Barbarian: recensione dell’horror disponibile su Disney+

Barbarian, regia di Zach Cregger, con Georgina Campbell, Bill Skarsgård e Justin Long, è un horror opprimente e riuscito ambientato a Detroit. Dal 26 ottobre 2022 su Disney+.

Negli Stati Uniti ha messo d’accordo tutti, pubblico e critica, con sorprendente rapidità. Barbarian, regia e sceneggiatura di Zach Cregger, è un horror solido e convincente. In Italia arriva il 26 ottobre 2022 su Disney+. Mancheranno, da noi, il rito, i brividi collettivi, la condivisione in presenza, constatazione malinconica perché in America le cose sono andate davvero bene e non solo in termini di incassi complessivi ma anche di tenuta in sala. Il pubblico italiano dovrà accontentarsi, si fa per dire, della visione domestica, cui la storia comunque si sposa bene.

Barbarian cinematographe.it recensione

Nel cast Georgina Campbell, Bill Skarsgård, Justin Long. Horror d’atmosfera, claustrofobico e opprimente, puntellato da incursioni, forse anche qualcosa in più, di lancinante brutalità. Soddisferanno i palati più esigenti e sazieranno la curiosità senza impegno dello spettatore ad alto tasso di casualità. Il match sotterraneo che decide del destino di un horror, di qualunque horror, ha molto a che vedere con la ricerca di un equilibrio di compromesso tra il fascino evocativo dell’atmosfera e il bisogno di carnalità del genere. Barbarian armonizza gli estremi nel quadro di un racconto che non flirta con la sottigliezza, quando si tratta di mettere le carte in tavola. E non brilla per originalità dirompente. Ma che sa esprimere, al netto di qualche perplessità narrativa, una visceralità e una suspense che conquistano.

Barbarian comincia con una casa condivisa nella zona più degradata di Detroit

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Come somma di incubi piccoli e grandi, Barbarian comincia con uno tutto sommato prosaico. Ma che il pubblico, specialmente quello femminile, “sente” d’istinto. D’altronde, c’è qualcosa di peggio del muro di gomma di un piccolo ma potenzialmente inestricabile errore burocratico? Le cose, per Tessa (Georgina Campbell) cominciano maluccio. A Detroit per un colloquio di lavoro, una regista di documentari cerca una persona che sia in grado di far ricerche per i suoi film, prende in affitto una casa su Airbnb nel quartiere più degradato e inquietante della città. Se ne rende conto solo a giochi fatti perché arriva di notte ed è stanchissima, ma questa è solo una piccola parte del problema. Il problema, è che a casa sua ci abita già qualcuno.

Da questa angolazione, la premessa sembra evocare un vaghissimo retrogusto lynchiano ma si tratta dell’impressione di un momento, la storia ha altre priorità. Il più classico degli intoppi organizzativi e Tessa e Keith (Bill Skarsgård) scoprono di aver affittato la stessa casa ma è già buio e, seguendo il consiglio di lui, Tessa decide di restare. Keith è strano. Ha un carisma incerto e nervoso e la donna non capisce come stiano effettivamente le cose: nasconde qualcosa o la sua indecifrabilità è semplicemente il risultato di una sveglia improvvisa nel pieno della notte? Non passava di lì per caso, Bill “Pennywise” Skarsgård. Per un film che non cerca di andare tropo per il sottile quando si tratta di definire il suo spettro tematico, Barbarian coltiva, salutare contraddizione, una forte ambiguità nella definizione delle psicologie. Comincia a lavorarci sopra già al momento di scegliere le facce.

Il punto per Tessa non è solo decifrare l’enigmatica personalità di Keith e la fondatezza delle sue intenzioni, ma anche appurare se l’uomo si è reso conto che c’è qualcosa che non va nel seminterrato. Una soluzione interessante, che funziona sulla pagina ma che Zach Cregger sa valorizzare anche e soprattutto come idea di regia, spezza felicemente il ritmo della narrazione per portarci mille miglia lontano da Detroit e introdurre nuovi personaggi. E poi trascinarli meticolosamente nell’abisso. Barbarian ci ricorre due volte, della seconda non si può proprio parlare, della prima invece possiamo ed è proprio così che facciamo la conoscenza di AJ (Justin Long). Fa l’attore in California e gli va tutto bene fino al giorno in cui le cose smettono di andargli bene. L’accusa, per un maschio eterosessuale che lavora nello show business, intuibile. AJ è cancellato e per un motivo o per un altro crede che a Detroit, proprio in quella casa lì, possa trovare una boccata d’aria. Non ha fatto i conti con il seminterrato.

Barbarian parla di scelte e di donne che lottano contro una minaccia specifica

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Detroit, minestrone di gloria (novecentesca) ormai appassita e un presente ultradegradato e post-industriale che non esclude però la possibilità di una rinascita. Lo sfondo è la periferia dimenticata dagli uomini, prima ancora che da Dio, con tutto il carico di mostruosità simboliche e non che infestano il tracciato di sobborghi svuotati di ogni contenuto; il centro benestante si intravede per un momento, ma sembrano immagini e riferimenti di un pianeta altro, distante anni luce dal cuore della storia. La vita di una donna, di qualunque donna, è lotta per uno spazio di libertà e di vita, quel tanto di ossigeno al riparo dalla minaccia di una violazione. Su questi due cardini, l’uno sociale, l’altro femminile se non femminista, Barbarian innesta il suo discorso.

Un discorso che sa di scelte e conseguenze, di apparenze che ingannano, di femminilità distorta e in modo perverso ricostruita. Di mascolinità tossica e di emancipazione, anche attraverso la violenza. Scegliere bene è ciò che conta e non è un caso che il film premi Tessa/ Georgina Campbell con una centralità meritata, perché la sua capacità di stare in mezzo all’orrore e di affrontare qualunque cosa stia nascosta nell’ombra con coraggio, dignità ed empatia contrasta l’immaturità di alcuni, non tutti però, partner maschili.

L’ambiguità vale soprattutto per la platea maschile, il film all’inizio non ha premura di chiarire da che parte può arrivare la minaccia, se dall’inquietudine di Bill Skarsgård o dall’interiorità molto più complicata e negativa di Justin Long. Zach Cregger riversa nella definizione delle psicologie maschili il vissuto attoriale dei due interpreti, per giocare a disorientare lo spettatore e mettere in discussione i limiti di una percezione stereotipata. Per il resto, funziona molto bene l’oppressione di un’atmosfera onirica, nel senso più sbagliato possibile. Manca la volontà di contrabbandare i temi con più sottigliezza nel corpo del racconto e non tutto convince, narrativamente parlando, proprio sul finale. Ma Barbarian ce la fa comunque, perché ha dalla sua un brio e una vitalità rinfrescanti per il genere. Il tempo aiuterà Zach Cregger ad affinare le possibilità del suo estro autoriale, che qui si intravedono, promettenti.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2