Venezia 75 – Il giorno che ho perso la mia ombra: recensione

Un disperato grido di dolore che riesce a scuotere lo spettatore e a farlo riflettere.

Il giorno che ho perso la mia ombra (Yom Adaatou Zouli il titolo originale e The Day I Lost My Shadow quello internazionale) è un film scritto e diretto dalla siriana Soudade Kaadan, presentato nella sezione Orizzonti della 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove ha ottenuto il prestigioso riconoscimento riservato alla migliore opera prima. I protagonisti del film sono Sawsan ArsheedSamer IsmailReham Al KassarOweiss Mokhallalati.

Il giorno che ho perso la mia ombra: un disperato grido di dolore
Il giorno che ho perso la mia ombra Cinematographe.it

Nella Siria del 2012, in piena guerra civile e durante uno degli inverni più rigidi che il Paese abbia mai vissuto, la giovane madre Sana (Sawsan Arsheed) fa del proprio meglio per crescere il suo bambino fra le tante difficoltà della guerra, come la frequente interruzione di acqua ed elettricità. Nel tentativo di accudire al meglio il figlio, Sana si assenta da lavoro per andare alla ricerca di una bombola di gas. Sulla strada, incontra Jafal (Samer Ismail) e la sorella Reem (Reham Al Kassar), con i quali decide di dividere un taxi. A un posto di blocco, alcuni soldati fermano il taxi, e cominciano a sospettare che l’autista sia un attivista. L’uomo si mette in fuga, abbandonando alle porte di Damasco i protagonisti, che si trovano così a fare i conti con una situazione estremamente pericolosa e a comprendere che cosa significhi perdere la propria ombra.

Il giorno che ho perso la mia ombra Cinematographe.it

Il giorno che ho perso la mia ombra è un disperato grido di dolore che arriva da un angolo di mondo lontano a scuoterci e a farci riflettere, in un momento storico in cui la compassione per il prossimo è sempre più rara e addirittura derisa da una consistente fetta della popolazione.

A trasportarci in un clima di perenne ansia e costante terrore sono i primi minuti della pellicola, perfetti nella loro realistica crudeltà, in cui veniamo sbattuti di fronte alla realtà della guerra, fatta di razionamenti dell’acqua e delle risorse, e al contempo viviamo tutto l’amore per il figlio da parte di una madre, in procinto di vivere una vera e propria odissea. Dopo questa splendida introduzione, veniamo trascinati in un abisso sempre più profondo di disumanità e paura, dove comprendiamo pienamente il titolo del film, riferito al fatto che chiunque vive sulla sua pelle e sopravvive agli orrori della guerra conserva il proprio corpo, ma perde la propria ombra, cioè un importante pezzo di sé e della propria anima. Un concetto profondo quanto amaro, che l’esordiente Soudade Kaadan sviscera con una sorprendente varietà di registri, passando con estrema disinvoltura dalla realtà all’immaginazione dei protagonisti, mantenendo sempre la propria coerenza stilistica.

Il giorno che ho perso la mia ombra: un prezioso esordio che ci racconta il dramma della guerra civile siriana

La messa in scena colpisce e sconvolge nel mostrare la totale perdita di punti di riferimento delle persone in zone di guerra e la drammatica situazione siriana, fatta di costante lotta per i mezzi di sostentamento e per la sopravvivenza, mentre Il giorno che ho perso la mia ombra fatica di più dal punto di vista della sceneggiatura, principalmente a causa di dialoghi abbastanza anonimi e della difficoltà a creare un vero legame narrativo fra la protagonista Sana e il suo improvvisato compare Jafal che vada oltre alla comune esperienza di guerra. Soudade Kaadan compensa questi passaggi a vuoto aprendo la pellicola ad atmosfere visionarie e a potenti simbolismi, che ci aiutano a comprendere meglio una realtà al limite del paradosso, dove si fatica persino a capire persino chi siano i propri alleati in un conflitto fratricida.

Il giorno che ho perso la mia ombra Cinematographe.it

In conclusione, possiamo quindi dire che, nonostante qualche incertezza dal punto di vista della scrittura, Il giorno che ho perso la mia ombra si rivela un convincente e prezioso esordio di una regista che ci aspettiamo di rivedere all’opera al più presto, che riesce nel duplice intento di farci riflettere sul dramma della guerra, con un toccante punto di vista femminile, e di raccontarci al contempo la tragica situazione della guerra civile siriana, che dopo più di 7 anni sembra ancora lontana da una conclusione pacifica. L’appassionata e impaurita richiesta di comprensione e soccorso da parte di un popolo che non si rassegna al dolore e che cerca con commovente caparbietà di assicurarsi un futuro migliore.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.3