Le Guerre Horrende: recensione del film di Luca Immesi e Giulia Brazzale

Al cinema dal 16 aprile nei circuiti dei cinema d'essai, Le guerre Horrende di Immesi e Brazzale è una favola nera che racconta con grande poesia gli orrori delle grandi guerre del Novecento.

Le guerre horrende di Luca Immesi e Giulia Brazzale più che un semplice film è uno scrigno di preziosi, dal cui interno è estratta – scena dopo scena – una schiera di dettagli poetici, potenti, sublimi. Nucleo narrativo della pellicola sono le due Guerre Mondiali, la Prima e la Seconda, dalle quali i due autori distillano un racconto universale, fiabesco, sospeso tra sogno e realtà. Il film prende spunto da un dramma degli anni Novanta, Le guerre orrende di Pino Costalunga, riletto dai registi e dallo sceneggiatore/attore protagonista Livio Pacella secondo una chiave surreale. Ben dosato, in questo senso, l’omaggio a Alejandro Jodorowsky che ha in qualche modo battezzato artisticamente Immesi e Brazzale prendendo parte a Ritual – una storia psicomagica, loro lavoro d’esordio.

Le guerre horrende: la danza dell’(ir)realtà

le guerre horrende cinematographe

La sequenza con cui si apre il film è pura magia, con un’inquadratura a volo d’uccello sui boschi dell’alto vicentino, commentata magnificamente da un’elegante scelta musicale. L’incontro felicissimo di immagine e sonoro sarà una costante di tutto il film, che unisce alcuni pezzi di musica elettronica al repertorio più bello di Camille Saint-Saëns e di Gabriel Fauré e in particolar modo alle sue Pavane, che riprendono – oltretutto – le ballate padovane nate proprio nei luoghi in cui è ambientata la storia.
Sin dai primi minuti lo spettatore si renderà conto di non avere a che fare con un film come molti altri: il tono decisamente teatrale della recitazione getta una luce surreale sull’intera pellicola, con cui si entra in sintonia lentamente ma profondamente. Le tante domande che inevitabilmente affolleranno la mente del pubblico, troveranno una risposta nell’arco del racconto: si tratta quindi di un’ispirazione surrealista, ma con una grande coerenza narrativa, in grado di chiudere ogni cerchio e di comunicare con un pubblico molto vasto.

Il capitano, lo scudiero e il soldato ne Le guerre horrende

le guerre horrende cinematographe

Citando Machiavelli, i due registi hanno aggiunto l’h iniziale alla parola orrende del titolo originale di Costalunga. Apparentemente un dettaglio, ma che racchiude un’importante sfumatura di significato: Horrende è il termine usato dall’autore de Il principe per parlare della guerra orribile e di maestosa e della fascinazione umana verso il tremendo e il crudele, in quello stretto connubio di eros e thanatos tipico di molta letteratura. In questo doppio volto del conflitto si riflettono quelli dei tre personaggi principali, il Capitano (il già citato Livio Pacella), lo Scudiero (Desirée Giorgetti) e il Soldato (Dario Leone).

Il capitano e lo scudiero si svegliano ogni mattina e si preparano per intrattenere il pubblico di pulci, insetti e uccelli con le storie della famigerata guerra della città di Merdia, dove a combattere sono le mosche e le formiche. L’espediente – così come la Batracomiomachia (Guerra tra rane e topi) di attribuzione omerica o I Paralipomeni della Batracomiomachia di Giacomo Leopardi – mira a rendere universale l’atrocità della guerra, che si tratti di animali minuscoli o di donne, uomini e bambini. Tra le righe di questa favola buffa, infatti, emergono poco alla volta i ricordi di una guerra reale, in cui i morti si toccano con mano e il sangue e le viscere esplodono con tutta la loro disturbante crudezza.

Un cinema raro, quello de Le Guerre Horrende

le guerre horrende cinematographe

Ricco di riferimenti colti, Le guerre horrende non teme di rendere omaggio a vere e proprie pietre miliari della settima arte. Nella sequenza iniziale, che vede lo Scudiero affrettarsi lungo i profili delle colline vicentine, ricordiamo la danza macabra de Il settimo sigillo di Bergman, sintetizzata proprio nel personaggio che – come si vedrà – racchiude i due estremi della morte e dell’amore. Altre note dal sapore classico, nella scena di grande impatto della prostituta Celestina (l’artista performativa Francesca Arri) la cui fisicità e traboccante sensualità ricordano tanto un personaggio felliniano. La sua storia, così come tanti altri aneddoti apparentemente assurdi disseminati lungo il film, è un fatto realmente accaduto durante la Grande Guerra. Quando la realtà supera la fantasia.

Figura in un pregiato cammeo anche il grande attore teatrale Cosimo Cinieri – compagno artistico di Alessandro Fersen, Carlo Quartucci e Carmelo Bene –  il cui contributo diventa un’importante commento del film, con la sua impeccabile interpretazione di tutta la truce follia della guerra e dei turpi effetti che ha sulle vittime e gli aguzzini.

le guerre horrende cinematographe

Tra la musicalità del dialetto veneto, la poesia di Apollinaire, le musiche di Fauré e l’epica storica della Resistenza partigiana, Le guerre horrende fonde in maniera struggente diversi piani di lettura, stili, linguaggi e mette in scena un’opera libera dal canone e – proprio per questo – estremamente suggestiva e coinvolgente. L’opera di Immesi e Brazzale è un sentito omaggio alle terre natìe dei due autori e a tutta l’eredità di storie e leggende che ne animano i boschi e i paesi, teatri di alcuni degli episodi più cruenti dell’occupazione tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale. Si consiglia, allo spettatore curioso, di andare a scovare la piccola sala o il centro culturale dove questa perla del cinema indipendente sarà proiettata e di fare dell’amore per il cinema d’autore una passione attiva e resistente.

Regia - 3
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 5
Emozione - 4

3.8