Abigail: recensione del film di Aleksandr Boguslavskiy

Su Amazon Prime Video un fantasy dal gusto steampunk. Prodotto nel 2019 ma dedicato a una pandemia, è un tentativo solo parzialmente riuscito di raccontare una storia per ragazzi fuori da ogni franchise.

Fantasy come non ne esistono più. Anzi, come non se ne guardano più. Nessun franchise o Universo narrativo. Solo una storia, con un gusto steampunk che ricorda La Bussola d’oro. A pensarci, Abigail sembra un film del 2007. Quando il fantasy cercava rivoli per grandi saghe, poi mai realizzate o solo accennate. Da Le Cronache di Narnia, tristemente arrestato dopo un pessimo terzo capitolo, a La Bussola d’oro, che dopo un tentativo al cinema è riapparso 14 anni dopo in forma seriale. Come da consuetudine odierna. Ma c’è chi oggi ci prova ancora, affrontando l’egemonia culturale che nel fantasy e nel sci-fi per ragazzi esercita l’abbinata Marvel/Disney. Ci hanno provato nel 2015 le sorelle Wachowski con Jupiter: il destino dell’universo – un flop – o Christian Rivers con Macchine Mortali. Neanche a dirlo, altro flop. Anzi, “il più grande flop del 2018 e una delle maggiori perdite della storia del cinema”, a citare Wikipedia.

L’ultimo tentativo, prima che la Pandemia rallentasse persino la Disney, arriva dalla Russia, ha grande cuore ma non manca di sbavature. Proprio quelle che ci si aspetterebbe da un fantasy di inizio duemila. Abigail, però, ha il pregio di offrire una pausa dalle grandi epiche fantasy degli universi narrativi. Offre una storia che vive di per sé. E anche per questo a volte sembra esagerare.

Dopo una distribuzione pressoché nulla in Europa e negli Stati Uniti d’America, Abigail, prodotto nel 2019, arriva su Amazon Prime Video. Non devono essere sfuggite al colosso dell’e-commerce due fortunate coincidenze. Da un lato Abigail racconta un mondo immerso in una pandemia, per altro con un piglio complottistico tipico delle distopie. Dall’altro arriva mentre Tenebre e Ossa, nuova serie TV di successo firmata Netflix, riporta in auge le atmosfere steampunk. E in Abigail c’è tutto ciò che un neofita del genere può desiderare: ingranaggi, magie e misteri.

“Abigail, Alza gli occhi e guarda il cielo”

Abigail cinematographe.it

Un confine invalicabile e una misteriosa pandemia. A riportare lo spettatore nel presente, dove un fantasy non dovrebbe mai sostare, c’è persino il coprifuoco. Ma il morbo che ha devastato il mondo della giovane Abigail potrebbe celare segreti. Lei lo sa bene. Il padre, ingegnere del governo, è stato ingiustificatamente deportato quando era solo una bambina. Da allora, rivive i ricordi di un’infanzia perduta, mentre attorno dilaga la tragedia. La città, cupa in un’ottocento europeo di marchingegni e polvere, come da tradizione steampunk, è infestata dai controllori. Sono funzionari governativi, assunti per l’identificazione e l’abbattimento degli infettati. Indossano una maschera che copre l’intero viso, in una ricostruzione fantasy dei dottori veneziani di epoca rinascimentale.

Ma il regno del terrore è destinato a crollare. Perché oltre il confine vive un mondo segreto. Abigail vira presto di tono e introduce una realtà magica. D’altronde, è una colonna sonora sui passi del John Williams potteriano ad aprire il film. Non sono però gli incredibili poteri che Abigail porta con sé a mostrarle la via della resistenza. La risposta è nei suoi ricordi, dove il padre le parla per insegnarle a crescere.

Coming of age classico in una veste di fumo e magia

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Abigail è un’eroina predestinata. Ma quando sarà chiamata a combattere con la resistenza dovrà decidere tra i propri intenti e il bene comune. La coincidenza tra i due è una rotta obbligata per il genere, anche se Abigail lo ribadisce con esagerata insistenza.

Non mancano articolazioni interessanti, come il padre che invita a una sorta di disobbedienza civile. “Ci sono occasioni in cui, se si vuole restare umani, bisogna dire di no; anche al re”. Del tutto priva di interesse è invece la relazione d’amore obbligata. Abigail si invaghisce del capo della resistenza e il bacio sul mondo liberato ne sancisce un amore senza supporto. Qui, Abigail rivela una sceneggiatura obsoleta e priva di un appeal contemporaneo.

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Senza paura di spoilerare possiamo riassumere così: basta avere fiducia in se stessi. Non è una perifrasi. Lo dicono davvero, testuali parole. Assieme a “segui il tuo cuore”. Ma non è un problema. Non del tutto. Abigail riesce altrove. Dove può mischiare la neve di una Russia ottocentesca con il fascino di un mondo incastrato in una pandemia senza soluzione. Il morbo prevede tre fasi, ma alla terza non ci si arriva vivi dice il governo.

Non tutto nella sceneggiatura è dunque incerto. Il gioco di enigmi e soluzioni costruito sui ricordi di Abigail riesce a guidare sino al mistero finale. La metafora è più sottile che altrove. La risposta è dentro di te, ma prima bisogna crescere.

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Incerta è invece la composizione del mondo proposto. In particolare, la resistenza affronta le bugie di uno status quo identificabile ma privo di volti. Difficile considerare i controllori i reali nemici. Assomigliano più a stormtrooper. Ma chi è l’impero? Forse Abigail spera in un secondo capitolo per ampliare un realtà solo accennata. Rimangono numerosi i dubbi e le domande. Oltre il confine si apre un mondo incantato. Più fantasy che steampunk, come le fate sembrano confermare. Per ora Abigail le ha messe da parte, perché “fanno parte di un mondo diverso e noi dobbiamo salvare il nostro”. Tempo al tempo dunque, sempre che ce ne sarà ancora.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

2.8