Come un gatto in tangenziale: recensione

Come un gatto in tangenziale, il nuovo film di Riccardo Milani in uscita il 28 dicembre, è una commedia che affronta la diversità dell'estrazione sociale con leggerezza

Come un gatto in tangenziale, il secondo film diretto in questo 2017 da Riccardo Milani (dopo Mamma o papà?) vede tornare anche la già consolidata coppia artistica formata da Paola Cortellesi e Antonio Albanese, in questo particolare caso insieme a Sonia Bergamasco e Claudio Amendola.

In questo film, che uscirà nelle sale italiane nel periodo post natalizio, si assisterà all’incontro tra Giovanni (Albanese), intellettuale impegnato nell’integrazione sociale, e Monica (Cortellesi), ex cassiera di un supermercato, che vive in uno dei quartieri più malfamati di Roma. Il motivo di questo avvicinamento è l’inizio di una relazione tra la figlia di Antonio e il figlio di Monica, ritenuta da entrambi i genitori impossibile. Entrambi gli adulti metteranno gradualmente da parte i propri pregiudizi per lasciare spazio esclusivamente alla felicità dei propri figli.

Con Come un gatto in tangenziale Riccardo Milani torna a parlare dei drammi della società italiana, ma col sorriso sulle labbra

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Fin dai primi minuti di Come un gatto in tangenziale, ci si stupisce quanto il film voglia intraprendere un discorso leggermente più ampio sulla società italiana, facendo luce su alcune sue problematiche, soprattutto per quanto riguarda l’integrazione tra persone completamente differenti, come aveva già provato a fare lo stesso Riccardo Milani con il suo Scusate se esisto.

La problematica che emerge in maniera ingente è la totale mancanza di spunti, innovativi o meno: la critica col sorriso di Milani non funziona proprio perché mancano i momenti nei quali la risata viene suscitata, ma allo stesso tempo lo sguardo del regista tratta le tematiche che potrebbero essere interessanti in maniera anonima. Il livello di comicità tende a mantenersi sofisticato, senza trovate volgari o grette, ma in questo modo escludendo la possibilità di costruire gag che possano veramente centrare il bersaglio. Manca quindi la satira pungente che avrebbe assolutamente giovato al prodotto, che tende a somigliare ad una marginale favoletta con morale trita e ritrita inclusa nel pacchetto.

Come un gatto in tangenziali: gli attori fanno il loro lavoro, ma mancano una regia e una sceneggiatura all’altezza

Paola Cortellesi e Antonio Albanese provano a salvare il tutto portando sullo schermo personaggi per nulla definiti al massimo delle loro capacità attoriali, ma che rimangono macchiette bidimensionali per nulla capaci di raggiungere lo spettatore per colpa della banalità del prodotto finale.

Il risultato viene addirittura appesantito dalla messa in scena televisiva di Milani e dalla fotografia patinata, che dimostrano quanto la commedia nostrana anche più intellettuale sia parecchi passi indietro rispetto a quella del panorama europeo.

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Non basta il simpatico, seppur breve, ruolo di Claudio Amendola, bizzarro stereotipo del carcerato di Rebibbia (che rimane in ogni caso il personaggio in grado di scatenare le uniche vere risate del pubblico in sala anche senza battute particolarmente rilevanti), o la buona alchimia tra la Cortellesi e Albanesi, già rodata con il precedente Mamma e papà.

A Come un gatto in tangenziale va rimarcato l’errore di non osare in alcun caso, di non sbilanciarsi nel registro stilistico o nella scrittura dei personaggi, semplici figurine che diventano portavoce di un messaggio quasi sussurrato timidamente (per quanto esso sia esposto senza alcun minimo guizzo artistico).

Con la speranza che la prossima opera di Milani sia in grado di aggiungere, alla grande performance degli interpreti, anche un tocco che vada oltre i già noti luoghi comuni, vi ricordiamo che il film esce nelle sale italiane il 28 dicembre 2018.

Regia - 1.5
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 1.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 1

1.7