La seconda vita di Anders Hill (The Land of Steady Habits): recensione del film

Un'istantanea efficace e credibile dello smarrimento emotivo ed etico di un'intera generazione.

La seconda vita di Anders Hill (The Land of Steady Habits il titolo originale) è un film del 2018 scritto e diretto da Nicole Holofcener e basato sull’omonimo romanzo di Ted Thompson. I protagonisti del film sono Ben Mendelsohn, Edie Falco, Elizabeth Marvel, Charlie Tahan e Thomas Mann. Dopo la presentazione al Toronto International Film FestivalLa seconda vita di Anders Hill è stato distribuito su Netflix a partire dal 14 settembre.

La seconda vita di Anders Hill: la crisi della mezza età negli anni ’10La seconda vita di Anders Hill cinematographe.it

Anders Hill (Ben Mendelsohn) è un uomo in piena crisi di mezza età, ritiratosi anzitempo dal suo lavoro nel settore della finanza e appena separato dalla moglie Helene (Edie Falco). Fra vuoti rapporti occasionali, un’opprimente solitudine e i problemi con la crescita del figlio Preston (Thomas Mann), la vita di Anders subisce un’improvvisa svolta nel momento in cui l’uomo entra in contatto con Charlie (Charlie Tahan), figlio di una coppia di amici con gravi problemi di tossicodipendenza. L’incontro fra questi due personaggi irrisolti genererà conseguenze imponderabili nelle loro vite.

La seconda vita di Anders Hill cinematographe.it

Dopo il convincente gruppo di produzioni originali presentate a Venezia, fra cui quella vincitrice del Leone d’Oro, ovvero Roma, con La seconda vita di Anders Hill Netflix compie un ulteriore piccolo passo in avanti, dimostrando che può essere ancora in grado di invertire la mediocre rotta del proprio catalogo. Il film di Nicole Holofcener si rivela infatti una riuscita fotografia degli adulti di mezza età degli anni ’10, sempre più stretti fra i propri sogni infranti, la difficoltà di vivere un’esistenza felice e realizzata e la fatica nel guidare verso la strada giusta i propri figli.

La seconda vita di Anders Hill riesce a sostenere una narrazione estremamente frammentata

Protagonista di questa pellicola dalla tipica atmosfera indie, velata però costantemente da un retrogusto malinconico, è un ottimo Ben Mendelsohn, che, dopo aver dato vita ad alcuni dei migliori villain degli ultimi anni, interpreta abilmente un uomo perso, spento, a tratti quasi irritante per come riesce a sabotare la propria vita e quella di chi gli sta intorno. Il suo Anders Hill è il vero baricentro emozionale e narrativo della pellicola. Solo, con problemi di impotenza, sconfitto dalla vita, repellente per il suo comportamento con i più giovani e con le donne, inutilmente orgoglioso, ma ciononostante estremamente interessante proprio in quanto emblema della fragilità di una generazione fatalmente in bilico fra epoche e costumi diversi.

La seconda vita di Anders Hill procede con una struttura quasi episodica, frammentando la narrazione in una serie di dialoghi fra il protagonista e i suoi affetti e accantonando per lunghi tratti la trama vera e propria, che subisce una vistosa accelerazione emotiva solo nell’ultimo atto. Una scelta dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche, che invece Nicole Holofcener gestisce con invidiabile equilibrio, confermando le buone impressioni già suscitate con i suoi precedenti lungometraggi. Come spettatori abbiamo la netta sensazione di non andare da nessuna parte, ma che il viaggio sia coinvolgente, anche se doloroso per il modo in cui ci pone davanti al possibile fallimento di un’intera vita.

La seconda vita di Anders Hill: un’istantanea efficace e credibile dello smarrimento emotivo ed etico di un’intera generazione

Inevitabile che l’unico gancio di Anders per risalire la china provenga non tanto dal suo giovane figlio, a sua volta alle prese con la necessità di rimboccarsi le maniche e prendere in mano la propria esistenza, ma da un’altra esistenza spezzata, cioè quella del giovane tossico Charlie, che in quanto figlio della classica famiglia benestante completa lo sconfortante quadro morale della borghesia americana contemporanea. L’incontro fra i due, la loro reciproca comprensione e il loro controverso modo di aiutarsi vicendevolmente imprime una decisa svolta a La seconda vita di Anders Hill, accentuandone i risvolti più drammatici.

Peccato che questa sterzata indebolisca l’arco narrativo dei personaggi secondari, in particolare quello dell’ex moglie Helene, che non trova una vera e propria risoluzione fra i suoi scheletri nell’armadio e il suo nuovo rapporto sentimentale. Una piccola falla all’interno di un meccanismo che per il resto funziona sempre adeguatamente, traendo il meglio dalle fredde atmosfere del Connecticut e da un gruppo di attori in stato di grazia.

La seconda vita di Anders Hill cinematographe.it

Tirando le conclusioni, per spessore narrativo e caratura tecnica La seconda vita di Anders Hill è lontano dall’essere l’American Beauty dei nostri tempi, ma riesce in poco più di 90 minuti a scattare un’istantanea efficace e credibile dello smarrimento emotivo ed etico di un’intera generazione. Fra profonde crisi interiori, difficili redenzioni, instabilità affettive e pericoli per la gioventù, filtra comunque un flebile raggio di luce, che ci ricorda che a volte l’unico modo per cominciare una complessa risalita è guardare in faccia l’abisso e fare i conti con ciò che abbiamo. Un film ambiguo ma mai artificioso, realistico ma allo stesso tempo vitale, semplice ma al contempo stratificato, che ci mette davanti a ciò che siamo e a ciò che possiamo perdere da un momento all’altro, elevandosi rispetto alla media delle produzioni originali Netflix.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.6

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