Viaggio nel cinema dei fratelli Coen

Cinico, ironico, brutale, dissacrante, assurdo, spietato sono solo alcuni degli aggettivi in grado di rispecchiare anche solo in minima parte le molteplici sfaccettature del complesso ed articolato universo cinematografico che Joel ed Ethan Coen, dall’ormai lontano noir Blood Simple (1984) al più recente A proposito di Davis (2013), hanno contribuito a creare arricchendolo e complicandolo film dopo film, fino alla creazione di un’ immagine allucinata e allucinatoria della realtà, un mondo instabile, inquieto, vertiginoso, caratterizzato da un rocambolesco susseguirsi di inverosimili situazioni in grado di dare vita ad una visione destabilizzante e psichedelica della vita in cui dominano la follia, la studiata illogicità, il cinismo grottesco.

Maestri del cinema indipendente americano, i fratelli Coen si sono caratterizzati come portatori di un nuovo sguardo visionario che ha contribuito a sovvertire e riscrivere totalmente la contemporaneità mediante la creazione di miti cinematografici senza tempo che da Jeffrey “The dude” Lebowski, lo scanzonato Jeff Bridges protagonista de Il grande Lebowski, parabola dell’intero cinema “coeniano” a Larry Gopnik, lo sfortunato professore di fisica che in A serious Man si rende emblema della riscoperta delle radici della cultura ebraica, si sono ormai radicati nell’immaginario collettivo di intere generazioni travalicando completamente il confine dello schermo cinematografico e rendendosi metafora dell’assurdo gioco della vita.

Joel e Ethan Coen

Joel e Ethan Coen

Ideali innovatori dei più disparati generi cinematografici, i Coen foggiano abilmente  prodotti cinematografici che rifuggono qualsiasi etichetta o classificazione, dalle cupe e brutali atmosfere thriller-noir che avvolgono Blood Simple, Non è un paese per vecchi (2007), Crocevia della morte (1990) e il capolavoro Fargo (1996), alla irriverente comicità grottesca de Il grande Lebowski (1998) e Mister Hula Hoop (1994) che si imbeve di tinte dark in The burn After Reading (2008) e LadyKillers (2004), fino al western toccato con Il Grinta (2010). Vincitori di 4 premi Oscar tra cui Miglior Sceneggiatura originale per Fargo, miglior film, sceneggiatura non originale e regia per Non è un paese per vecchi, sono oggi tra i più rappresentativi esponenti del cinema contemporaneo, considerati “filosofi per immagini”, sono stati in grado di dare vita ad un cinema dissacrante e di ampio respiro, in cui brillanti movimenti di macchina, arguti dialoghi, creazione di universi onirici, approdo al nichilismo, hanno contribuito al rimaneggiamento dell’immaginario cinematografico consolidato.

Comprendere il reale significato di un cinema in cui il fragile confine tra realtà e finzione, normalità e follia è sempre più labile non è facile, ma il mondo distorto e pungente plasmato dalle abili mani dei fratelli Coen può essere esplorato prendendo in considerazione tre diversi film che, ognuno a proprio modo, ne mostrano la straordinaria complessità, rendendosi indice dell’assoluta versatilità, dell’eclettismo che contraddistingue i due artisti e rappresentando degli ideali momenti di un cinema che fotogramma dopo fotogramma, immagine dopo immagine, personaggio dopo personaggio calpesta e annienta in modo mai scontato o banale i vuoti stereotipi che costellano la realtà e che rendono schiavo l’uomo.

 

       1.NON E’ UN PAESE PER VECCHI (NO COUNTRY FOR OLD MEN – 2007)

Javier Bardem, protagonista di Non è un paese per vecchi, in una scena del film.

Javier Bardem, protagonista di Non è un paese per vecchi, in una scena del film.

“Questo paese è duro con la gente”
Tratto dall’omonimo romanzo di Corman McCarthy, si configura come una acuta e disincantata riflessione sulla realtà contemporanea e sull’irrimediabile perdita di valori e significati che la contraddistinguono, dando vita ad una realtà violenta e spietata in cui lealtà, solidarietà e rispetto sembrano ormai persi per sempre, “eterni sconosciuti” privi di qualsiasi significato in cui è la violenza, la brutalità di cui l’uomo è da sempre portatore ad erigersi come ideale chiave di lettura della contemporaneità. Western per le ambientazioni, Noir per le atmosfere, Non è un paese per vecchi è un viaggio emotivo, una “caccia all’uomo” che assume i connotati un road movie primitivo, crudo e sinistro caratterizzato da uno straziante eccesso di sangue e violenza in cui ogni personaggio insegue febbrilmente l’altro senza riuscire mai a raggiungerlo realmente. Caratterizzato da una scarna essenzialità e privo di una colonna sonora, delinea il crollo, la dissacrazione di ogni mito in cui è il nichilismo ad essersi irrimediabilmente imposto. Valso ai fratelli Coen diversi premi tra cui l’Oscar come miglior film, miglior sceneggiatura non originale e miglior attore non protagonista all’inquietante Javier Bardem, può essere considerato un momento di assoluto splendore del cinema “coeniano”, in quanto opera in grado di farsi portatrice di un complesso “ritorno alle origini” in cui la desolata distesa desertica prende il posto del paesaggio innevato di Fargo, opera che li ha consacrati definitivamente nell’Olimpo cinematografico, trasformandosi in un’opera summa in cui si trovano magistralmente concentrate le ragioni del cinema dei Coen, ancora una volta in grado di trasformare in maniera magistrale e impeccabile, la tragicità della violenza in una farsa grottesca.

