Taormina Film Fest 2020 – The Day We Died: recensione del film danese

Tra Charlie Hebdo e gli attentati di Copenhagen: The Day We Died incrocia le vite di quattro persone, in un'Europa fredda e indifferente. La vita può cambiare in un istante, in modo repentino e spietato.

Il terrorismo – anche ma non solo di matrice islamica – ha prodotto, a partire dall’11 settembre 2001, diverse opere cinematografiche interessate soprattutto ad una ricostruzione il più possibile cronachistica degli eventi. Una nuova forma di cinema-verità, atta ad esorcizzare e ad elaborare gesti e situazioni sconvolgenti in quanto imprevisti e imprevedibili, lontani decenni luce dalla rappresentazione pop e rassicurante dei blockbuster americani alla Air Force One. La truce realtà ha costretto l’arte ad accantonare la fantasia, e a guardare davvero in faccia le paure della nostra contemporaneità.
Tra i titoli più recenti del filone ricordiamo 22 luglio di Paul Greengrass e Utoya 22 July di Erik Poppe, entrambi dedicati al massacro sull’isola norvegese di Utoya ad opera di Anders Breivik. Al dittico si aggiunge ora il danese The Day We Died di Ole Christian Madsen, evento speciale del Taormina Film Fest 2020, che cerca di unire l’attentato alla sede della rivista Charlie Hebdo del gennaio 2015 agli attacchi avvenuti a febbraio dello stesso anno a Copenhagen, seguendo il filo rosso dell’estremismo e della radicalizzazione.

The Day We Died: Una storia di destini incrociati

The Day We Died - Cinematographe.itIl regista Madsen opta per una multi-narrazione in cui non esiste un unico protagonista. Seguiamo quindi le normali vite di quattro personaggi apparentemente destinati a non incrociarsi mai: il regista-reporter Finn, il disoccupato Dan, il poliziotto Rico e il criminale appena uscito dal carcere Omar. Caratteri veramente esistenti/esistiti, che conosciamo in momenti poco edificanti della loro esistenza. È questo forse uno degli spunti più interessanti dell’operazione: tutti conducono una vita fatta di frustrazioni e insoddisfazioni, nel contesto di una capitale europea gelida e indifferente.

La sensazione generalizzata di precarietà produce, nello spettatore, l’idea che ognuno di loro possa potenzialmente essere un attentatore o una minaccia; sono tutti abbandonati – o, peggio, ignorati – dalla società, tutti immersi in un magma di circostanze depressive. La frammentazione dei punti di vista, tuttavia, non fa il gioco del film: la mancanza di focalizzazione impoverisce l’introspezione, affidata a dialoghi macchinosi o a scene forzate e fini a loro stesse (l’appuntamento Tinder dell’agente di polizia, che non produce tanto comicità involontaria quanto una evidente inverosimiglianza).

Aggrapparsi a ciò che rende umani

The Day We Died - Cinematographe.itQuesto non impedisce alla narrazione di essere coinvolgente e di mantenere per tutta la sua durata il suo spirito di denuncia; la ricostruzione è buona, il montaggio è serrato e le interpretazioni sono efficaci (compresa quella della superstar Nikolaj Coster-Waldau, che resta però sottoutilizzato). Tutto contribuisce alla tesi finale del film, incentrata sulla casualità e imprevedibilità della nostra quotidianità, in cui la vita può cambiare in un attimo. È il momento in cui l’umanità cessa di esistere, distorcendosi in fanatismi o incanalandosi in una disperazione senza sbocchi.

Il fatto che la caccia all’uomo non sia uno dei punti focali di The Day We Died (e che non vengano affrontati in modo esplicito i momenti successivi alla sparatoria finale) sembra essere una chiara scelta di campo: l’intento è quello di innescare in chi guarda una discussione e una riflessione, come quella accesa che avviene tra Finn e i suoi commensali durante una cena a casa sua, sulla libertà di parola e sul dilemma morale riguardante la satira – lecita? Non lecita? Chi stabilisce i confini del suo utilizzo? – dopo lo choc di Charlie Hebdo.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

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