sovrannaturale e lo fa con una sferzata che rende difficile difendere la coerenza e la credibilità di tale colpo ad effetto.

Regia - 1.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 1.5
Recitazione - 2
Sonoro - 1.5
Emozione - 1

1.5