Country for Old Men: recensione del film documentario

Esce lunedì 1 ottobre il bel documentario Country for Old Men di Stefano Cravero e Pietro Jona, un viaggio all'interno della comunità di anziani traditi dal sogno americano ed espatriati in Ecuador per ricominciare.

Con Country for Old Men i registi Stefano Cravero e Pietro Jona portano al cinema un film documentario (prodotto da Lab80 Film) che è un’ispezione concettualmente e visivamente nitida del cadavere del sogno americano. A Cotacachi, città andina sormontata da un vulcano dormiente, nel nord dell’Ecuador, vive una comunità di anziani americani socialmente stratificati (tra loro, anche un ex produttore hollywoodiano e la psicologa che si è occupata delle terapie ai sopravvissuti della strage alla Columbine), tutti espatriati per ragioni economiche: negli Stati Uniti, infatti, affidarsi alla sola previdenza sociale è impensabile e, se non si è guadagnato abbastanza, si è destinati a condurre una vecchiaia grama, con la paura di dover affrontare spese mediche che non si è in grado di pagare. In Ecuador, invece, la sanità è pubblica e persino il dentista per il cane è un lusso più che accessibile.

Country for Old Men: un punto di vista diverso sull’immigrazione

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Country for Old Men, titolo che ribalta quello del celebre film dei fratelli Coen, sceglie di esplorare il punto di vista americano sulla propria emigrazione per riflettere anche, e forse soprattutto, sull’immigrazione altrui, prevalentemente ispanica, negli Stati Uniti, sulla difficile relazione tra latinos e gringos, sul paradosso di andarsene in quegli stessi luoghi da cui scappano coloro che, malvoluti, aspirano invece a diventare cittadini americani. L’unica voce autoctona, all’interno di una polifonia a stelle e strisce è, infatti, quella del tassista-tuttofare Freddie, che non manca di far notare come agli immigrati americani in Ecuador si perdoni la scarsa disinvoltura con la lingua del paese, mentre agli immigrati ecuadoregni in America si esige un dominio perfetto dell’inglese. Un doppio standard che sconta un certo retaggio intellettuale di marca imperialista e non ancora, nella sostanza, ‘de-colonizzato’.

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L’aspetto più interessante di questo documentario dalla vocazione saggistica, stilisticamente sobrio, ma ricercato nei suo dipanarsi frammentario, con frequenti indugi su dettagli elegiaci di vita quotidiana (il rito della cucina, luogo della nostalgia e del rifugio in un passato a malincuore lasciato indietro) e dolce-amaro nell’accento dominante è, dunque, proprio la riflessione sulla contraddizione tra necessità e impossibilità di integrarsi di persone che credono di essere cambiate, ma in verità non lo sono.
Ed ecco allora che costruiscono complessi sistemi di protezione per le proprie case, si chiudono, fisicamente ed emotivamente, in una bolla in cui gli altri, i nativi del luogo, gli ecuadoregni di cui si sforzano senza successo di parlare la lingua, sono esclusi, vissuti più come minaccia che come ricchezza, come attentatori che come benefattori. Anche lontano dalla propria terra, gli Americani si sentono, in un certo senso, sempre padroni, mai ospiti. In fondo, questi anziani hanno lasciato il loro paese proprio per questo, per non sentirsi subalterni e per poter esercitare su altri, gli altri da sé per eccellenza, una supremazia economica che in patria non potrebbero rivendicare.

Country for Old Men: un film affascinante attraverso dalla graffiante e drammatica realtà

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Non manicheo né tantomeno didattico, Country for Old Men rappresenta, così, uno studio filmico affascinante proprio perché privo di tesi e di intento divulgativo, bensì attraversato da un graffio problematico, controverso, che in qualche modo increspa una superficie esteticamente limpida e di indiscutibile qualità tecnica.

Incidentale, ma ugualmente significativa, è l’indagine sulla percezione deformata della violenza da parte degli Americani: alcuni di loro, come ricordano i connazionali che partecipano al documentario, scelgono di non partire quando scoprono che in Ecuador vige un rigorosissimo divieto di detenzione di armi per uso di difesa personale, ed altri, pur senza accorgersene, si ritrovano ‘a casa’ quando guardano sul tablet notiziari americani che riportano di stragi di massa. Le armi sono il primo ansiolitico di un’intera nazione, che, a quanto pare, non riesce a liberarsene neanche sotto il vulcano di un placido villaggio andino.

Country for old man è in uscita nelle sale l’1 ottobre 2018.

Regia - 3
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

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