DeAndré#DeAndré – Storia di un impiegato: recensione del documentario

Un Faber inedito, il racconto di un legame biologico e artistico indissolubile tra un padre e un figlio,  un album tutto da riscoprire, sono gli ingredienti del documentario di Roberta Lena, che dopo l’anteprima alla Mostra di Venezia arriva nelle sale con Nexo Digital dal 25 al 27 ottobre.

Non bastano le dita delle mani per contare quante volte le note e i testi dei brani di Fabrizio De André sono entrati a fare parte delle colonne sonore di opere audiovisive. E non si contano nemmeno quante volte la vita e la carriera di Faber (l’appellativo che dato dall’amico Paolo Villaggio) sono approdate sul piccolo e grande schermo, tra cui Fabrizio De André – Principe libero, il film di Luca Facchini nel quale è Luca Marinelli a interpretarlo. Omaggi e riconoscimenti, questi, dovuti a chi come lui, considerato uno dei più importanti, influenti e innovativi cantautori italiani, di pagine di storia della musica ne ha scritte tante. Tra queste ci sono anche quelle contenute in Storia di un impiegato, il quarto concept album da lui pubblicato nel 1973 che il figlio Cristiano, con la complicità del regista Roberta Lena, hanno voluto rileggere e risuonare nel documentario DeAndré#DeAndré – Storia di un impiegato, nelle sale dal 25 al 27 ottobre 2021 con Nexo Digital dopo la presentazione fuori concorso alla 78. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

DeAndré#DeAndré – Storia di un impiegato è un viaggio fisico ed emozionale tra passato e presente, nell’esistenza di Faber

DeAndré#DeAndré - Storia di un impiegato cinematographe.it

Lena accompagna Cristiano De André in un viaggio, fisico ed emozionale tra passato e presente, nell’esistenza di Faber, partendo da un luogo a loro caro, la casa di famiglia a picco sul mare in quel di Portobello in Sardegna, in un ideale ponte spazio-temporale collegato con il Teatro Brancaccio, laddove il cantautore ligure ha tenuto un indimenticabile concerto del suo ultimo tour nel 1998. Non è la prima volta che ciò avviene, basta riavvolgere le lancette dell’orologio al 2015 e al documentario di Gianfranco Cabiddu dal titolo Faber in Sardegna & L’ultimo concerto di Fabrizio De André, così come non è la prima volta che le canzoni e la vita di Fabrizio diventano il tessuto narrativo, drammaturgico, visivo e soprattutto canoro di una biografia. Ma è forse la prima volta che si assiste a un ritratto a lui dedicato in cui convergono più anime, unite armoniosamente da un racconto in cui i brani dello storico concept album fanno da leit motiv.

Un flusso di pensieri e parole, ricordi ed emozioni, aneddoti e musica, che danno forma e sostanza a un racconto intimo

DeAndré#DeAndré - Storia di un impiegato cinematographe.it

Tra le anime c’è in primis quella del rapporto tra un padre e un figlio, del passaggio di testimone umano e artistico tra i due, con il secondo che ha trovato una sua indipendenza autoriale ma che non ha mai smesso di portarne avanti l’ eredità. DeAndré#DeAndré – Storia di un impiegato ne è la prova tangibile, resa possibile da un flusso di pensieri e parole, ricordi ed emozioni, aneddoti e musica, che danno forma e sostanza a un racconto per molti versi inedito, tanto per contenuti quanto per carica emotiva. A fare da cornice topografie domestiche, panorami mozzafiato e un teatro. Qui, nel corso di un concerto sold out, il figlio canta e suona con chitarra, violino e pianoforte i brani di Storia di un impiegato. Questi, accompagnati da una ricca e variegata raccolta di materiali d’archivio che scorrono all’unisono con i temi, i versi e i capitoli della cronaca nostrana di ieri e di oggi, irrompono sullo schermo a intervalli regolari, dando alla luce un prezioso concept album film.

Un sentito e sincero atto d’amore, tenuto insieme dalla potenza inesauribile della musica e da canzoni senza tempo

DeAndré#DeAndré - Storia di un impiegato cinematographe.it

Il documentario di Lena, che è prima di tutto un piacere da ascoltare e poi da vedere, ci conduce per mano alla scoperta di un legame biologico e artistico che nemmeno la morte è riuscita a spezzare. Del resto l’Arte e il ricordo rendono le cose e le persone immortali. Ci sarebbe piaciuto che rimanesse per l’intera durata un dialogo a distanza e ultraterreno tra un padre e un figlio, con l’entrata in scena di Dori Ghezzi e Filippo De André (figlio di Cristiano) a interrompere questo scambio, ma ciò non impedisce comunque all’opera in questione di presentarsi come un sentito e sincero atto d’amore, tenuto insieme dalla potenza inesauribile della musica e da canzoni senza tempo.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.5