Lost in Florence: recensione del film con Brett Dalton

Evan Oppenheimer dirige e scrive Lost in Florence, romantic-comedy ambientata nell'arte pura di Firenze. Il film sarà all'altezza della sua location?

Lost in Florence. Queste tre parole potrebbero evocare l’immagine di Dante, perso tra le misteriose e affascinanti viuzze di Firenze, alla ricerca della sua Beatrice, ma non è questo il caso. La città del sommo poeta e del genio di Brunelleschi, stavolta, fa da sfondo a una ben più semplice romantic comedy italo-americana.

Qual è la trama di Lost in Florence?

Lost in Florence

Protagonista di Lost in Florence è l’americano Eric (Brett Dalton), convinto di poter coronare il suo sogno d’amore in una delle città più romantiche e da sogno d’Italia, Firenze. Purtroppo i suoi piani vengono stravolti nel momento in cui la donna che ama rifiuta la sua proposta di matrimonio. Il ragazzo, così, introdotto e spinto dal cugino acquisito, si ritrova invischiato all’interno di una delle più antiche tradizioni sportive di Firenze: il calcio storico (sport violento a metà tra il calcio classico e il rugby; prevede un torneo tra quattro fazioni: Bianchi, Azzurri, Rossi e Verdi, che corrispondono ai Quattro Quartieri Storici di Firenze: Santo Spirito, Santa Croce, Santa Maria Novella e San Giovanni).

Eric inizia subito un percorso vertiginoso e trionfale verso la gloria, tramite il calcio storico fiorentino (o calcio in costume) tanto da assumere anche il soprannome dell’Eroe e Semidio greco Ercole. Non a caso i Medici, nel passaggio da Repubblica a Signoria, s’identificavano con le virtù e i valori della stessa figura mitologica: solo praticando, nel corso della vita, il senso della giustizia, la clemenza, il coraggio, e la fortuna, tra le tante virtù, si poteva aspirare alla fama e all’ingresso nel mondo degli Dei. Nella pellicola diretta e scritta da Evan Oppenheimer, invece, Ercole diventa il modello di riferimento di Eric, nonostante il ragazzo non conosca la sua vera identità e nemmeno le 12 celebri fatiche dell’Eroe.

Lost in Florence è costruito su continui e stucchevoli clichés

Lost in Florence

La sceneggiatura fa acqua da tutte le parti, anche se lineare e ordinata. Luoghi comuni riguardo la donna e l’uomo italiani sono pressoché in ogni scena, tanto da far sorgere spontanea la domanda se si tratti effettivamente di una romantic comedy, con lo sport in background, o di un banale manuale di rimorchio che spiega le differenze che sussistono tra il genere maschile e femminile italo-americano.

Forse le pretese sono solo un po’ troppo alte. Si ha la sensazione di voler creare, obbligatoriamente, una bellezza globale, che riprenda in toto la cornice entro cui la storia viene inserita, ovvero Firenze. Tutto sembra eccessivamente perfetto: dalle strade del centro storico in cui camminano i protagonisti, ai vicini o anziani che si complimentano di una buona performance nel corso della partita del calcio storico, dagli incontri idilliaci che portano al vero amore fino alle innumerevoli inquadrature in cui la macchina da presa indugia scrupolosamente sul corpo scultoreo di Brett Dalton (sarà più simile a Ercole oppure al David? Due statue che non a caso vengono messe a confronto durante la promenade romantica di Eric e Stefania, interpretata da Alessandra Mastronardi).

Gli stessi attori, nei rispettivi ruoli, non convincono, quasi come se si percepisse di fondo la loro tecnica recitativa; a questo punto viene da pensare che loro, in primis, non riescono a sentire i rispettivi personaggi e le relative storyline. Purtroppo un buon cast, che oltre a Brett Dalton e alla Mastronardi, vanta anche Alessandro Preziosi, Stana Katic e Marco Bonini, non riesce a risollevare le sorti di Lost in Florence, che risulta essere, così, un prodotto troppo confezionato e impeccabile per essere vero.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 3
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 1

1.8