Dos: recensione del film Netflix di Mar Targarona

Dos cuce addosso ai volti e ai corpi dei suoi attori protagonisti un intrigante thriller dalle forte venature body horror. Dolore e disgusto, perfino eros, ma la risoluzione psicologica e causale viene lasciata in sospeso. Dal 10 dicembre su Netflix.

Costretti a una distanza pandemica, arma di sicurezza anti contagio in un tempo di graduale socialità post lockdown, l’idea di vivere incollati a uno sconosciuto sembra un vero e proprio incubo. Dos arriva sugli schermi di Netflix (disponibile dal 10 dicembre 2021) in un periodo storico in cui l’abitudine al controllo e alla divisione sono diventate coordinate ordinarie del quotidiano, e l’immaginario simbiotico di un annullamento forzato del proprio spazio vitale giunge a noi con un impatto così intenso come forse non sarebbe accaduto prima.

Dos: i confini (corporei) si annullano nel film di Mar Targarona

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È infatti il corpo ad assumere lo spessore simbolico di un azzeramento di confine, di un limite ricucito – e dunque rimosso – sulla pelle di due opposti: un uomo, David e una donna, Sara, risvegliati completamente nudi l’una sull’altro in un letto matrimoniale all’interno di una camera che sembra quella di hotel. Non incollati, ma uniti sul basso ventre tramite punti cuciti sulla carne; fusi dal dolore per ogni minimo movimento scoordinato, saldati da uno stordimento che prima li fa sospettare a vicenda e poi, sempre all’unisono, li obbliga a ricostruire i fatti che li hanno condotti lì.

Apparentemente i due hanno nulla o poco in comune: lui è un escort con problemi finanziari e lei una donna sposata ad un uomo (forse) con molti anni in più. Tant’è che il primo sospetto ricade proprio sul marito di Sara, uno studioso di filosofia estremamente possessivo e ossessionato dal numero due ‒ doppio dell’unità, primo della serie dei numeri pari, emblema dello yin e lo yang, della dualità, degli emisferi cerebrali, del corpo e la mente. Stremati e storditi, Sara e David tenteranno più volte di dividersi, ma il supplizio a cui sono ricondotti li farà rinunciare e i due corpi, ora uno, ricostruiranno attraverso alcuni indizi la mente e il progetto dietro alla loro forzata prigionia.

Orribile epidermico e risoluzione psicologica insoddisfacente: Dos è audace e intrigante ma sfrutta solo in parte il suo potenziale tematico

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Mar Taragona, barcellonese classe ’53 già regista de Il fotografo di Mauthausen e produttrice di Elisa y Marcela e The Orphanage, con Dos dirige un thriller provocante dalle venature body horror e sensuali; un mistero da sciogliere e due carnalità da scomporre, un intelletto da stimolare e un disgusto epidermico da tenere vivo. Due componenti, quella della suspense e quella dell’orripilante corporeo, che la Taragona o più propriamente la sceneggiatura curata a più mani da Cuca Canals, Christian Molina e Mike Hostench, riescono a bilanciare solo in parte, non sfruttando in pieno le potenzialità narrative della causa della prigionia originaria scoperta sul finale, e lasciata sospesa da una risoluzione insoddisfacente.

L’audacia della messinscena repulsiva, e della recitazione estrema dei due attori Pablo Derqui e Marina Gatell che si espongono quasi totalmente nelle loro nudità, non soppesa infatti il suo contraltare tematico, ovvero quello della condizione dei gemelli siamesi, accennato ma mai compreso, approfondito, contestualizzato. Che il film abbia avuto un’intenzione superiore rispetto alla mera concezione di genere horror è indubbio da alcuni indizi sparsi qua e là e rintracciati dai protagonisti, ma è un’intenzione psicologica vanificata, accennata, mai pienamente risolutoria.

Eppure Dos ha un taglio indie e delle sospensioni estetiche di pregio, dalle cromie sfumate e crepuscolari ad alcune soggettive che richiamerebbero alla deformazione mentale dei due, alla restituzione del dolore provato dagli stessi, fino a quella della claustrofobia asfissiante degli spazi, delle distanze, degli interstizi fra un corpo e l’altro ricuciti in un apparato unico e tenuto stretto in un ambiente da laboratorio perverso che riecheggia inevitabilmente la saga di Saw – L’enigmista.

Leggi anche Dos: la spiegazione del film Netflix di Mar Targarona

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2

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