Brick: recensione del thriller Netflix

La recensione del thriller con elementi paranormali e di fantascienza diretto da Philip Koch, disponibile dal 10 luglio 2025 su Netflix.

La Settima Arte ci ha dimostrato più e più volte che non esistono luoghi sicuri quando si tratta di thriller, tantomeno il focolaio domestico che in svariate occasioni abbiamo visto trasformarsi in una vera e propria trappola dalla quale è impossibile fuggire. È il caso di Brick, il film scritto e diretto da Philip Koch, regista noto per il cyber-thriller Friend Request, distribuito da Netflix a partire dal 10 luglio 2025. Il cineasta e sceneggiatore tedesco ci porta al seguito di Tim e Olivia, una coppia in crisi che si risveglia una mattina prigioniera nel proprio appartamento. Tutto sembra normale, ma presto si accorgono che l’intera palazzina, nella notte, è stata circondata inspiegabilmente da un impenetrabile muro di mattoni. Tagliati fuori dal mondo e impossibilitati a comunicare con l’esterno per via dell’assenza della linea telefonica e di internet, i due non sono soli nella soffocante ansia creata dalla barriera. Con loro ci sono infatti tutti gli altri abitanti dello stabile. Con il tempo che diventa un nemico sempre più grande e la crescente claustrofobia, i protagonisti si troveranno costretti a collaborare con i diffidenti condomini, cercando una via di fuga e, al tempo stesso, mettendo insieme i pezzi per scoprire chi abbia costruito quel muro.

In Brick, la topografia claustrale, soffocante e ansiogena, diventa il campo di una battaglia mentale e di nervi, prima ancora che fisica

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Koch, che ha all’attivo anche l’interessante horror psicologico Picco e la meno convincente action-comedy Outside the Box, segue le orme di thriller psicologici come Cube, Escape Room e The Platform, sfruttando il tema del confinamento e della paranoia collettiva. Le regole d’ingaggio sia per l’autore che per il pubblico sono ben note, poiché Brick fa parte di quei progetti audiovisivi che si rifanno a un filone che non ha bisogno del libretto d’istruzione per essere fruiti. La topografia claustrale, soffocante e ansiogena, diventa il campo di una battaglia mentale e di nervi, prima ancora che fisica. Intrappolati senza spiegazioni, come le pedine di quello che sulla carta visti i precedenti sembra essere l’ennesimo sadico gioco letale in modalità kammerspiel, i residenti devono superare le loro tensioni e unirsi per cercare di capire questa strana situazione e uscirne. Ed è su questa ambiguità relativa alla situazione, tenuta nascosta per gran parte della timeline, che l’autore fa leva per tenere a sé l’attenzione dello spettatore di turno. Eppure gli indizi seminati sin dai primi minuti lasciano ampiamente intuire che nella base gialla sono stati impiantati una serie di elementi paranormali e fantascientifici per confondere le carte in tavola.

Brick si disinnesca automaticamente, lasciando scemare la tensione e vanificando le potenzialità di un’interessante idea iniziale

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Agli sviluppi l’ardua sentenza, ma non aspettatevi scossoni e rivelazioni clamorose, poiché a conti fatti la montagna come da proverbio partorirà un topolino, mandando in frantumi le premesse e le potenzialità di un’idea di partenza che incuriosiva e prometteva bene. Suo e nostro malgrado si assista a un’occasione persa, gettata al vento da da una scrittura e da una trasposizione che si barcamena strada facendo alla disperata ricerca di colpi di scena che si riveleranno dei buchi nell’acqua. Brick in tal senso si disinnesca automaticamente, lasciando scemare la tensione. E a pagare lo scotto sono i personaggi e il pubblico, destinati a rimanere a bocca asciutta a causa dell’incapacità di colui che ha scritto e diretto il film in questione di dare consistenza e suspence all’impianto mistery. Ai primi, interpretati con nemmeno troppa convinzione da Matthias Schweighöfer e Ruby O. Fee, si prova a dare maggiore spessore facendo emergere dal loro passato un dramma familiare che ha segnato in maniera indelebile il loro rapporto. Il tutto però si perde nei meandri di una scrittura che si serve e non fa altro che strumentalizzare il suddetto dramma per provare ad alzare la temperatura emotiva. Tentativo per quanto ci riguarda non andato a buon fine.

Brick: valutazione e conclusione          

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Il tedesco Philip Koch mescola thriller e sci-fi per dare forma a un kammerspiel claustrale in cui ansia e tensione si sciolgono come neve al sole. Brick getta letteralmente al vento quelle che erano le buone premesse e le potenzialità mistery di un’interessante idea iniziale. Pur seguendo regole d’ingaggio già ampiamente codificate e collaudate il regista bavarese manda in frantumi l’impianto giallo, offrendo allo spettatore una storia e dei personaggi che perdono rapidamente di efficacia per lasciare campo libero a soluzioni e costruzioni prive di mordente e qualità. Gli sviluppi con lo scorrere dei minuti si fanno tanto prevedibili quanto inconsistenti, alla pari dei personaggi che rimangono stereotipati e bidimensionali nel disegno. Il risultato è l’ennesima occasione persa in un filone nel quale proporre qualcosa di originale sembra sempre di più un’impresa impossibile.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

2.3

Tags: Netflix