Hellbound: recensione della serie tv coreana Netflix

A Seoul, in un futuro prossimo venturo, alcune creature soprannaturali si materializzano all'improvviso per trascinare gli esseri umani all'inferno. Un detective, un'organizzazione religiosa e un'avvocatessa indagano sullo spaventoso fenomeno.

Ora che l’Occidente si è finalmente e definitivamente accorto dell’esistenza artistica della Corea del Sud, ogni nuova occasione è valida per accendere i riflettori sui film, le serie tv e in generale i prodotti provenienti dallo Stato asiatico. Parasite e Squid Game hanno fatto scuola, anche e soprattutto per comprendere le ragioni che muovono i vari autori all’opera, molti dei quali strettamente legati alla medesima Onda (la cosiddetta Hallyu). La base di partenza sembra essere sempre la stessa: il disturbo delle normali regole civili, che genera mostri impossibili da gestire e controllare.
Uno spunto dalla forte valenza politica, considerando che in Korea vige una fortissima lotta di classe e che non esiste un vero e proprio welfare in grado di salvaguardare le classi meno abbienti. Non esula ovviamente da questo discorso Hellbound, la nuova miniserie Netflix – disponibile dal 19 novembre – creata e diretta da Yeon Sang-ho, già dietro la macchina da presa per la trilogia zombesca Train to Busan (2016), Seoul Station (2016) e Peninsula (2020). Si tratta dell’ampliamento di un lavoro già esistente, nello specifico del webtoon The Hell (2002) sempre scritto da Yeon e illustrato dal sodale Choi Kyu-seok.

Hellbound: omicidio o manifestazione divina?

Hellbound - Cinematographe.itMuovendosi tra drammatico e fantastico, ecco la domanda a cui Hellbound cerca di rispondere: cosa accadrebbe se gli angeli cominciassero ad apparire, comunicando alle persone la data e l’ora esatta in cui moriranno e verranno trascinate all’inferno? La situazione che apre la serie è piuttosto impressionante e accattivante: mentre la gente beve in un bar in un giorno casuale di novembre (“Quel giorno, era un giorno come tanti altri”), un uomo fissa il suo telefono. Quando l’orologio segna l’ora stabilita, tre creature giganti irrompono attraverso il muro, inseguono il ragazzo lungo una strada trafficata e lo picchiano a morte davanti a centinaia di spettatori. Il tutto viene, naturalmente, catturato in video, caricato sui social media e diventa subito virale.

Si aprono voragini interpretative: siamo di fronte ad un semplice caso di omicidio o a un evento di origine chiaramente divina? La manifestazione, che fa impazzire i media e la stampa, viene immediatamente cavalcata dal giovane leader di una setta religiosa (la Nuova Verità), che sancisce che solo i peccatori sono destinati alla dannazione e che questi avvenimenti rappresentano la volontà trascendente per riportare gli esseri umani sulla retta via. A questo punto la serie intraprende una curiosa via poliziesca e crime, dedicandosi quasi totalmente al detective tormentato Jin. Con tutte le logiche conseguenze del caso: è possibile indagare in modo razionale ed empirico sulle azioni di dio?

Una rappresentazione dell’umanità alla deriva, tra isteria collettiva e voyeurismo

Hellbound - Cinematographe.itDensa di spunti, occasionalmente ingenua (in fase di scrittura) e qua e là eccessivamente didascalica (con la sottolineatura a più riprese di concetti evidentemente importanti per il prosieguo della vicenda), Hellbound cerca di esplorare temi socio-culturali stuzzicanti per il pubblico coreano di riferimento, ma universalmente riconducibili ad un “sentire comune” proprio di tutta l’umanità contemporanea. I 6 episodi affrontano – tra gli altri – il tabù della religione a scopo di lucro, l’appetito pubblico per la violenza esibita nei minimi dettagli (c’è anche uno youtuber iperbolizzato e squilibrato) e il progressivo aumento del puritanesimo isterico. Una rappresentazione che sfida il senso della credibilità, ma che soprattutto nella seconda parte (con un salto in avanti di 6 anni) risulta piuttosto inquietante e verosimile.

Chi già conosce il regista Yeon troverà qui una gradevole conferma del suo modus operandi: il ritmo è spesso misurato e delicato, con una particolare attenzione ai personaggi e all’approfondimento delle loro umane vicissitudini. I caratteri in gioco, giustamente addolorati e confusi, lottano con la loro moralità e mortalità e, nonostante qualche scivolone (senza cadere nel più bieco degli spoiler, si potrebbe ad esempio restare delusi dall’epilogo della vicenda, con annesso “aggancio” per una possibile season two che rimescola nuovamente le carte) l’insieme vale la visione in particolar modo per i dubbi etici che solleva, più che per le manifestazioni soprannaturali – un po’ pacchiane ed esteticamente grezze – dei tre demoni e dei loro massacri.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2

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