What We Do In The Shadows: recensione dei primi episodi della serie horror

Mostri assetati di sangue o creature sperdute nel mondo moderno? La nostra recensione del primo episodio di What We Do in the Shadows.

Solitamente ammantati da un fascino oscuro, è bizzarro pensare che i vampiri possano avere un lato comico. Eppure è proprio questo che i protagonisti di What We Do in the Shadows ci confessano. Di fronte alla finta troupe di cui questo brillante mockumentary si compone, creature della notte secolari, se non addirittura millenarie, si aprono a dichiarazioni esilaranti, mostrandoci quanto anche i mostri più terrificanti della storia possano sentirsi proprio come noi: goffi e inadeguati di fronte alla vita.

What We Do In The Shadows: un format vincente e protagonisti indimenticabili

What We Do in the Shadows non nasce da un progetto del tutto originale, ma trae la propria ispirazione dall’omonimo film del 2014, prodotto, diretto e sceneggiato (e addirittura interpretato) da Taika Waititi. Il produttore neozelandese torna a parlare di vampiri nella rielaborazione seriale, convinto di aver ancora qualcosa da dire a proposito dei principi del buio. E così è!
Attingendo a piene mani dall’ordinarietà della vita umana, Waititi – in collaborazione con il collega di vecchia data Jemaine Clement – ha dato vita a una serie tv geniale, costruita su rovesciamenti dei cliché del genere vampirico, su bonari scimmiottamenti dei recenti prodotti cinematografici (Twilight in primis), giochi di parole e situazioni assurde.

What We Do In The Shadows cinematographe.it

Il format stesso, quello del falso documentario già apprezzato in titoli di spicco come The Office Parks and Recreation, lascia molto spazio di manovra ad autori e personaggi. Questi ultimi, messi di fronte alle telecamere, offrono allo spettatore un divertente scorcio della loro vita, dai fasti del passato alla routine della nuova esistenza come immigrati a Staten Island.

I vampiri in questione sono Nandor (Kayvan Novak), antico signore ottomano, Lazlo (Matt Berry), elegante succhiasangue britannico, la sua affascinante moglie Nadja (Natasia Demetriou) e il vampiro psichico Colin (Mark Proksch). Ad accompagnare le gesta di queste figure immortali è Guillermo (Harvey Guillén), il famiglio umano di Nandor, che sogna un giorno di diventare un vampiro proprio come il suo padrone.
Il pilot metterà tutti loro di fronte a un importante evento: l’arrivo del barone Afanas (Doug Jones), vampiro millenario da tutti rispettato e temuto. Sarà proprio la visita del barone a sottolineare la discordanza tra la sete di conquista dei vampiri e il bizzarro gruppetto di protagonisti.

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Fin da questo primo episodio si intravede la sottile vena di demenzialità che denota la serie, che tuttavia mai ridicolizza l’eccellente componente comica. Battute e situazioni calcano la mano l’apparente inconciliabilità tra i vampiri protagonisti – provenienti da secoli di omicidi e impalamenti – e il mondo moderno, inadeguatezza che dà vita a una brillante ironia, nonché a gag e dinamiche che non possono non strappare un sorriso. Sono gli stessi personaggi a condurre gran parte del gioco: apparentemente minacciosi, ma in realtà quasi impacciati in una realtà presente a loro estranea, trasformano l’ombrosità delle leggende sui vampiri in qualcosa di buffo, quasi tenero.

What We Do In The Shadows: un’irresistibile manovra di rovesciamento

Questo inizio di stagione ha svelato parte delle sue carte vincenti, mostrando le grandi potenzialità della serie. La regia tendenzialmente spoglia, lo sfruttamento di pochi ma validi elementi comici e l’ottima scrittura dei personaggi principali hanno dato vita a una prima puntata davvero divertente, atta a presentarci le figure in gioco, ma anche a stabilire il tono generale del prodotto.

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Tramite il rovesciamento giocoso degli elementi più cupi del mondo vampirico, questo titolo non rifiuta il tono horror, ma lo addolcisce donando grande umanità a creature che dovrebbero essere terrificanti. Questo le mette sul nostro stesso piano e ci permette fin dalle prime scene di empatizzare con loro, nonostante tradizioni e abitudini alimentarli le allontanino da noi.

Una nota di merito a Colin Robinson, in apparenza uomo noioso, ordinario e pedante, in realtà potente vampiro psichico che esaspera gli umani per nutrirsi della loro energia. Nella creazione di un simile personaggio, così ironicamente attuale, si legge una sottile presa in giro di tutti quegli individui logorroici con i quali è difficile interagire.
Se sottoposte a un adeguato sviluppo psicologico tutte queste figure potrebbero davvero essere il punto forte dell’intera serie, facendo di What We Do in the Shadows un’ottima compagnia per questo autunno.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.9