Aquaman e il Regno Perduto: recensione del film con Jason Momoa

Con Jason Momoa, Nicole Kidman e Patrick Wilson, Aquaman e il Regno Perduto, in sala dal 20 dicembre 2023, è un cinecomic ambientalista e la storia di due fratelli. Regia di James Wan. Poco oltre il film, il nuovo corso DC si avvicina.

Un po’ di statistica non guasta. A cinque anni dal primo film, terzo della DC per il 2023, ultimo dell’anno e penultimo in assoluto (in live action) dell’universo cinematografico prima della riscrittura firmata James Gunn. Gli storici parlerebbero di Basso Impero (la fine dell’impero) per illustrare il timing di Aquaman e il Regno Perduto, nelle sale italiane il 20 dicembre 2023, regia di James Wan e distribuzione Warner Bros Italia. Le prossime versioni del personaggio, chiunque sia il regista – soprattutto, chiunque sia il protagonista – tradiranno punti di vista e angolazioni “altre”. Se si va oltre il piacere dello spettacolo duro e puro e si tenta di leggere un po’ più in profondità si avverte nel film, magari in modo non intenzionale, un retrogusto da lungo addio. Jason Momoa, in realtà, sembra divertirsi ancora parecchio.

Aquaman e il Regno Perduto cinematographe.it recensione

L’epica scanzonata e giocosa di Aquaman e il Regno Perduto, l’immaturità controllata del protagonista, messa in secondo piano – quando è necessario – dalla fermezza e l’altruismo di un vero leader, gli vanno molto a genio. Di regola, è il personaggio che va cucito sull’attore, non il contrario. Così è, fortunatamente, anche in questo caso. Il resto del cast, con tanti bei ritorni, prevede Patrick Wilson, Amber Heard, Nicole Kidman, Yahya Abdul-Mateen II, Dolph Lundgren. Ancora una volta, Arthur Curry – Aquaman è un uomo diviso a metà.

Aquaman e il Regno Perduto: una minaccia ambientale seria, un’improbabile coppia di eroi

Aquaman e il Regno Perduto cinematographe.it

La vita da Re di Atlantide è una faticaccia, dice Aquaman. C’è tutta una componente di politica, dibattiti, procedure parlamentari che non aveva messo in conto e che cozzano con il suo senso della vita (e dell’avventura). Eppure, nonostante l’esuberanza poco consona a una figura istituzionale e la fastidiosa tendenza a perdere il filo del discorso, addormentandosi, quando non dovrebbe, Arthur è il sovrano perfetto per il suo bel regno. Proprio perché è un uomo diviso a metà. La sua casa è la terra e il mare.

L’unico, ad Atlantide, ad essere contemporaneamente figlio del sopra e del sotto. Così può fare da intermediario, il primo passo per costruire relazioni armoniose. Atlantide disapprova quelli del piano di sopra, non a torto; dei terrestri in fondo al mare arriva soprattutto la spazzatura. L’ambiente è una grossa preoccupazione per Aquaman e il Regno Perduto. I problemi arrivano con Black Manta, o più semplicemente Manta (Yahya Abdul-Mateen II). Piange il padre scomparso, ha un conto da saldare con Aquaman. Si avventura nelle profondità insondate dei ghiacci artici e qui trova un artefatto “alieno”. Più di uno, in realtà, funzionano tutti alla perfezione nonostante l’età. Trova pure un tridente nero. A ricomporlo, si acquisisce una forza straordinaria. Questo, purché si ascoltino le indicazioni della voce demoniaca intrappolata nel tridente. Ha un piano e Manta è il suo strumento.

Perché il piano funzioni, senza spoilerare troppo, Manta deve recuperare l’oricalco, una materia prima preziosissima che, se usata, crea enormi danni ambientali. Infatti, sulla terraferma il clima impazzisce. Sott’acqua, si scatena un’epidemia di peste. Aquaman, marito di Mera (Amber Heard) e papà di Arthur Jr, vive contemporaneamente sopra e sotto il livello del mare. Deve molto a entrambe le comunità. Mera, il suocero Nereus (Dolph Lundgren), la madre Atlanna (Nicole Kidman) non gli bastano come alleati. Non sono sufficienti nemmeno gli scrupoli di coscienza del dottor Shin (Randall Park), storico collaboratore di Manta che disapprova i piani del capo. C’è bisogno di un aiuto ulteriore. Ed è così che Aquaman e il Regno Perduto mette insieme la coppia improbabile. Aquaman e Orm (Patrick Wilson), nemici giurati e fratellastri, l’attuale e il precedente Re di Atlantide – Orm sogna ancora di riprendersi la corona – devono seppellire il tridente di guerra per salvare il mondo dall’apocalisse ambientale e ricostruire il loro rapporto. Dio, clima e famiglia.

