36° Torino Film Festival: retrospettive dedicate a Powell & Pressburger ed Eustache

Due stili cinematografici molto differenti, ma entrambi dei grandi artisti che vale la pena ricordare, in questa 36a edizione del Torino Film Festival

La 36a edizione del Torino Film Festival dedica le sue due retrospettive al cinema di Powell & Pressburger e di Jean Eustache

Michael Powell & Emeric Pressburger e Jean Eustache, due generazioni, due stili, due immaginari che paiono agli antipodi, eppure, due idee di cinema che ben corrispondono al Torino Film Festival e all’attività di ricerca condotta dal Museo Nazionale del Cinema. A loro sono dedicate le due retrospettive della 36a edizione del Torino Film Festival, che si svolgerà dal 23 novembre al 1° dicembre 2018.
 
Da una parte il sogno, la bizzarria, i vertiginosi movimenti della macchina da presa, le narrazioni eccentriche, che hanno affascinato e influenzato i giovani Scorsese, De Palma e Coppola: il cinema di Powell & Pressburger, la cui compagnia di produzione si chiamava The Archers. Tra i più grandi visionari della storia del cinema, l’inglese Michael Powell (regista e produttore) e l’ungherese Emeric Pressburger (scrittore) hanno costruito tra la fine degli anni ‘30 e l’inizio degli anni ‘60 lo spettacolo cinematografico definitivo: quello che parla all’inconscio degli spettatori. La retrospettiva presenterà i venti film che hanno realizzato insieme, dall’eccentrico film bellico 49° Parallelo, per il quale Pressburger vinse un Oscar, al romantico Duello a Berlino, passando dal viaggio ossessivo nella passione di Narciso nero. Insieme a questi, alcuni dei film diretti in solitaria da Powell, compreso il capolavoro L’occhio che uccide.
Torino Film Festival, Cinematographe.it
 
L’altra anima del festival, invece, è quella dura, morale, di un cineasta francese morto troppo presto (a poco più di quarant’anni, nel 1981) e troppo spesso dimenticato: Jean Eustache,   che esordì nel 1963 con il cortometraggio incompiuto La Soirée e divenne poi autore di numerosi film quali Mes petites amoureuses, Une sale histoire e, nel 1973, La maman et la putain, capolavoro sulla vaghezza dei sentimenti e sull’indispensabile moralità del cinema. Autore spesso emarginato dall’industria cinematografica, il meno compiacente tra i maestri della Nouvelle Vague, non ha mai smesso di interrogarsi sulla dinamica tra il realismo inquisitorio della sua macchina da presa e la finzione che entra in gioco non appena la cinepresa comincia a girare. La retrospettiva presenterà tutti i suoi film.