 

     2.BURN AFTER READING – A PROVA DI SPIA (2008)

John Malkovich in una scena di Burn After Reading.

John Malkovich in una scena di Burn After Reading.

“.. cosa abbiamo imparato? Forse abbiamo imparato a non farlo più, anche se non so che cosa abbiamo fatto”
Dalla brutalità priva di virtuosismi, i fratelli Coen approdano ad una comicità sofisticata che cela al suo interno una profonda denuncia nei confronti dei vizi di cui è schiava una umanità che ha perso ormai il proprio sistema di valori, la propria identità, asservita com’è dall’apparenza e dalla necessità distorta e plateale di apparire trasformandosi in un vuoto involucro che agisce senza capire realmente, senza pensare. Burn After Reading si concretizza come un film corale, la cui impalcatura narrativa è creata attraverso l’intreccio di storie parallele che si compenetrano inesorabilmente dando vita ad uno spettacolo che riscrive in termini parodistici le ansie, i bisogni, i vizi insiti nella realtà contemporanea, trasformandosi in un quadro derisorio ed irriverente del marciume che appesta la società americana. Attraverso l’ennesima “commedia degli equivoci”,basata su un cast di assolute star da Brad Pitt a george Clooney, Da John Malkivich a Frances McDormand e costallata di incomprensioni, errori, decisioni sbagliate e prive di senso, i fratelli Coen danno vita ad un’opera confusa ed irriverente che nasconde dietro all’involucro patinato della spy story, il tipico carattere della Dark Comedy, un “carnevale della stoltezza umana”, un canzonatorio affresco del caos che governa le azioni e le intenzioni di un essere umano sempre più pretenzioso ed incostante, irrazionale, avventato, insano, privo di moralità. Ancora una volta sono proprio i vizi umani, la sete di potere, la cronica infedeltà matrimoniale, la vanità e l’arricchimento ad innescare una serie di rocamboleschi eventi che si susseguono sullo schermo con incessante velocità in un surreale vortice di irrazionalità e follia che perfettamente dipinge la distorta realtà dei tempi odierni. Sicuramente distante da capolavori quali Fargo, Fratello dove sei e Il Grande Lebowski, Burn fater Reading si regge in primis sulla bravura di un cast d’eccezione, e sui brillanti ed arguti dialoghi da sempre arma a doppio taglio nelle mani dei due registi.

 

Necessario tassello nell’articolato panorama cinematografico “coeniano”, Burn After Reading, apre la strada ad opere più recenti come A serious Man in cui Larry Gopnik-Michael Stuhlbarg guarda la sua vita andare inesorabilmente in pezzi, Il Grinta che ha ancora una volta il volto di Jeff Bridges, fino all’ultimo lavoro firmato Coen, A proposito di Davis.

3.A PROPOSITO DI DAVIS (INSIDE LIEWYN DAVIS – 2013 )

Oscar Isaac, protagonista di a proposito di Davis, in una scena del film.

Oscar Isaac, protagonista di a proposito di Davis, in una scena del film.

“Se non è mai stata nuova e non invecchia mai allora è una canzone folk.”
Ispirato alla vita del Folk singer Dave van Ronk ,ancora una volta presenta un loser, un perdente, un antieroe, un moderno outsider situato ai margini della sfavillante società americana che è spinto dalla propria passione musicale ad una serie continue di cadute e fallimenti a vestire i panni di protagonista nell’ultima opera di Joel ed Ethan Coen che ha il proprio cuore pulsante, il proprio centro nevralgico nella tradizione musicale del Folk, vero e proprio filo conduttore dell’intera opera che fa risuonare le proprie note nel quartiere del Greenwich Village punto di partenza e di approdo del film, patria della vita artistica. Ben lontano dalle atmosfere western e dall’ostentata violenza, A proposito di Davis, avvolge in una fotografia invernale grigia e cupa un film che assume ben presto i connotati un road movie “da un divano di un amico ad un altro”, una moderna Odissea personale non solo alla ricerca del successo, ma alla ricerca di se stessi, della propria ragion d’essere, in cui è l’analisi intima della psicologia umana ad essere preminente in una pellicola in cui la musica  scandisce le azioni e le emozioni del personaggio, plasmando un’opera che, ancor prima di essere esplorata con l’occhio, deve essere sentita con il cuore.

Giudizio Cinematographe

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