TFF34 – A Lullaby To the Sorrowful Mistery: recensione del film di Lav Diaz

Eccentrico, a tratti visionario, intrepido, determinato a narrare – a modo suo – la storica rivoluzione filippina del lontano 1896; A Lullaby To the Sorrowful Mistery è l’ennesimo intrigante lavoro firmato Lav Diaz, presentato alla 34° edizione del Torino Film Festival. Un’odissea filmica vera e propria, che mischia storia vissuta con storie “romanzate”, intrise da quell’inconfondibile tocco artistico  del regista filippino.

1896-1897. Un’insurrezione filippina è avversa alla Spagna che domina l’arcipelago dalla seconda metà del XVI secolo. Abbiamo così la storia della ballata “Jocelynang Beliwag” che diventa l’inno della rivoluzione, la ricerca da parte di Gregoria de Jesus del corpo del Padre della Rivoluzione Andres Bonifacio morto in circostanze misteriose; Simon e Isagani, personaggi di un romanzo; il ruolo del mitico e fortissimo eroe Bernardo Carpio e il mezzo uomo mezzo cavallo Tikbalang/Engkanto che ha occupato l’immaginazione filippina.

A Lullaby To the Sorrowful Mistery – come in ogni celebre lavoro di Lav Diaz – si “estende nella mente dello spettatore” per ben 8 ore, inibendolo totalmente da ogni minima presa di coscienza; attraverso una narrazione marginalmente fruibile, Lav Diaz con la sua solita eccedenza, adotta coraggiosamente una visionaria astrattezza della messa in scena, che condensa pretenziosamente un insieme di storie sospese fra il confusionario e l’indefinito.

La caratterizzazione – voluta – dei personaggi appare remota, leggermente marcata, totalmente in funzione ad una fotografia eccezionale capace di risucchiare lo spettatore in un vortice onirico senza fine.

Alla ricerca del cadavere “scomparso”

La cronistoria è un pretesto, quello che si evince da  A Lullaby To the Sorrowful Mistery è la voglia di concepire senza dare una forma,  ad ipotetici personaggi che avrebbero potuto ricoprire un ruolo attivo durante la famosa insurrezione filippina. Lav Diaz “impone” allo spettatore una mancata risoluzione – sul piano prettamente narrativo –  dell’intero contesto, creando – come accennato in precedenza – una sorta di sospensione fra storia realmente accaduta e accenni romanzati inerenti la stessa.

Con estrema complessità, nonostante il confusionario andamento narrativo, il regista filippino riesce su larga scala a  coinvolgere il pubblico, creando paradossalmente,  un sinottico intreccio di storie , accompagnate da una maestosa ed affascinante  fotografia in bianco e nero, capace di dar maggior rilievo – ed espressione – ai personaggi attivamente coinvolti.  Lo spettatore rimane sperduto, insoddisfatto quasi, da questo insieme di storie carenti in termini di linearità ; solamente la tecnica di montaggio funge da “luce perpetua” per il pubblico. Il meccanismo di invogliare lo spettatore optando per il visivo è il connotato inconfondibile di Lav Diaz.

Far affrontare un “lungo viaggio” senza una definizione dettagliata di ciò che si narra. Mostrare senza definire, è l’occasione migliore – e sfruttata – dal regista filippino per assimilare nella propria dimensione temporale lo spettatore. Una concezione registica forviante ma al contempo stesso intrigante, con questo Universo – Lav Diaz – che risucchia totalmente  quest’insieme di “satelliti” – il pubblico . Divinatoria o quasi come idea registica, che senza mezzi termini, viene attuata pragmaticamente.

Difficile dunque dare una degna classificazione a  A Lullaby To the Sorrowful Mistery; Lav Diaz – come al suo solito – adora mostrare sul grande schermo la sua spregiudicatezza registica, che non ha limiti, che non conosce – quasi – confini.

A Lullaby To the Sorrowful Mistery è un film diretto da Lav Diaz. Nel cast  Hazel Orencio, Alessandra de Rossi, Susan Africa, Joel Saracho, Bernardo Bernardo.

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

3.5