Io sono vendetta: recensione del film con John Travolta

Un ex agente della CIA, distrutto dal dolore, ritorna al proprio passato e decide di farsi giustizia da solo. Contro la malavita, ma anche contro la corruzione delle forze dell'ordine.

Sarebbe assurdo pensare che le carriere dei grandi attori siano composte solo da capi d’opera e film indimenticabili, quelli per i quali sono conosciuti dal grande pubblico. In verità i progetti minori – talvolta così corposi da dare vita a filmografie parallele e nascoste – abbondano, e le ragioni possono essere svariate: sostenere un regime di vita anomalo accettando qualunque copione; mantenere vivo il proprio nome nonostante il meglio sia già passato; cercare di diventare nuovi punti di riferimento di un genere, ritagliandosi spazi precedentemente preclusi. Due buoni esempi, per le prime due categorie, sono senza dubbio rispettivamente Nicolas Cage (la cui fama è ormai leggendaria) e Robert De Niro; mentre per la terza uno dei primi nomi che ci viene in mente è John Travolta, alle prese ormai da una decina d’anni con la sottocategoria action del revenge movie.

Io sono vendetta, arrivato direttamente da noi in home video senza passare dal via delle sale cinematografiche, ha avuto una complessa gestazione: un cambio di regista (e passare dal William Friedkin de L’Esorcista al Chuck Russell di The Mask lascia inevitabilmente il segno), un cambio di protagonista (da Cage a Travolta) e un incasso disastroso in America (poco più di due milioni di dollari a fronte di un investimento di otto). Ci si trova dunque di fronte, consapevolmente, ad un b-movie dalla grana grossa, che forse soddisferà solo i fan più accaniti dell’ex Tony Manero danzante e chi desidera un film emulativo sulla scia di Il giustiziere della notte, incentrato cioè sull’idea della giustizia privata.

Io sono vendetta: la parte per il tutto

Prendendo le mosse da un’esplosione di violenza che travolge la città di Columbus in Ohio, coi telegiornali che parlano di battaglie fa polizia e malviventi, sparatorie in pieno giorno e inseguimenti a rotta di collo che si concludono nel dramma, Io sono vendetta compie una precisa scelta di campo: non siamo nel cuore dell’America, questa non è né New York né Los Angeles né Washington. È una cittadina di medie dimensioni, verrebbe da dire di provincia, che diventa parte per il tutto della follia che sta contagiando il mondo. Un microcosmo a stelle e strisce che si riflette nel macrocosmo che devasta la società occidentale civile ed evoluta.

L’ingegnere Stanley Hill e sua moglie Vivian, che lavora come consulente ambientale, conducono un’esistenza felice, ma il dramma per loro è dietro l’angolo: mentre sta tornando alla propria auto la coppia viene aggredita e, mentre lui resta a terra per i colpi subiti, lei viene incredibilmente uccisa a sangue freddo. Tutto per un piccolo furto di denaro, apparentemente, che nasconde in realtà – come capiremo assieme al protagonista – un disegno ben più ampio e articolato.

Io sono vendetta:
il passato è una terra straniera

Io sono vendetta Cinematographe.itStanley capisce subito che le cose non vanno come devono andare: nonostante lui alla stazione di Polizia riconosca chiaramente il colpevole, quest’ultimo viene rilasciato senza troppi problemi. L’insospettabile vedovo (varrebbe la pena chiedersi se il fisico imbolsito e i modi legnosi di John Travolta siano tali per volere di sceneggiatura o semplicemente per scarso impegno) cala la maschera, rispolverando il proprio scomodo passato da agente sotto copertura della CIA.

Inizia la vendetta, gestita non in solitaria ma assieme al vecchio sodale Dennis, all’apparenza tranquillo barbiere e invece spietato killer con un armamentario di tutto rispetto. A lui, nel film, è affidato anche il compito dell’alleggerimento comico/sarcastico, e a emergere è – anche per la mediocrità del contesto – la bravura dell’attore Christopher Meloni, una carriera da caratterista e un recente ritorno in auge grazie alla nuova serie tv Netflix Happy!, in cui interpreta un ex poliziotto alcolizzato divenuto sicario.

Io sono vendetta: il dolore è una cosa strana

Io sono vendetta Cinematographe.itNon si può dire che Io sono vendetta punti sull’originalità: la regia si limita alla normale amministrazione (con alcune sviste grossolane nelle scene d’azione di Travolta, la cui controfigura è visibilissima), e lo script si rivela telefonato e prevedibile anche nei colpi di scena che sulla carta dovrebbero aggiungere un po’ di curiosità e di pathos. Che tutti (malavitosi, poliziotti, governatori) abbiano qualcosa da nascondere si intuisce fin dal primo dialogo del nostro vendicatore coi detective che hanno in carico il suo caso, e del resto sarebbe assurdo pensare che la morte di sua moglie Vivian sia stata dettata solo dal destino, senza alcuna altra implicazione.

Come già accaduto in altre recenti produzioni focalizzate sulla “giusta” vendetta condotta da un privato in aperto contrasto con le istituzioni (Io vi troverò con Liam Neeson, The Equalizer con Denzel Washington), anche in Io sono vendetta la trasformazione del personaggio principale avviene tramite una riformulazione del dolore: “Il dolore è una cosa strana”, dice un prete a John Travolta, “Può distruggere un uomo, o renderlo più forte”. Stanley affronterà entrambe le fasi del lutto, prendendo alla lettera – ed è questo forse uno dei pochi spunti degni di attenzione del film – le parole di Geremia scritte nella Bibbia: “Sono pieno della rabbia del Signore, e non posso trattenerla”.

Regia - 1.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2.5
Emozione - 1.5

1.8