Crescendo: recensione del film di Dror Zahavi

La storia dell’orchestra di giovani musicisti israeliani e palestinesi tocca l’anima, con la sua delicatezza nel raccontare come la musica può cambiare i cuori delle persone

#makemusicnotwar è l’hashtag di lancio di Crescendo, delicata quanto intensa opera diretta da Dror Zahavi – nato a Tel Aviv e trasferitosi poi in Germania per inseguire il suo amore per il cinema – e liberamente ispirata alla storia vera alla storia della West-Eastern Divan Orchestra creata da Daniel Barenboim e Edward Said, un’orchestra composta da giovani musicisti israeliani e palestinesi. In arrivo nelle sale il 27 agosto con Satine Distribuzione – ma già da inizio mese è proposto in anteprima in diverse arene estive milanesi – Crescendo è un inno al potere della musica, alla sua capacità di creare unione, o almeno un territorio comune d’incontro, anche dove ogni comunicazione sembra impossibile. In un crescendo di emozioni che ci porta dalla moderna Tel Aviv alle montagne dell’Alto Adige, Dror Zahavi ci conduce fino all’ultimo fotogramma rendendoci parte di quest’orchestra che diventa un posto sicuro dove le divergenze posso essere messe da parte, placate dall’unione più forte per la musica.

Crescendo: una sfida ai conflitti culturali attraverso il potere della musica

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Quando a Eduard Sporck (Peter Simonischek), direttore e musicista di fama mondiale, viene proposto di costituire, per un unico concerto, un’orchestra composta da giovani palestinesi e israeliani, inizia per lui una sfida che va oltre il raggiungimento della perfezione artistica. Divisi da un odio insanabile, cresciuti in un clima di guerra e aggressività, i musicisti non riescono a fare squadra tra loro e i due violinisti, la fiera palestinese Layla (Sabrina Amali) e il vanitoso israeliano Ron (Daniel Donskoy), guidano idealmente le due fazioni ostili, mettendo in luce il conflitto che li separa. Grazie alla tenacia di Sporck e al potere aggregante della musica, quella che sembra essere una missione senza speranza lascia però gradualmente spazio alla speranza che comprensione reciproca, amicizia e forse anche amore tra le due parti possano essere possibili un giorno.

Una speranza di pace nasce dal vibrato di due violini

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“La musica! Una magia al di là di tutto ciò che facciamo.” Lo diceva Albus Silente nelle pagine di Harry Potter, e parte proprio da questo concetto Dror Zahavi per raccontare un dramma politico come quello dell’odio tra ebrei e palestinesi, ma con voce leggera e delicata, mettendo l’arte al di sopra di tutto e eleggendola a mezzo per ottenere un futuro migliore. Partendo da una prospettiva decisamente umanistica, il film ci dimostra come la musica possa essere più potente dello scambio prolisso di argomenti ideologici, come possa parlare meglio delle voci che urlano. Il risultato del lavoro di Zahavi è un’opera che entra sottopelle, per il suo modo così raffinato di raccontare la complessa situazione israeliano-palestinese senza giudicare, ma mostrando sequenze che colpiscono nel profondo: come la scena – una delle più belle a nostro parere – della giovane Lyla che si esercita per la sua audizione chiusa in casa sua, in uno dei Territori Palestinesi Occupati, e che suona piangendo mentre fuori ci sono dimostrazioni violente e gas lacrimogeni, che lei combatte aspirando l’odore di una cipolla. Vedere questi giovani ragazzi essere costretti a fermarsi un attimo, riflettere ed entrare nei panni dell’altro che da sempre si odia, è un messaggio molto potente, una testimonianza di come sia possibile lavorare su un territorio comune – la musica, per esempio – per arrivare a percepire l’altro come essere umano, e magari per riuscire a imparare anche qualcosa da lui. E questo tipo di riconciliazione diventa un messaggio universale tramite la figura del Maestro Sporck e della sua storia personale, che a ha che fare con il conflitto tra nazisti ed ebrei: il fare pace con le sue origini, il raccontare ai ragazzi la sua storia, esprime tramite una sceneggiatura chiara, coerente e forte, che in tutti i conflitti si può trovare un ponte per incontrarsi. Nel caso di Crescendo, quel ponte è la musica, la quale non può che essere protagonista del film tanto quanto la storia, ma senza mai andare a coprirla: i brani composti da Martin Stock sono intensi ma delicati, e riescono ad accompagnare bene le scene e ad aumentare le emozioni del pubblico.

Un messaggio di pace anche per il giovane cast

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A colpire particolarmente in Crescendo, oltre alla delicatezza della storia e alla raffinatezza della regia, sono gli interpreti: Dror Zahavi è riuscito a mettere insieme  un cast giovane d’interpreti palestinesi e israeliani che risulta davvero talentuoso e convincente. Tra di loro spiccano Mehdi Meskar, diventato un idolo tra i giovanissimi per la serie Skam Italia, la bravissima Sabrina Amalie e il talentuoso attore-musicista Daniel Donskoy, diretti nella recitazione, proprio come nell’orchestra, da Peter Simonischek, uno dei migliori attori europei degli ultimi anni. E la scelta di questo tipo di cast, e di attori così giovani, non è stato un caso: le speranze di Zahavi sono che il film riesca non solo a risuonare nelle menti del pubblico, ma anche nei membri Israeliani e Palestinesi del cast. In questa ottica, le scene in cui i ragazzi, durante la trasferta in Alto Adige, affrontano delle sedute di terapia, assumono tutto un altro significato. Sono state compiute molte ricerche e sono stati confrontati neurologi e psichiatri per rappresentare questi confronti che, inevitabilmente, hanno avuto un riscontro nella vita reale. I giovani attori, essendo davvero delle nazionalità che rappresentano, hanno vissuto veramente il conflitto in prima persona, e l’esperienza dei loro personaggi è stata la loro stessa esperienza. Zahavi ha raccontato come i ragazzi siano rimasti fortemente impressionati da quello che hanno rappresentato, e in particolare dalla scena in cui si confrontano stando gli uni di fronte agli altri,  divisi da un filo posto sul pavimento della stanza:

“Ho chiesto loro di insultare, di incolpare l’altro per l’uccisione delle proprie famiglie, di manifestare all’altro il proprio odio. Molti di loro hanno iniziato a piangere. Un paio sono svenuti, un paio si sono rifiutati di esprimere insulti verso l’altra etnia perché non era quello che provavano, ma sono emersi anche dei conflitti piuttosto pesanti. Ci sono stati dei momenti difficili e alcuni non li dimenticherò mai”.

Anche i giovani attori hanno dovuto affrontare, proprio come i protagonisti, pregiudizi, liti, confronti accesi, eppure girando il film sono riusciti a trovare un modo di andare d’accordo: magari non saranno mai amici, ma quello che hanno vissuto getta un seme di speranza verso una maggiore apertura al dialogo delle generazioni future. Recitare in questo film, per loro, è stato come far parte dell’orchestra per i personaggi di Crescendo. Racconta ancora Zahavi:

“Credo che tutti abbiano portato via con sé un messaggio importante. Si porteranno dietro il fatto che Palestinesi e Ebrei, per qualcosa come sette o otto settimane, hanno vissuto insieme. Forse si renderanno conto che è possibile coesistere se si ha uno scopo comune, se soltanto si riescono ad ignorare le difficoltà”.

Il regista Dror Zahavi dirige questo dramma avvincente come un “Crescendo” costante, con la tensione e i conflitti che aumentano fino all’ultimo fotogramma. Un film intenso, e un contributo importante agli sforzi globali verso la comprensione, l’umanità e la pace.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.2