Masterminds – I geni della truffa: recensione

La nostra recensione di Masterminds - I geni della truffa, la commedia con Zach Galifianakis, Kristen Wiig e Owen Wilson basata sulla rapina alla Loomis Fargo.

Masterminds – I geni della truffa è una pellicola del 2016 diretta da Jared Hess (Napoleon Dynamite, Super Nacho, Gentlemen Broncos) e interpretata da alcuni apprezzati attori comici americani contemporanei come Zach GalifianakisKristen WiigJason Sudeikis e Owen Wilson. Il film è basato sulla reale vicenda della rapina ai danni della Loomis Fargo del 4 ottobre 1997, all’epoca la seconda più importante nella storia degli Stati Uniti per quantità di denaro sottratto. Nonostante il cast importante e la risonanza nella cultura americana della storia narrata, Masterminds – I geni della truffa si è rivelato un flop al botteghino, incassando in patria solo 17 milioni di dollari a fronte di un budget di circa 25.
Masterminds - I geni della truffa

David Ghantt (Zach Galifianakis) è un autista di furgoni portavalori che conduce un’esistenza modesta e monocorde, in bilico fra la relazione fiacca e svampita con la sua fidanzata Jandice (Kate McKinnon) e l’infatuazione per l’attraente collega Kelly Campbell (Kristen Wiig). Dopo essere stata licenziata dalla ditta, quest’ultima sfrutta il suo ascendente su David per convincerlo ad aiutare lei e la banda di criminali guidati da Steve Chambers (Owen Wilson) a rubare oltre 17 milioni di dollari in contanti all’azienda. Ha così inizio una serie di eventi al limite dell’assurdo.

Masterminds – I geni della truffa: Zach Galifianakis alle prese con il furto del secolo

Jared Hess cerca nuovamente di dare voce ai falliti, agli emarginati e agli esclusi, mettendo in scena un heist movie in salsa demenziale, che punta fortissimo sui propri interpreti, senza dubbio fra i migliori esponenti del genere. Peccato però che la sceneggiatura, scritta a sei mani da Chris BowmanHubbel Palmer ed Emily Spivey, sia infarcita da un’accozzaglia di situazioni già viste e decisamente forzate, che, insieme alla caricaturale e sciatta caratterizzazione dei personaggi di contorno, portano a un declassamento della narrazione e dell’approfondimento sociale, in nome di un umorismo usa e getta e decisamente stantio, che raramente strappa qualcosa di più di una risata a denti stretti.

Masterminds – I geni della truffa si adagia placidamente sulla più innocua leggerezza, evitando scientemente qualsiasi rischio a livello narrativo e affidandosi a una serie di demenziali e volgari gag, rese almeno accettabili soltanto dalle doti espressive del protagonista Zach Galifianakis, sempre a suo agio nel ruolo del freak dal cuore tenero ed esaltato da grotteschi ma funzionali trucchi e costumi, e dalla sua migliore spalla Jason Sudeikis, nettamente più convincente sia di Owen Wilson, decisamente fuori parte nel ruolo di un subdolo criminale, sia di Kristen Wiig, costretta a mettere da parte la sua naturale verve comica per vestire i panni di una scialba femme fatale.

Masterminds – I geni della truffa: un potenziale cult scivolato nella più disarmante mediocrità

Gli sceneggiatori e il regista Jared Hess compiono l’errore di innamorarsi dei propri personaggi e dei rispettivi interpreti, sfruttandoli oltre misura con le più grette battute a sfondo sessuale e i più squallidi sketch su feci e simili, perdendo così la possibilità di raccontare lucidamente e con dovizia di particolari una delle più celebri imprese criminali della storia americana, ridotta all’inconcludente e logora rappresentazione delle disavventure di un gruppo di inadeguati e squinternati ladri. Ciò che rimane di Masterminds – I geni della truffa, oltre al buon lavoro sui costumi e sulla scenografia, è così soltanto la romantica rappresentazione del protagonista David Ghantt, che con la sua pura ingenuità e la sua tenera follia amorosa riesce a farsi strada fra la banalità generale e a scavarsi un posto nel cuore dello spettatore.

Masterminds - I geni della truffa

Tirando le conclusioni, Masterminds – I geni della truffa si rivela una commedia più ridicola che divertente, affossata da una sceneggiatura caotica e piena di cliché e tenuta insieme soltanto dalla presenza scenica di Zach Galifianakis. Troppo poco per un film concepito come potenziale cult, ma scivolato nel più innocuo e insignificante anonimato.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

2.2