Venezia 75 – Il mio capolavoro (Mi obra maestra): recensione

L'arte e l'amicizia si incontrano nella commedia Mi obra maestra (My Masterpiece), che inquadra la vita di un artista scontroso e del suo collaboratore.

È l’Argentina Fuori Concorso che fa ridere al Festival di Venezia: Il mio capolavoro (Mi obra maestra) è il film del regista Gastón Duprat, che conquistò la Mostra del Cinema già nel 2016, quando presentò il suo Il cittadino illustre co-diretto insieme a Mariano Cohn e che fece conquistare all’attore Oscar Martínez la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile. Questa volta da solo alla regia, su una sceneggiatura scritta dal fratello minore Andrés Duprat, il cineasta esplora il mondo dell’arte nel suo conflitto tra ieri e oggi, pittura e contemporaneità, in un avanzare tra commedia e dramma per esplorare le sfide di questo ambiente incoerente e, a volte, crudele.

La trama di Il mio capolavoro (Mi obra maestra), in uscita in Italia con Movie Inspired dal 24 gennaio 2019, vede al centro dell’attenzione Arturo (Guillermo Francella) e Renzo (Luis Brandoni): collaboratori da una vita, ma non solo. Sono amici di vecchia data e, anche se oramai i lavori di Renzo, pittore vecchio stampo, non riescono più a vendere, il suo gallerista di fiducia Arturo non ha intenzione di abbandonarlo. Per i due non si prospetta affatto un avvenire semplice, ma un incidente potrebbe rivelarsi un’occasione da cogliere per cambiare il disegno del loro prossimo futuro.

Il mio capolavoro (Mi obra maestra) – Il futuro dell’arte per un pittore vecchio stampoIl mio capolavoro cinematographe

L’arte è destinata ad evolversi ed ogni artista è costretto ad accettarlo. Fa parte del gioco della cultura e della società, che cerca nuove maniere di espressione a cui non tutti riescono ad adattarsi. Ma cosa accade ad un pittore alla soglia della vecchiaia che non accetta l’evoluzione del proprio campo? Si arrabbia e si chiude in se stesso, ripudiando le innovazioni del secolo venuto e concentrandosi ancora di più sulla propria esistenza da reietto. È nell’insistenza – che va letta anche come amore e passione autentica – che persevera il personaggio di Il mio capolavoro interpretato da Luis Brandoni, burbero abbastanza da suscitare la dovuta simpatia e in grado così di dare voce ad un popolo che si interroga intorno all’arte e alle sue contraddizioni.

Pittore del Novecento, Renzo si confronta con l’attuale e fa scattare gli opposti per una commedia che cerca di esplorare i territori di ciò che è artistico, prendendoli bonariamente in giro, ma rispettandone comunque gli intenti, pur utilizzando una via più stereotipata, ma in verità funzionale, che fa attenzione a non scadere nell’ovvietà. Un criticare con sarcasmo che si consuma tutto nella prima parte dell’opera e sembra, da un momento all’altro, scomparire, sostituito da un cambio di registro che è soltanto un’altra tappa del “percorso dell’artista”. Il film infatti esplora una narrazione dinamica, ma non propriamente riuscita nei suoi salti di stile, che mutano nuovamente nel suo (ipotetico) terzo atto, dove lo spettatore si è ormai affezionato ai personaggi, ma ha difficoltà a trovare nella scelta del mutamento del tono qualcosa di efficace.

Il mio capolavoro (Mi obra maestra) – Una visione godibile per pensare all’arte oggiIl mio capolavoro cinematographe

Un po’ come accade anche con gli attori protagonisti. Guillermo Francella e Luis Brandoni sono ottimi interpreti che vestono i loro ruoli con grande professionalità, pur mostrando un piacevole umorismo. I loro siparietti sono ben incastrati, i loro ruoli si danno forza l’un l’altro, ma è inevitabile avvertire da parte loro un’eccessiva voglia di far ridere, annullando la spontaneità dei gesti, riuscendo comunque a creare una visione godibile per il pubblico.

Tanti i temi che interessano i nostri tempi, dalla notorietà che sa donarti la morte alla radicalizzazione dei propri ideali, in una commedia gradevole di cui l’unica, reale, imperdonabile pecca è una sola e una soltanto: la colonna sonora di Alejandro Kauderer e Emilio Kauderer, in antitesi con il resto del film. Una sosta per le gallerie d’arte e le loro crisi d’oggi, da prendere sempre con leggerezza.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 1
Emozione - 3

2.6