TFF34 – Kate plays Christine: recensione del docu-fiction di Robert Greene

Kate plays Christine è un docu-fiction presentato al Torino Film Festival nella sezione Festa Mobile, diretto da Robert Greene e dedicato, come Christine (presentato in concorso a questa stessa edizione del festival), alla sconvolgente storia del suicidio in diretta della giornalista Christine Chubbock.

La pellicola mostra la storia di Kate Lyn Sheil, un’attrice scelta per interpretare questo ruolo molto particolare, ovvero quello della professionista che, nel 1974 a Sarasota, si è suicidata in diretta nazionale durante la conduzione del notiziario di Channel 40’s.

Kate plays Christine

Robert Greene lascia aderire la storia di questa giornalista e del suo declino in diretta con l’approcciarsi dell’attrice che la andrà a interpretare (in un film che non esiste). Kate costruisce l’immagine, la storia di Christine sul suo corpo e nella sua mente, è un attrice molto capace, ha un volto, una carnagione differenti da Christine e infatti farà delle sedute per scurire la propria pelle, indosserà una parrucca e delle lenti a contatto.

L’effetto finale sarà efficacissimo per permetterle di entrare nel personaggio, in più lei frequenterà i suoi luoghi, camminerà per le sue vie, il suo studio, la sua casa, la spiaggia in cui venne fatto il suo funerale, leggendo il discorso di commiato a lei dedicato. Kate subisce frontalmente tutti gli aspetti della vita di Christine, prendendo a cuore ogni scelta, ogni sofferenza, avvertendo le sue delusioni, i suoi passi, la sua vita e non riuscendo ad avvertirne la morte.

Kate plays Christine è una pellicola disturbante

Kate plays Christine

Kate plays Christine riassume il lascito tragico di Christine Chubbuck e mostra come Kate sia determinata a volerla incarnare e renderle giustizia, con una indeterminatezza di fondo per un ruolo cosi arduo e inaccessibile, poiché di Christine non è rimasto molto ad oggi, pochissimi video delle sue interviste, qualche foto al limite. La famiglia non si è mai esposta particolarmente, solo nel momento in cui ci fu il reale rischio di divulgare quelle pochissime copie del filmato.

Christine era una donna forte, brusca, mascolina, aveva atteggiamenti controversi e sicuramente serbava una tristezza sconfinata, una depressione mal curata, ma ciò non vuole essere né una giustificazione né un’attenuante, semplicemente il mondo le faceva male. Molto.

Non aveva avuto grandi rapporti amorosi, una vita vissuta in solitudine, le era stato asportato un ovaio, cosa che le avrebbe portato gravi problemi di concepimento di lì a poco, era invaghita di un suo collega che purtroppo aveva una relazione con un’altra, non aveva grandi amici, la famiglia viveva lontano e lo spettro del suo malessere non sembrava volersene andare.

Kate è determinata a voler incarnare Christine e a renderle giustizia

Kate plays Christine

Il regista ci porta o meglio porta Kate ad incrociare le storie e i racconti degli ex collaboratori, o persone che avevano conosciuto Christine e sembra che mai nessuno la riesca ad inquadrare, oppure sembra che nessuno la conoscesse per davvero. Viene intervistato anche il proprietario del negozio in cui lei comprò la sua pistola.

Molti sono i dettagli spiazzanti, ad esempio che qualche settimana prima della sua morte Christine aveva chiesto al suo direttore di poter scrivere un pezzo sui suicidi, considerato che era un argomento molto poco affrontato in televisione e, dopo l’approvazione, cominciò a parlare con lo sceriffo sulle varie modalità di suicidio, quelle più usate e più facili, la possibilità di ottenere un’arma o abusare dei farmaci.

kate plays christine

Christine inoltre aveva scritto un comunicato da leggere in seguito al suo suicidio, aveva studiato quel momento per bene, ne aveva anche scherzato con degli addetti ai lavori, non si ritraeva dal riderne ma questo non ha impedito che lo facesse. E poco prima di cacciare la pistola da sotto la scrivania ha dedicato i suoi ultimi momenti dichiarando che gli spettatori stavano per assistere al primo suicidio in diretta, cosa che era in linea con l’informazione sanguinolenta e orrorifica di Chanel’s 40.

Kate plays Christine fallisce proprio sul finale. Christine è una donna che si rinnega, che sceglie di comunicare con i propri mezzi, veicolando un messaggio che non è comunicabile. Kate interpreta davanti la telecamera la sua vita, dando un senso alla sua esistenza ma non riuscendo ad interpretare la sua morte, non riuscendo a darle un senso.

Kate plays Christine

Nonostante lei riesca a capirla, ad avvicinarsene, non riuscirà mai a comprendere cosa della sua fine possa realmente interessare il pubblico, lo spettatore: la curiosità? Il sadismo? L’orrore? Il sangue? Kate non ne se ne capacita e per quello che sarà lei una delle poche a riportare davvero in vita una donna che ha deciso di compiere un tale atto plateale ma non per lei stessa, ma per il valore dell’atto o per la risonanza che avrebbe avuto sulla coscienza della gente, che quotidianamente ascolta di morte alla televisione, ma non si limita ad assorbirla passivamente, vuole vederla, vuole assistere, vuole partecipare all’orrore.

Negli anni ’70 era difficile poter comprendere quanto questo sistema sadico sarebbe poi peggiorato e lei era riuscita già a comprendere il fallimento del giornalismo televisivo e in una parola il trionfo della televisione splatter.

 

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.6