Le nostre strade: recensione del film messicano Netflix

Le nostre strade è un film di Pitibol Ybarra interpretato da Mauricio Ochmann e Ana Serradilla, disponibile su Netflix dal 14 febbraio 2023.

Le nostre strade: cosa succede nel film?

Dopo quindi anni di lontananza, due fratelli decidono di rivedersi in occasione della morte del padre. Il loro rapporto sembra irrimediabilmente incrinato: dai caratteri, dalla vita, dal genitore che non è stato in grado di dargli l’affetto di cui avevano bisogno. E allora lui, Fer, ha deciso di allontanarsi dalla casa; lei, Gabriella, è rimasta accanto al padre per tutta la durata della malattia che l’ha colpito.  

Le nostre strade, recensione, Netflix

Un giorno, però, il lutto sembra riavvicinarli. Nella casa di famiglia frugano tra i mobili e nei ricordi, fino a quando scoprono di avere ancora insieme un sogno, lo stesso che si portano dietro dall’infanzia: attraversare il Messico in motocicletta. Decidono allora di intraprendere il viaggio: un percorso che inevitabilmente li metterà difronte alle loro scelte, ai loro sbagli e alle loro vite.

Il remake di una storia già vista

Ci sono miscele che sono micidiali. Perché quando si mettono insieme la data del 14 febbraio di San Valentino come release di un film, la storia di una lontananza familiare che si ricompone con un sogno d’infanzia e la volontà di fingere un detour narrativo usando la commedia invece della tragedia (quando poi si sa dove si va a parare), il risultato non può che essere disastroso.

Come d’altronde lo è sempre, nei casi in cui per mettere insieme un film, si cercano le formule giuste pensando a tavolino lo svolgimento, la trama, la fine, il percorso: ed è ovviamente il caso di Le nostre strade (che in originale suona come A Todas Partes), che Netflix decide di rilasciare a San Valentino quando si spera che tutti i cuori siano un po’ più morbidi.

Certo, uno dei meriti riconosciuti alla piattaforma è quello di spaziare con lo sguardo oltre le solite cinematografie: e quindi non solo Stati Uniti, Italia, Inghilterra e Francia, ma anche e soprattutto le geografie produttive più lontane e a volte più dense. Perché l’Iran e la Turchia hanno un patrimonio cinefilo inestimabile, ma il Sudafrica, il Portogallo, e il Messico sono quasi tutti da scoprire, specialmente quando non si guarda alla grossa produzione mainstream ma a film più ridotti.

Le nostre strade, nello specifico, viene dal Messico appunto, e offre una declinazione particolarmente vicina a quelle latitudini per come mette in scena la commedia, condita da un umorismo profondamente legato alle latitudini geografiche.

Nessuno slancio emotivo riesce ad emozionare

Il concept del film viene da 25 km/h, una produzione tedesca del 2018 con la regia di Markus Goller: ma non è certo l’unico traccia su grande (e piccolo) schermo riconducibile allo schema narrativo di base.

L’argomento era quindi già a fortissimo rischio deja-vù, nonché di forti banalizzazioni: e se la costruzione drammaturgica ricorda tanti film e nessuno (il primo, il recente Tornare della Comencini), lo svolgimento è derivativo quanto piatto e risaputo.

Ecco la recensione di Tornare, di Cristiana Comencini

Non c’è un’immagine che riesce a vivere di vita propria, non un dialogo che sfugge al già sentito, non un passaggio che ha il coraggio di uno slancio autoriale o quantomeno sincero: ed è proprio qui che Le Nostre Strade fallisce, sull’assenza totale di sincerità e trasporto. Ogni tentativo di trasporto emotivo cade nel buco nero di una storia che non ha aria, e soffoca il film che non è neanche sufficiente a coprire la visione di un desolato sabato sera in tv.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 1
Emozione - 1

1.5

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