Autumn Beat: recensione del film Prime Video di Antonio Dikele Distefano

La recensione del nuovo film Original italiano targato Amazon, che segna il debutto alla regia dello scrittore, autore e sceneggiatore Antonio Dikele Distefano. Dal 10 novembre 2022 su Prime Video.

Smaltita la cocente delusione per la cancellazione da parte di Netflix dopo una sola stagione e una manciata di episodi all’attivo di Zero, la serie superhero-drama liberamente ispirata al suo romanzo Non ho mai avuto la mia età, lo scrittore, autore e sceneggiatore Antonio Dikele Distefano si è tuffato subito in una nuova avventura, quella dietro la macchina da presa. Lo ha fatto a un anno di distanza entrando nella Home for Talent di Prime Video, con il quale ha siglato un overall deal del quale Autumn Beat, il suo esordio alla regia nel lungometraggio, è il primo tassello. In uscita sulla piattaforma targata Amazon il 10 novembre 2022, il nuovo film Original italiano si basa sul romanzo pubblicato per Rizzoli dal titolo Qua è rimasto autunno, che racconta la storia di due fratelli, Paco e Tito, cresciuti a Milano con lo stesso sogno, quello di sfondare nel mondo del rap e farsi sentire attraverso la musica. I due si dividono i compiti, con il primo che è il performer e il secondo l’autore dei testi, ma quando sembrano avere imboccato una volta per tutte la strada del successo, l’ambizione, la vita e l’amore per la stessa donna arrivano a scombinare i piani e a mettere alla prova il loro legame.

Con Autumn Beat, Antonio Dikele Distefano dipinge un ritratto personale e originale della seconda generazione di neri italiani

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Antonio Dikele Distefano come in Zero torna a dipingere un ritratto personale e originale della seconda generazione di neri italiani. Lo fa però in maniera diversa e da una posizione diversa, quella di regista di un romanzo di formazione che è al contempo anche una saga familiare in tre atti che si snoda in altrettanti decenni e fasi dell’esistenza dei protagonisti, con una modalità che ricorda This Is Us e La meglio gioventù. Partendo dalla matrice letteraria, che fa eco e attinge a sua volta a spunti autobiografici che vengono dal vissuto, dalle esperienze artistiche, dall’osservazione e dall’ascolto della realtà che i suoi occhi e le sue orecchie hanno catturato in questi anni, l’autore porta sullo schermo un film che accarezza e pizzica le corde del cuore facendole suonare e vibrare attraverso la musica. Il flusso narrativo non lineare del racconto che passa da stagione in stagione ha come leit motiv e anello di congiunzione il rap. E non poteva essere altrimenti per Dikele che nell’hip hop ha mosso i primi passi e con l’hip hop è cresciuto sino a diventare l’artista a tutto tondo che stiamo scoprendo, conoscendo e imparando ad amare.

Autumn Beat non è e non vuole essere un film sul rap e sulla scena hip hop nostrana

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Autumn Beat però non è e non vuole essere un film sul rap e sulla scena hip hop nostrana, nonostante il flow, le barre, i beat, il freestyle e le battle non manchino mai e i personaggi di quel genere parlino e vivano sempre e comunque. Quello l’autore lo lascia a pellicole dichiaratamente più focalizzate sul tema come Zeta di Cosimo Alemà. In questo mondo, lo scrittore prima e il regista poi ci pianta un seme dal quale germoglierà una storia di formazione istruttiva e attuale, diretta a un pubblico di tutte le età, nel quale si affrontano senza timori temi universali come i legami affettivi e l’inseguimento dei propri sogni. Il rap e la musica sono il viatico e l’espressione, non il baricentro su e intorno al quale ruota il plot. Tutto cambia, mentre quello resta, accompagnando gli atti e gli highlights della vita dei due protagonisti, dal loro essere adolescenti alla maturità, dal loro essere fratelli, poi figli e ora padri.

Una storia che fa delle emozioni cangianti il carburante che ne alimenta il motore drammaturgico

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Da questo viaggio nel tempo e nello spazio, che riavvolge le lancette dell’orologio e i fili di due esistenze vicine e poi lontane, nasce una storia che fa delle emozioni cangianti il carburante che ne alimenta il motore drammaturgico. Un motore che fa qualche capriccio di tanto in tanto, dilungandosi o girando intorno a situazioni e dinamiche, ma che non si inceppa mai. Si ride, si piange, si spera e ci si dispera, seguendo passo dopo passo il cammino in salita di Tito e Paco. Merito di una scrittura, di una messa in quadro e di un lavoro davanti la macchina da presa di un cast convincente dove figurano talenti di sicura prospettiva e anche guest star del mondo del rap che danno il loro contributo alla causa come Gué Pequeno, Sfera Ebbasta ed Ernia.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.6