Cannes 2021 – De son vivant: recensione del film di Emmanuelle Berçot

De son vivant riesce nel suo obiettivo pur accontentandosi delle lacrime degli spettatori senza mirare, probabilmente, al loro apprezzamento artistico.

Tirate fuori i fazzoletti e preparatevi a piangere dall’inizio alla fine di De son vivant di Emmanuelle Berçot, un film che sembra architettato apposta per provocare lacrime e commozione, non tanto per la storia narrata, quanto per l’immedesimazione e le riflessioni che essa provoca.
Benjamin è un trentanovenne insegnante di recitazione, una persona come tante, né da santificare né da biasimare. Scopre di avere un tumore al pancreas ormai in stadio avanzato che lo condanna a pochi mesi di vita: dopo un iniziale rifiuto delle cure, Benjamin inizia un percorso insieme alla madre che lo accompagna fino al termine della sua esistenza, circondato dalle cure del Dr. Eddé e della D.ssa Eugénie. Altri personaggi popolano la vita del giovane malato, ma avendo deciso di lasciarli categoricamente all’oscuro della sua situazione possono solo assistere a distanza allo spettacolo della fine della vita.

De son vivant è ambientato quasi interamente all’interno dell’ospedale che ospita Benjamin, un luogo dove tra ambulatori e stanze private, sono tante le vite che si intrecciano. Il film si concentra appunto su quella di Benjamin ma pone riflessioni universali, che mettono ogni singolo spettatore di fronte a domande spesso sopite relative al proprio presente e al proprio passato.

De son vivant: un film ben realizzato dal punto di vista formale ma non particolarmente innovativo

Dal punto di vista tecnico e attoriale, De son vivant è senza dubbio un film ben realizzato e ben prodotto, con gli interpreti sempre in parte e con scelte fotografiche e musicali che fanno da catalizzatori per l’avvicinamento del pubblico ai personaggi. Non si può certo parlare di una produzione innovativa o particolarmente esposta da un punto di vista registico: De son vivant si limita in un certo senso a raccontare i fatti, giocando su temi e situazioni che già da soli riempiono lo schermo e il pensiero degli spettatori. Del resto, soluzioni artistiche più articolate o più impegnative in campo diegetico, avrebbero forse distratto il pubblico da uno stato d’animo di fatto fondamentale alla riuscita del film. Certe domande, certi pensieri riempiono gli occhi e la testa del pubblico in maniera così imponente che è davvero difficile sfuggire alle distrazioni e non farsi inghiottire dalle immagini evocate: con un soggetto come questo, ogni scelta narrativa risulta eccessiva e, in qualche caso, fuori luogo.

Il risultato finale è un film un po’ piacione, che non rischia particolarmente su nessun livello, in virtù di un focus tematico ingombrante e difficilmente gestibile in ambito diegetico, anche se alcuni momenti (le foto sul muro, la canzone sul finale) spingono con forza verso il patetico. L’intero filone narrativo del figlio non riconosciuto, che fa il suo ingresso in scena a metà del film, potrebbe risultare una forzatura non necessaria, così come l’ambiguo rapporto con la dottoressa Eugénie, del tutto superfluo alla riuscita del racconto e fuorviante rispetto ai temi affrontati.

Se, in altre parole, Emmanuelle Berçot aveva sentito il bisogno di aggiungere carne al fuoco in De son vivant, sarebbe forse stato meglio optare per uno sviluppo artistico e tecnico, anziché riversare risorse ed energie in soluzioni stucchevoli e di fronte alle quali si getta ogni argomentazione di difesa. Tanto inattaccabile a livello di coinvolgimento emotivo quanto semplicistico a livello narrativo, De son vivant riesce nel suo obiettivo pur accontentandosi delle lacrime degli spettatori senza mirare, probabilmente, al loro apprezzamento artistico. Presentato Fuori concorso al Festival di Cannes 2021, De son vivant dovrebbe arrivare nelle sale francesi già questo autunno.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 5

3