La Tana: recensione del film di Beatrice Baldacci

I giochi misteriosi di Irene Vetere e Lorenzo Aloi sono il cuore di La Tana, l'esordio nel lungometraggio di Beatrice Baldacci. In sala dal 28 aprile 2022.

La Tana è l’esordio nel lungometraggio della regista Beatrice Baldacci, arriva nelle sale italiane il 28 aprile 2022 per una distribuzione PFA Films. L’incontro e la collisione tra due corpi e due anime giovani, Irene Vetere e Lorenzo Aloi, qui sono tutti davvero giovani, compresa l’autrice, per quella che a tutti gli effetti si può raccontare come un’esplorazione intima. Dal mistero alla scoperta di un tipo particolare di sofferenza, per arrivare alla vita. Non c’è nulla di morboso in questa storia.
Di un debutto La Tana conserva quel coraggio un po’ incosciente con cui si può venire a capo di tabù abusati e pigre convenzioni. Il film ha il culto del silenzio, costruisce per e sull’immagine la maggior parte dei suoi significati. Lavora abbastanza sui corpi dei personaggi, questa è una cosa, lo sottolinea per prima la regista, che nel cinema italiano non si fa più.

La Tana: i giochi strani di Lia e Giulio

La Tana cinematographe.it

Estate. Giulio (Lorenzo Aloi) decide di passare le vacanze a casa per dare una mano ai genitori con i lavori nell’orto. La scelta racconta qualcosa del carattere puro e generoso del ragazzo, che in un certo modo sarà ricompensato dal destino, per quest’idea audace di tirarsi fuori dal mondo e restare in campagna. Nella casa vicina, disabitata da tempo, viene infatti ad abitare Lia (Irene Vetere), che non ha un carattere semplice ma è proprio questo il punto.

Beatrice Baldacci, che sceneggia il film insieme ad Edoardo Puma, gioca sulla sovrapposizione dei punti di vista per raccontare le cose veramente importanti sui personaggi. Inzialmente, La Tana è la storia di come lui vede lei. Lia ha un carattere particolare, per niente facile; è chiaro come la curiosità assassina, il gusto inconscio per la sfida, spingano il ragazzo ancor più verso di lei. Alla base, comunque, c’è un sentimento autentico.
Lia è scostante, poco loquace, abbastanza mutevole nell’atteggiamento. Respinge, attraendo. Scopre e si ritrae. Quale sia il suo segreto il film si fa premura di nascondercelo, almeno all’inizio. Bisogna scoprirlo come Giulio lo scopre, un passo dopo l’altro. Il cammino verso la consapevolezza, l’affermazione è un po’ ridicola ma rende l’idea, si snoda per mezzo di una serie di strani “giochi” che Lia impone a Giulio e che misurano la distanza tra i due e la possibilità di un linguaggio nuovo, costruito su misura. Linguaggio dei corpi, gioco di vita e di morte, parole poche e solo quando servono.

La Tana: punti di vista che cambiano e cinema dei corpi

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Nel momento in cui Giulio scopre, noi con lui, di cosa si tratta veramente, c’entra Hélène Nardini, La Tana cambia e proietta la storia sul passo e lo sguardo di Lia. Ribaltando la prospettiva e poggiando la risoluzione di tutti i nodi principali sul punto di vista della ragazza. Che si ritrova ad essere, dentro lo stesso film, sguardo e oggetto dello sguardo, soggetto e oggetto. Questa è una delle tante insolite prospettive di racconto che la regia coraggiosa del film sceglie per parlare di distanza, sofferenza, ma anche e soprattutto di amore e vita.

Cinema puro, che nasconde le verità eloquenti nel silenzio, non negando la possibilità di una comunicazione verbale, ma integrandola con un lavoro sui corpi che aggiunge significato su significato. Ci si può capire in tanti modi, racconta il film, l’obiettivo è di superare le distanze e uscire dalla tana, il luogo fisico e spirituale in cui Lia, per buona parte del tempo nasconde la sua interiorità e i suoi segreti.

Anche se non raccoglie tutte le provocazioni estetiche e narrative che semina, sui giochi tra i due ragazzi, sull’equilibrio instabile tra vita e morte, non si può non riconoscere a La Tana il coraggio di un esordio autoriale nell’accezione più positiva del termine e con un buon senso del cinema. L’esperienza è sensoriale, stimolante, costruita intervenendo sull’immagine, le sue verità nascoste ed esplicite, senza demonizzare la parola ma riflettendo sulla sua centralità. Da qui in avanti, la chiave sarà di non smarrire il coraggio della prima volta.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 4
Emozione - 3

3.1