Venezia 79 – Bardo: recensione del film di Alejandro G. Iñárritu

La recensione di Bardo: la cronaca falsa di alcune verità, film di Alejandro G. Iñárritu con Daniel Giménez Cacho presentato a Venezia 2022.

Per due volte candidato al Leone d’oro con 21 grammi (2003) e Birdman (2014), Alejandro G. Iñárritu fa ritorno al cinema con Bardo: la cronaca falsa di alcune verità, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2022. Abituato a far attendere i propri estimatori, il regista messicano firma il nuovo lavoro, targato Netflix, a 7 anni di distanza da Revenant – Redivivo (2015), che gli valse il premio Oscar alla regia. Nuovamente aiutato nella sceneggiatura da Nicolás Giacobone, premiato dall’Academy per il suo lavoro in Birdman, Iñárritu torna a raccontare il suo Messico, ragionando sulla memoria e sulla capacità del cinema di catturare la verità.

Il film racconta la vita di Silverio (Daniel Giménez Cacho), giornalista e documentarista messicano ormai losangelino di adozione, che dopo una lunga carriera sta per ricevere negli Stati Uniti un prestigioso riconoscimento per la sua integrità professionale. Tra sogno e realtà, il titolo monitora le tappe che separano il protagonista dalla cerimonia di premiazione, in vista del quale il cineasta si ritrova a riflettere sull’uomo che è diventato.

Danzando tra realtà e finzione, Bardo: la cronaca falsa di alcune verità ragiona sulla natura della memoria e del cinema insieme

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Bardo: la cronaca falsa di alcune verità prosegue l’impronta stilistica assunta da Iñárritu a partire dal film che vedeva Michael Keaton nei panni del protagonista di una pièce: lunghi piani sequenza, scene di massa minuziosamente coreografate, immagini distorte dai grandangoli e prospettive esasperate. Nei toni, il titolo abbraccia la mistura di commedia e dramma caratteristica di Birdman, in cui il regista adoperava la tecnica per riflettere il farsesco mondo teatrale e il nevroticismo del suo primo attore, rendendo stavolta palcoscenico la mente stessa di Silverio, che (si) racconta la propria vita, tra rimpianti e gioie, senza tuttavia che l’esserne protagonista ne renda affidabile la ricostruzione da parte sua.

Ritenere che la memoria sia un deposito a cui attingere per rivivere un passato immune da travisamenti è un’ingenuità e Iñárritu suggerisce che parimenti nemmeno un film (o una fotografia, una registrazione qualsiasi) possa fregiarsi di tale potere. Nel descrivere la vita di Silverio e della sua famiglia, il lungometraggio mente continuamente, inganna, ci induce delle aspettative che il regista poi infrange con un semplice movimento di macchina. Una continua danza fra realtà e finzione che affonda le radici nella natura stessa del mezzo cinematografico. Un concetto che da sempre ispira gli autori e su cui negli ultimi anni ha riflettuto ad esempio Tim Burton, che con il suo Big Fish giungeva alla medesima conclusione per cui ogni racconto ha origine dall’artificio, più o meno consapevole, senza tuttavia che questo lo renda necessariamente meno onesto.

Da Fellini e Buñuel, Alejandro G. Iñárritu naviga tra riferimenti ai grandi maestri e uno strabordare di sottotemi

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Nelle sue quasi tre ore di durata, il titolo vuole però essere molto più di una riflessione sulla linea che separa vero e inventato all’interno di una crisi di mezza età. Dal colonialismo alla religione, dallo squallore dei talk show alla povertà sistemica del Sudamerica, il film investe il pubblico come un’onda con le proprie argomentazioni. In ciò, la fatica di Iñárritu mostra in parte il fianco scoperto, con il fare magniloquente ormai consueto del cineasta che distoglie dal cuore pulsante della vicenda costituito dal mal du vivre che attanaglia il protagonista. Nei chiari riferimenti felliniani e bunueliani, ma anche nelle sue immagini dalla retorica a volte ridondante, Bardo rischia di inciampare nella propria ambizione. Ciononostante, è indubbio che al sopraggiungere dei titoli di coda lo spettatore sia consapevole di aver vissuto un’esperienza che lo costringe (in bene) a ragionare su quanto appena visto e a trovare da sé un senso totale agli innumerevoli spunti di cui l’opera vive.

Un film che non è comunque mero esercizio tecnico e intellettuale, che fa anzi della parte emotiva una propria colonna portante contando su un Daniel Giménez Cacho in stato di grazia nel ruolo di un cineasta che, nonostante il successo, è corroso dal rimpianto di non aver avuto una vita diversa e di non averla soprattutto data alla propria famiglia. Sebbene lo stile altisonante, con punte di grottesco, che esibisce Iñárritu colpisca per le sue immagini visivamente eloquenti, il lavoro del premio Oscar è ugualmente forte nei momenti più raccolti, in cui il protagonista si abbandona all’intimità e all’affetto dei propri cari. Un interprete principale che può appoggiarsi all’eccezionale cast di comprimari, da Griselda Siciliani nella parte della moglie di Silverio ai giovani Íker Sánchez Solano e Ximena Lamadrid nei panni dei figli. Una famiglia a cui Iñárritu infonde dignità rifiutando di ridurne i componenti a pochi tratti abbozzati, conferendo loro dialoghi che, nelle scene di amore così come in quelle di alterchi, scolpiscono il quadro della famiglia di pari passo con le personalità individuali dei suoi membri.

Bardo: la cronaca falsa di alcune verità è un’esperienza cinematografica con la “E” maiuscola

Bardo, Alejandro G. Iñárritu

Ormai sulla soglia dei 60 anni, Iñárritu combina così i dubbi in linea con un uomo della sua età con la forza espressiva che, sin dai primi lavori, non ha mai abbandonato l’autore di Città del Messico. Proseguendo la strada inaugurata con Birdman, il regista semmai alza ancor più l’asticella, imbastendo uno spettacolo per gli occhi e per la mente. Con il bendidio di temi che il film pone sulla tavola, il rischio che questi perda la propria rotta è senz’altro presente, ma Iñárritu dà prova ancora una volta di essere un abile artigiano capace di allestire un’esperienza cinematografica con la “E” maiuscola, che più che mai implora a gran voce di essere vissuta sul grande schermo.

Disponibile su Netflix dal 16 dicembre 2022, dopo un passaggio nelle sale a partire dal 16 novembre in collaborazione con Lucky Red, Bardo: la cronaca falsa di alcune verità è il settimo lungometraggio di Alejandro G. Iñárritu. Il cast è composto da Daniel Giménez Cacho, Griselda Siciliani, Íker Sánchez Solano, Ximena Lamadrid, Andrés Almeida e Francisco Rubio.

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Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 4

4.2