Cannes 2021 – Mes frères et moi: recensione del film di Yohan Manca

Mes frères et moi gioca su un sentimento di facile tenerezza, che avvicina il pubblico e lo lascia lì, in attesa che davanti ai suoi occhi si vada oltre la banale enunciazione di un racconto banale.

Presentato nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2021, Mes frères et moi racconta di ambizioni che si scontrano con la realtà e di un mondo che attira molti come un Eldorado per poi tradire puntualmente le loro aspettative. Nour è il più piccolo di quattro fratelli, il padre è morto da tempo, mentre la madre riposa in coma in attesa di morire sul letto della sua camera nella casa di famiglia.

Immigrati nel sud della Francia, i genitori dei quattro fratelli sono arrivati come molti pensando di compiere tutti i loro sogni mentre adesso, a più di una generazione di distanza, sono tante le persone che scelgono di abbandonare questo porto che li ha attirati con ricche promesse e poi traditi. Nour è appassionato di lirica e de La Traviata in particolare perché vorrebbe cantarla alla madre come a suo tempo faceva suo padre per conquistarla. Questa passione del fratellino non è per niente vista di buon occhio da parte dei fratelli maggiori che ogni giorno durano fatica per guadagnare soldi e cibo, cercando per quanto possibile di tenersi fuori dai guai. Lo speciale rapporto tra Nour e un’insegnante di canto dà modo a questa famiglia di rimettere in discussione equilibri e decisioni ormai sorpassate.

Mes fréres et moi - Cinematographe.it

Mes frères et moi: fra immagini poetiche e comicità pungente

Yohan Manca cerca con Mes frères et moi di creare delle immagini poetiche (lo sguardo finale) giustapponendo cultura alta e bassa (portare l’opera nei sobborghi di una città portuale della provincia francese) e avvalendosi di momenti di comicità pungente. In realtà, purtroppo, poco di tutto questo accade. Gli espedienti di trama si rivelano spesso e volentieri banali e patetici, scardinando tutte le possibilità di un soggetto di partenza che potrebbe essere interessante da sviluppare. Queste scelte narrative contribuiscono a far perdere di credibilità tutta la vicenda, con il risultato che tutto sembra esasperato e artefatto: dal blitz della polizia all’indifferenza dei fratelli maggiori, dalle esplosioni di rabbia di uno di loro alla carriera da escort di un altro, tutto appare inutilmente stigmatizzato in ruoli definiti dagli stereotipi. Sono soprattutto i personaggi secondari a trovarsi rinchiusi in ruoli statici e quasi macchiettistici per la loro fissità e prevedibilità, mentre Nour, interpretato da un promettente Moncef Farfar, dimostra di essere il protagonista assoluto e di aver ricevuto un trattamento più sviluppato rispetto agli altri in fase di sceneggiatura.

Mes fréres et moi - Cinematographe.it

Ci sono degli spunti interessanti in Mes frères et moi, soprattutto l’idea già citata del tradimento delle promesse da parte di un mondo sognato che poi non trova riscontro nella realtà. Le condizioni dei fratelli sono universali e potrebbero applicarsi ovunque, proprio per la loro totale occupazione nella lotta per la sopravvivenza fatta di un labile confine tra lecito e non, con le conseguenti difficoltà di rimanere in equilibrio tra ciò che è giusto e ciò che è necessario, tra ciò che la legge dice e ciò che il bene comune giustifica. Il mondo di Nour è così definito da una rinnovata speranza di evasione, che termina con la volontà di partire e inseguire il sogno delle arie de La Traviata o forse solo quelli di minor violenza, non fosse altro per allontanarsi da un mondo totalmente maschile, la cui unica via di fuga è (guarda caso) una classe di canto tutta al femminile. Mes frères et moi gioca su un sentimento di facile tenerezza, che avvicina il pubblico e lo lascia lì, in attesa che davanti ai suoi occhi si vada oltre la banale enunciazione di un racconto banale: non succederà.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.3