Venezia 75 – Il fiume (Ozen): recensione del film di Emir Baigazin

Con Il fiume Emir Baigazin mette in scena un racconto dal marcato simbolismo, in cui ogni elemento diventa motivo per riflettere sui nostri limiti.

Il fiume (Ozen il titolo originale, The River quello internazionale) è un film del 2018 scritto e diretto da Emir Baigazin, terzo capitolo della cosiddetta Trilogia di Aslan (dal nome del protagonista delle vicende), costituita anche da Lezioni di armoniaRanenyy angel. Il fiume ha per protagonisti i piccoli Zhalgas KlanovZhasulan UserbayevRuslan UserbayevBagdaulet SagindikovSultanali Zhaksybek ed Eric Tazabekov, ed è stato presentato nella sezione Orizzonti della 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

Il fiume: fra protezionismo e voglia di scoperta
Il fiume Cinematographe.it

Una famiglia composta da 5 bambini e dai genitori vive una vita semplice e in mezzo alla natura in un piccolo villaggio del Kazakistan. Come da tradizione, il figlio maggiore Aslan (Zhalgas Klanov) diventa una sorta di vice capofamiglia, guidando i fratelli nelle attività giornaliere. Un giorno Aslan porta per la prima volta i fratelli al fiume, che cambia la vita dei ragazzi allargando i loro orizzonti e dandogli qualcosa da sognare e immaginare. L’esistenza dei fratelli cambia però nuovamente e radicalmente con l’arrivo di Kanat (Eric Tazabekov), che gli apre una porta sul mondo esterno a loro sconosciuto, introducendoli all’utilizzo del tablet e dei videogiochi. Gli equilibri familiari si disintegrano, conducendo i ragazzi a drammatiche conseguenze.

Il fiume Cinematographe.it

Con Il fiumeEmir Baigazin mette in scena un racconto dal marcato simbolismo, in cui ogni elemento, da quelli naturali ai personaggi veri e propri, diventa un tassello di una profonda riflessione sulle nostre barriere e sui nostri limiti da superare, lasciando però inevitabilmente indietro una parte più o meno grande di ciò che siamo. Il rigido isolamento imposto dal padre di una numerosa famiglia, con l’intento di proteggere i propri figli dai pericoli e dalle storture del mondo, diventa così un’invisibile prigione mentale prima ancora che fisica, che impedisce ai ragazzi di sviluppare un loro personale approccio a ciò che li circonda. Il fiume scoperto grazie ad Aslan spalanca però una prima volta le porte del mondo ai ragazzi, spronandoli a svolgere con maggiore diligenza i propri compiti ma alimentando al tempo stesso la loro voglia di libertà e scoperta.

Il fiume: una visione soddisfacente ma destinata prevalentemente a un pubblico di nicchia

Il fiume diventa così un simbolo della stessa crescita e dell’apertura al mondo, baricentro ideologico e visivo di una narrazione rarefatta, che in certi frangenti lavora con troppa insistenza e una certa ridondanza sulle splendide immagini di Baigazin, mettendo in secondo piano la progressione del racconto. La seconda e più sfaccettata svolta per i ragazzi arriva con l’ingresso in scena di Kanat, che squarcia l’immaginario dei protagonisti introducendoli alla seducente modernità, rappresentata dalla tecnologia. Le gerarchie cambiano e quel mondo che il capofamiglia voleva tenere lontano irrompe in questa famiglia del Kazakistan, con il suo carico di opportunità ma anche con le sue storture.

In bilico fra racconto di formazione, metafora sociale e dramma familiare, Il fiume ha dalla sua la raffinatezza della fotografia e il pregevole utilizzo da parte di Baigazin degli ambienti e dei personaggi come tasselli di un intricato puzzle sociale, davanti al quale è difficile rimanere indifferenti. Il formalismo della messa in scena diventa però alla lunga anche il principale punto debole del film, limitando non poco l’impatto emotivo e lo sviluppo dei personaggi dei 5 fratelli. I rimandi al mito di Prometeo e al Giardino dell’Eden arrivano chiari e con maggiore successo rispetto a pellicole più celebrate (vedasi Madre!), ma la perdita dell’innocenza dei protagonisti non coinvolge mai lo spettatore quanto dovrebbe, proprio a causa di questo scollamento fra racconto e messa in scena.

Il fiume Cinematographe.it

Il fiume si rivela così un’opera complessa e ricca di sfaccettature, che per il suo rigore e nonostante il notevole impatto visivo appare però inevitabilmente destinata a un pubblico festivaliero o comunque di nicchia, predisposto al massimo dell’impegno. Una visione comunque stratificata e soddisfacente, che tratta in profondità e con successo temi universali come la crescita, la libertà e la scoperta, lasciando un tangibile segno del proprio passaggio nell’animo dello spettatore.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3