Un film alla ricerca del corretto equilibrio (tra un mucchio di cose)

Aquaman e il Regno Perduto cinematographe.it recensione

Finalmente, un cinecomic che si occupa di famiglia, non capita mai. Considerazioni ironiche a parte, non è sul piano della provocazione cinefila che vanno pesati meriti e vizi del 15esimo capitolo del DCEU (DC Extended Universe). Un po’ derivativo il film lo è senza dubbio, ma la cosa non sembra preoccupare troppo James Wan. E se è vero che il capitolo “paternità per Aquaman” è un amo lanciato ma non raccolto – il bambino giocherà comunque un ruolo nel pirotecnico finale – c’è un’altra cronaca familiare, il rapporto complicato tra Arthur e Orm, meritevole d’attenzione. Fratelli coltelli, pretendenti a un trono troppo piccolo per entrambi, nemici/ amici sulla falsariga della super coppia Thor – Loki. Aquaman e il Regno Perduto strizza l’occhio alla concorrenza, confidando nell’accostamento degli opposti: il fascino equilibrato e razionale di Patrick Wilson e la fisicità esuberante e sguaiata di Jason Momoa. Tutta questione di equilibrio. D’altronde è proprio il film a suggerirlo.

Equilibrio tra un mucchio di cose: tra sopra e sotto, tra mare e terra, tra fratelli. Tra le legittime aspirazioni di progresso e sviluppo dell’uomo e le necessità dell’ecosistema. Aquaman e il Regno Perduto è il primo cinecomic sguaiatamente ambientalista, senza ambiguità o sottigliezze a sfumarne l’elementare ma condivisibile morale. Arthur e Orm sono destinati a prevalere perché non sono soli. L’uno ha l’altro su cui fare affidamento, per quanto irritante e senza via d’uscita possa a volte sembrare la situazione. Manta, un serafico e maniacale Yahya Abdul-Mateen II, paga un’inconsolabile solitudine. Non c’è nessuno a distoglierlo dall’interferenza dei cattivi maestri, le voci nella testa. Attorno ai protagonisti, senza fare ombra, il trio Amber Heard, Dolph Lundgren e Nicole Kidman. Liquidata, quest’ultima, a un pugno di eloquenti e carismatici pistolotti e non è il massimo, ma i protagonisti sono altri e va accettato.

I protagonisti sono altri, ma per quanto tempo ancora? Le lancette dell’orologio corrono, manca solo Joker, il 2025 si avvicina. E con il 2025, la rivoluzione (chissà quanto) gentile operata da James Gunn sul corpo e l’anima dell’universo DC. Aquaman e il Regno Perduto è il cinecomic perfetto per questi tempi di transizione. Ha un cuore in sintonia con la contemporaneità (ambientalista), una tavolozza sentimentale rudimentale ma soddisfacente. Il suo è il limite di tanti film dello stesso genere: la difficoltà a trovare la quadra tra l’intrattenimento gioioso e scanzonato e la possibilità di alzare il tiro nelle riflessioni e nelle dinamiche narrative.

Aquaman e il Regno Perduto: conclusione e valutazione

Le cose che funzionano di Aquaman e il Regno Perduto sono essenzialmente due: il bel lavoro di James Wan sulla forza liquida e plastica di Atlantide. La dinamica fratelli-coltelli tra Patrick Wilson e Jason Momoa, quest’ultimo in pieno controllo dell’umorismo e dell’azione. Non un tripudio di originalità e non sempre abile a dosare l’anima popolare con un maggior grado di sofisticatezza, dei film DC del 2023 è comunque il più solido e quello capace di intercettare nella maniera più costruttiva le aspettative del pubblico.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.8