Hellboy – The Golden Army: recensione del film di Guillermo del Toro

L'imprevedibile storia del demone evocato dai nazisti nel '44 e salvato da uno scienziato: a quattro anni di distanza dal film originale ritorna in pista Hellboy, in uno dei capolavori nascosti di Guillermo del Toro.

Ora che l’arte e il talento di Guillermo del Toro sono stati finalmente – e giustamente – sdoganati e sono divenuti di dominio pubblico, grazie al successo di La forma dell’acqua – The Shape of Water (2017), è in corso una rivalutazione totale di tutto il suo cinema, una riscoperta dei “tesori nascosti” della sua filmografia. E non parliamo di Il labirinto del fauno (2006), comunque arrivato alla cinquina finale degli Oscar come Miglior Film Straniero, ma delle sue primissime opere e delle pellicole che fino a questo momento erano state ritenute trascurabili e minori.
Come l’esordio Cronos (1993), ad esempio, in cui l’autore dimostra a neanche 30 anni di possedere già una chiara impronta e una poetica ben definita; o come Hellboy (2004) ed Hellboy – The Golden Army (2008), che raccontano un universo di supereroi autarchici, lontani anni luce dai Marvel Movies, dalla loro estetica lucidissima e dalla loro ineluttabile infallibilità. La storia cinematografica del cineasta messicano è fatta di passioni e ossessioni, di favole orrorifiche e visionarie in cui il vero mostro è l’essere umano, mentre le creature sono quasi per loro stessa definizione portatrici sane di valori che noi abbiamo drammaticamente dimenticato o soffocato.

Un’arma al servizio del Führer

Hellboy - The Golden Army, Cinematographe.itTratto da un fumetto di successo ideato nel 1993 da Mike Mignola, Hellboy – The Golden Army mescola supereroismo dark e fantasy sovrannaturale: si narra del mezzo demone Anung Un Rama (per gli amici Red) che alla fine della Seconda Guerra Mondiale viene evocato dai fedelissimi del Terzo Reich per diventare una sorta di arma di distruzione di massa. Ma gli Alleati salvano il piccolo Hellboy, che viene cresciuto ed educato dallo scienziato Bruttenholm, fino all’ingresso nel B.P.R.D. (Bureau for Paranormal Research and Defense) in qualità di agente al soldo dei servizi segreti americani.

Hellboy non è in tutto e per tutto un demone, ma non è neanche un essere umano; in questa irrisolvibile tensione si consuma il forte contrasto interiore di un mostro al servizio degli uomini, agitato e fomentato soprattutto dalla xenofobia di chi rigetta il diverso anche quando viene in pace o in difesa. Materia incandescente per del Toro, che dopo averci raccontato nel primo capitolo le origini del personaggio, in questo seguito lo pone di fronte alla minaccia proveniente dallo spietato elfo Nuada, che rompe la tregua fra umanità e Regno Fantastico.

Beautiful Freaks

Hellboy - The Golden Army, Cinematographe.itTanto rude quanto bonario, il demone rosso è solo il capofila di un articolato campionario di beautiful freaks tratteggiati con cura e affetto da del Toro e dal creatore Mignola: nelle segrete stanze del bureau ci sono la pirotecnica e “infuocata” Liz Sherman (che vive una interessantissima evoluzione, dall’insicurezza del primo episodio alla combattiva determinazione di questa nuova sfida), l’acquatico Abe Sapien e il comandante Johann Krauss, entità ectoplasmica in tuta da palombaro. Tutti gli imperfetti e bizzarri esseri che appaiono sullo schermo hanno qualcosa di familiare, di tenero e ammaliante.

Nell’immaginario fantastico-sentimental-avventuroso di Hellboy – che rimanda in qualche modo alla drammaturgia del Signore degli Anelli e di Lo Hobbit, al quale non a caso del Toro ha collaborato in fase di sceneggiatura – ad essere continuamente rimarcata è la profonda umanità del difforme, del non omologato: bisogna combattere i cattivi di turno, ok, ma l’innamoramento di Abe Sapien per Nuala (gemella del villain Nuada) la gravidanza di Liz con annessa prospettiva di paternità per Red e lo strappo alle regole di Krauss ci portano in altri fieri e imprevisti territori, che dimostrano come anche scendendo a patti col cinema mainstream un’indipendenza – di concetto, di contenuto, di stile – è possibile.

Hellboy – The Golden Army:
il canto del cigno del cinefumetto

Hellboy - The Golden Army, Cinematographe.itCol senno di poi risulta evidente come il 2008 sia stato un anno spartiacque per il cinema dedicato ai supereroi: a distanza di pochi mesi di distanza vengono portati sui nostri schermi Iron Man, che sancisce l’effettivo e incontrovertibile inizio del Marvel Cinematic Universe, ed Hellboy – The Golden Army, che in un certo senso chiude l’esperienza del fantasy “materico” e vagamente fuori moda, fondato sull’idea di una imponderabile e irresistibile nostalgia (come sempre, di epoche mai vissute). Da quel momento nulla sarà più come prima, e l’ipotetica possibilità di un ultimo Hellboy che avrebbe potuto degnamente chiudere la trilogia è divenuta nel giro di pochissimo impraticabile, lasciando spazio ad un reboot macchinoso e privo di anima di cui non si sentiva – artisticamente parlando – alcun bisogno.

Tuttavia, che i caratteri tridimensionali e compiuti di del Toro abbiamo lasciato il segno è ampiamente dimostrato dalla buffa teoria abbozzata dai fan secondo cui l’uomo anfibio di La forma dell’acqua non sarebbe altri che il mutante Abe Sapien, finito imprigionato durante la Guerra Fredda e salvato dalla addetta alle pulizie Elisa. Come fosse una vendetta, una rivincita di del Toro che non ha potuto completare il suo progetto ma che non per questo dimentica e/o uccide le proprie amatissime creature. Una fantasia (forse) impossibile, sicuramente, ma significativa: del cinefumetto old school, che non si vergogna della sua origine ma anzi la omaggia oscillando fra autoparodia, serietà e guizzi autoriali, si sente decisamente la mancanza.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.8