The Puppet Master: caccia all’impostore – recensione della docu-serie Netflix

Dal 18 gennaio 2022 su Netflix la miniserie di Sam Benstead e Gareth Johnson che racconta la storia del più noto truffatore del Regno Unito, Robert Hendy-Freegard. 

Negli ultimi anni Netflix ha puntato moltissimo sulla produzione e la distribuzione di documentari e docu-serie True Crime, tra cui quelli incentrati su Unabomber, il caso Epstein o sugli omicidi commessi da quei serial killer che hanno scritto il proprio nome sulle pagine della cronaca nere con il sangue d’innocenti: da Conversazioni con un killer: Ted Bundy  a The Night Stalker, passando per Sulla scena del delitto: Il killer di Times Square o I figli di Sam. Tra le ultime ad approdare sulla piattaforma a stelle e strisce, a partire dal 18 gennaio 2022, c’è The Puppet Master: caccia all’impostore, la miniserie che Sam Benstead e Gareth Johnson hanno realizzato sulla figura di Robert Hendy-Freegard.

The Puppet Master: caccia all’impostore racconta la storia del più noto truffatore britannico

The Puppet Master: caccia all’impostore cinematographe.it

Il titolo di questa docu-serie in tre episodi riassume alla perfezione quella che è la sconvolgente catena di eventi del quale si è reso protagonista il più noto truffatore del Regno Unito. Nel corso di un decennio, Freegard ha soggiogate psicologicamente, umiliato e truffato otto sventurati (un uomo e sette donne), ai quali ha sottratto circa un milione di sterline, convincendoli di far parte di sofisticate operazioni di spionaggio per conto dell’MI5. Proprio come un burattinaio che muove i fili, ha costretto le sue vittime, cadute nella sua fitta ragnatela di bugie e manipolazioni, a fare tutto ciò che veniva loro richiesto per tutelare le rispettive famiglie le quali, altrimenti, sarebbero state in gravissimo pericolo.

Si parte da un caso ancora aperto per poi riavvolgere il nastro e tornare laddove tutto è iniziato

The Puppet Master: caccia all’impostore cinematographe.it

Gli autori partono da un caso ancora aperto, quello di una donna che tuttora fa coppia con Freegard, per poi riavvolgere il nastro e tornare laddove tutto è iniziato. Il protagonista come noto, oggi è a di nuovo a piede libero, sfuggito dalle maglie della giustizia e a una condanna all’ergastolo grazie a un cavillo che ha fatto cadere tutte le accuse a suo carico. Nel corso dei capitoli che vanno a comporre questa incredibile vicenda, la narrazione palleggia abilmente tra presente e passato, ricostruendo tassello dopo tassello il “mosaico criminale” di un carnefice che, seguendo un modus operandi ben preciso, entrava nelle vite altrui e ne stravolgeva gli equilibri, isolandole dal mondo e facendole vivere nella menzogna. La miniserie analizza accuratamente questo aspetto, soffermandosi a più riprese sui sottili meccanismi messi in atto dall’uomo per attirare e intrappolare nella sua rete i malcapitati di turno.

The Puppet Master: caccia all’impostore disegna sullo schermo l’identikit e il profilo di Freegard, passando attraverso un flusso corale di voci e di immagini

The Puppet Master: caccia all’impostore cinematographe.it

The Puppet Master disegna sullo schermo l’identikit e il profilo di Freegard, passando attraverso un flusso corale di voci e di immagini che consente allo spettatore di conoscere tanto l’impostore quanto l’uomo che si cela dietro. Per farlo i registi si affidano ai meccanismi della docu-fiction, che il più delle volte vede mescolarsi senza soluzione di continuità elementi dell’uno e dell’altro. Affiancando alle testimonianze di alcune vittime, dei loro parenti, degli inquirenti e di altre persone informate dei fatti, una serie di preziosi materiali di repertorio video, fotografico e audio, tra cui delle intercettazioni inedite che hanno portato al suo pirotecnico arresto. Arresto che, con ritmo serrato e grandissima suspence, viene rievocato attraverso i filmati originali del circuito di video-sorveglianza dell’aeroporto di Heathrow, cornice della spettacolare imboscata. Un episodio restituito in maniera davvero avvincente, grazie a un sapiente lavoro di montaggio. Il ché lo rende senza dubbio il momento più alto offerto da una miniserie che non lascia di certo indifferenti, vuoi per l’intricata storia che racconta, vuoi per la potenza di alcune interviste in essa contenuta (su tutte quella a una delle prime vittime, l’ex studentessa di agraria Sarah Smith), ma soprattutto per l’incredulità che si prova per l’intera durata davanti alle trame machiavelliche imbastite da un autentico diavolo in terra.     

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.4

Tags: Netflix