La cosa: recensione del capolavoro di John Carpenter

In quello stesso 1982 in cui Steven Spielberg incanta e commuove con il suo E.T. l’extra-terrestre, sdoganando definitivamente la figura dell’alieno non necessariamente minaccioso o inquietante, un altro maestro della settima arte come John Carpenter centra con La cosa un altro capolavoro del cinema di fantascienza e dell’orrore, utilizzando una ben più sinistra creatura aliena per evidenziare pessimisticamente i limiti e i difetti del genere umano, da sempre più propenso a dividersi invece che a cooperare nelle situazioni più difficili. Il risultato pressoché inevitabile di questa scelta coraggiosa e controtendenza da parte di Carpenter è stato un freddo riscontro al botteghino, accompagnato da un giudizio perlopiù negativo anche da parte della critica, incapace di cogliere la portata artistica e sociale del film.

Il tempo ha fortunatamente saputo conferire il giusto e doveroso riconoscimento a La cosa, che oggi è considerato un punto di riferimento del cinema di genere e un’inesauribile fonte di ispirazione per cineasti del calibro di Quentin Tarantino, che non ha fatto mistero di essere stato influenzato dalla pellicola di Carpenter per il suo The Hateful Eight. La cosa è il primo capitolo della cosiddetta Trilogia dell’Apocalisse di John Carpenter, proseguita in seguito con Il signore del male e terminata con il formidabile Il seme della follia. I tre film non sono interconnessi a livello di trama, ma sono legati dallo stesso pessimismo nello sviscerare la tendenza all’autodistruzione del genere umano.

La cosa

La cosa: un capolavoro di tensione e claustrofobia

Ci troviamo in Antartide, dove la quiete e la noia dei membri di una base scientifica americana vengono bruscamente interrotte dall’improvviso arrivo di un cane di razza husky, inseguito apparentemente senza motivo da degli omologhi norvegesi. L’incapacità di comunicazione fra i componenti delle rispettive missioni porta a un conflitto a fuoco e alla totale distruzione dell’equipe norvegese. Gli americani, guidati da R.J. MacReady (Kurt Russell), decidono di indagare su quanto avvenuto, recandosi nella stazione degli ormai defunti colleghi. Dal materiale rinvenuto sul posto, gli statunitensi scoprono che la troupe norvegese ha estratto dal ghiaccio una creatura aliena rimasta ibernata per diversi secoli, che adesso si aggira indisturbata nella zona, infettando gli esseri viventi con cui viene a contatto attraverso l’imitazione dell’organismo ospitante.

Fra i membri della base americana si instaura così un clima di sospetto e terrore, causato dal fatto che ognuno di loro potrebbe essere stato contagiato, ed essere quindi in procinto di uccidere tutti gli altri e progressivamente l’intera specie umana.

La cosa

La cosa come metafora della disgregazione e della diffidenza del genere umano

John Carpenter trae spunto dal racconto La cosa da un altro mondo di John W. Campbell, già adattato per il cinema nel 1951 da Howard Hawks, per realizzare un capolavoro di tensione e claustrofobia, che ancora oggi non teme il confronto con pellicole realizzate decenni dopo e con budget e mezzi tecnici decisamente superiori.

Dopo il successo di solo un anno prima del seminale 1997: Fuga da New York, il regista sceglie nuovamente Kurt Russell come protagonista, venendo ripagato da un’altra prova di grande carisma e intensità da parte dell’attore, che non a caso collaborerà con Carpenter anche in un altro cult come Grosso guaio a Chinatown. Ad affiancare la stella sono eccellenti spalle come A. Wilford Brimley, David Clennon, Keith David, Charles Hallahan e Richard Dysart, che contribuiscono a generare un clima di crescente e asfissiante tensione, enfatizzato dalle ipnotiche musiche di Ennio Morricone, ingiustamente candidate a un Razzie Award.

Pur avendo a disposizione il sontuoso lavoro al trucco e agli effetti speciali di Rob Bottin, Carpenter procede per sottrazione, evitando di dare più risalto del necessario alla componente orrorifica e concentrandosi invece sui rapporti fra i personaggi e sulla diffidenza che comincia inesorabilmente a serpeggiare fra loro. La cosa aliena che dà il titolo al film, le cui apparizioni vengono saggiamente centellinate dal cineasta, diventa così un elemento di disgregazione che evidenzia le fratture caratteriali e sociali fra i membri della squadra, più concentrati a salvarsi la pelle e a individuare il nemico che a elaborare una comune strategia. Complice l’ambiente isolato e ostile già alla base di un’altra pietra miliare come Alien, per i protagonisti comincia un collettivo gioco al massacro, dominato da una crescente isteria che li porta a rivelare tutto il loro egoismo e la totale mancanza di empatia verso gli altri.

La cosa e la totale sfiducia nel prossimo e nella cooperazione

Non è un caso che lo stesso John Carpenter, da sempre attento a coniugare la componente horror e fantascientifica delle sue pellicole con una profonda e tagliente critica sociale e politica, consideri La cosa il film più riuscito e importante della sua strepitosa carriera. La metafora sociale alla base della pellicola non è evidente o inquietante come quella di un altro imperdibile cult del regista come Essi vivono, ma è permeata dallo stesso pessimismo e dalla medesima assenza di speranza per il genere umani. Privi di un sistema di regole sociali e lavorative e sotto la crescente pressione di una minaccia invisibile e non totalmente incomprensibile, i componenti della base rivelano le loro pulsioni più rozze e primitive, mettendo da parte logica e razionalità in un clima di totale sfiducia nel prossimo e nella cooperazione.

Fra le tante scene memorabili de La cosa, è giusto menzionare le poche ma efficaci apparizioni del mostro, rese realmente terrorizzanti dagli effetti speciali artigianali ma estremamente realistici di Rob Bottin, insieme alla celeberrima sequenza dell’analisi del sangue, in cui la tensione e il senso di claustrofobia raggiungono l’apice. Impossibile inoltre non citare il folgorante ed enigmatico finale, nel quale, come da tradizione per il cinema di Carpenter, alle risposte si affiancano nuove e inquietanti domande, che lasciano presagire che l’incubo per il genere umano in realtà sia solo cominciato.

La cosa ci ricorda che in fondo i veri mostri siamo noi

La cosa

La cosa è uno strepitoso esempio di cinema di genere e d’autore allo stesso tempo, capace di intrattenere, colpire e spaventare, ma anche di fare riflettere sulle miserie e sullo squallore della società. Attraverso l’orrore e la paura, John Carpenter ci mostra in modo cupo e tagliente l’incapacità insita nel genere umano di fare fronte comune e di fronteggiare unitariamente le difficoltà e le minacce, ricordandoci che probabilmente, in fondo, i veri mostri siamo proprio noi.

Nessuno si fida più di nessuno, ormai. E siamo tutti molto stanchi. Io non posso fare altro. Solo aspettare. R.J. MacReady, pilota di elicottero, Base Antartica 31.

Regia - 5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 5

4.5