L’ultima discesa: recensione del film con Josh Hartnett e Mira Sorvino

La nostra recensione de L'ultima discesa, film di Scott Waugh con Josh Hartnett, Mira Sorvino e Sarah Dumont, basato sulla storia vera di Eric LeMarque

L’ultima discesa è un film biografico del 2017 diretto da Scott Waugh (Act of Valor, Need for Speed) e interpretato da Josh Hartnett, Mira SorvinoSarah Dumont. Il film è basato su Crystal Clear, autobiografia dell’ex giocatore di hockey Eric LeMarque, rimasto disperso per 8 giorni fra le nevi della Sierra Nevada in seguito a una tormenta. L’ultima discesa ha debuttato nelle sale statunitensi il 13 ottobre 2017, mentre nelle sale italiane è stato distribuito a partire dall’8 febbraio 2018.

L’ultima discesa: la tragica storia vera di Eric LeMarque
L’ultima discesa

Eric LeMarque (Josh Hartnett) è un ex giocatore di hockey professionista, con seri di problemi di dipendenza da metanfetamine e un rapporto travagliato con la madre Susan (Mira Sorvino). Nel tentativo di staccare da tutto e combattere i propri demoni personali, Eric si reca nelle montagne della Sierra Nevada per dedicarsi alla sua grande passione, ovvero lo snowboard. Nonostante gli avvertimenti a proposito di una perturbazione in arrivo, Eric si cimenta in pericolose discese fuori pista, finendo inoltre per essere raggiunto da una temibile tormenta. Solo in mezzo alla neve e privo di punti di riferimento, l’uomo si trova a dover combattere per la propria sopravvivenza, braccato dai lupi e dai pericoli della natura selvaggia.

L’ultima discesa

L’ultima discesa si inserisce in quel filone di survival movie a sfondo biografico che negli ultimi anni sta riscuotendo discreto successo, con atmosfere e sfumature diverse che spaziano dall’allucinata disperazione di 127 ore alla declinazione romantico-mistica di Resta con me, per arrivare a un passo dal torture porn d’autore con Revenant – Redivivo. Purtroppo, il film di Scott Waugh appare fin dai primi minuti come un adattamento decisamente innocuo e depotenziato di una storia vera che avrebbe potuto fare scintille sul grande schermo, principalmente a causa della confusione di registri e contenuti che il regista mette in scena, senza mai trovare un efficace baricentro fra dramma umano e familiare, parabola sportiva e istinto di sopravvivenza.

L’ultima discesa è carente dal punto di vista della tensione e dell’emozione

La triste vicenda umana di Eric LeMarque è l’emblema di quel sottilissimo confine che separa la gloria (in questo caso sportiva) dall’autodistruzione. Un’esistenza segnata da un fugace successo, trasformatosi rapidamente, per via del suo difficile carattere, in un tunnel apparentemente senza uscita, fatto di droga come surrogato delle ormai irripetibili scariche di adrenalina sportive. L’ultima discesa lascia affiorare questo spunto potenzialmente interessante solo a tratti, attraverso rapidi quanto superficiali flashback, che non permettono allo spettatore di addentrarsi nella psiche del protagonista.

Scott Waugh fallisce quindi nell’introspezione, ma non riesce a trovare soluzioni convincenti neanche per quanto riguarda il puro dramma. A differenza di quanto avviene in altri film di questo filone, l’odissea di Eric non crea mai sgomento, e non riusciamo mai a percepire quanto difficile sia stata la sua sopravvivenza per 8 giorni a temperature polari e senza viveri. Questa carenza di emozione e tensione è figlia non soltanto dei frenetici salti avanti e indietro nel tempo a cui ci costringe il regista, dando eccessiva enfasi a memorie dell’adolescenza di Eric, ma anche e soprattutto nella scarsa abilità da parte di Waugh nel dare forza alle immagini e nella pessima gestione di elementi esterni come i lupi e la neve che circondano il protagonista.

Josh Hartnett non riesce a reggere il peso de L’ultima discesa sulle proprie spalle

Non aiutano a risollevare la monotonia del racconto né una colonna sonora di rara piattezza né il comparto attoriale. Josh Hartnett non ha il carisma e l’espressività per reggere un intero film sulle proprie spalle come fatto da James Franco nel già citato 127 ore, e si rifugia in grugniti, smorfie di dolore e sguardi accigliati che non colmano le carenze di regia e sceneggiatura. Non contribuisce inoltre al realismo de L’ultima discesa la scelta di Mira Sorvino come madre del protagonista. Anche se questa soluzione è stata dettata dal reale aspetto giovanile della vera madre di Eric LeMarque, a livello cinematografico viene a crearsi una fastidiosa sensazione di stracciamento, dovuta alla difficoltà di associare a una figura materna per il protagonista quella che nell’aspetto, nelle movenze e nei gesti appare più come una sorella maggiore.

L’ultima discesa

Nonostante le tante frecce a disposizione nel proprio arco, Scott Waugh non riesce mai a trovare un gancio emotivo fra racconto e spettatore diverso dalle splendide location della Sierra Nevada, ben fotografate e valorizzate, ma ovviamente non sufficienti per costruire l’atmosfera necessaria. A certificare l’insuccesso e la mancanza di idee de L’ultima discesa arriva poi un maldestro riferimento alla Lettera ai Romani di Paolo di Tarso, tanto forzato nei modi quanto superfluo ai fini della messa in scena della parabola umana del protagonista. Le immancabili immagini del vero Eric LeMarque, con annesse spiegazioni sulla sua vita dopo questa tragica esperienza, diventano così il momento più coinvolgente e interessante di un film difficilmente salvabile.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.2