Mirai: recensione del film di Hosoda Mamoru

In sala per soli tre giorni - 15, 16 e 17 ottobre - Mirai è il nuovo film di Hosoda Mamoru, presentato fuori concorso a Cannes 71.

Hosoda Mamoru. Se già non lo conoscevate, il suo è un altro nome che, insieme a quelli di Miyazaki Hayao e Shinkai Makoto, dovreste aggiungere al vostro cassetto mentale con l’etichetta “animazione giapponese”. Prima di fondare il suo personale studio di animazione, lo Studio Chizu, e a scrivere personalmente i suoi film, Hosoda ha iniziato a farsi conoscere al grande pubblico lavorando a un film sui Digimon (Digimon: Il film, 2000) e al sesto della seria di One Piece (One Piece: L’isola segreta del barone Omatsuri, 2005). Nel 2006 esce invece il suo primo film La ragazza che saltava nel tempo, adattamento del romanzo omonimo di Tsuitsui Yasutaka, e negli anni a seguire altri tre film di incredibile successo: Summer Wars (2009), Wolf Children – Ame e Yuki i bambini lupo (2012), e The boy and the beast (2015). Presentato nella sezione Quinzaine des Réalisateurs dell’ultima edizione del Festival di Cannes, Mirai (titolo originale, Mirai no Mirai) approda nelle sale italiane grazie allo sforzo congiunto di Dynit e Nexo Digital.

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Kun-chan, coccolato e viziato fino allo sfinimento dalla famiglia, ha quattro anni e fino a ora è stato il re indiscusso della casa. Un giorno però i genitori rincasano con una bambina tra le braccia: è Mirai (futuro, in giapponese), la nuova sorellina di Kun. Catalizzando improvvisamente tutte le attenzioni su di sé, Mirai è all’inizio vista con curioso interesse da parte del fratello ma piano piano si instilla in lui una gelosia sempre più forte nei confronti della neonata, rea di avergli rubato tutte le attenzioni dei genitori. Dopo aver colpito Mirai con un trenino giocattolo, Kun viene sgridato dalla madre e non riuscendo neanche a richiamare l’attenzione del padre troppo impegnato a far calmare le lacrime della piccola, disperato fa per andare nella stanza dei giochi quando, improvvisamente, sembra venire catapultato in un altro mondo. Tra voli nella fantasia o forse misteriosi viaggi spazio temporali, più volte Kun si ritrova faccia faccia con una Mirai ormai adolescente, incontra la madre bambina e il bisnonno da giovane che gli dà alcune lezioni di vita. È in questo modo che Kun riesce a crescere e a capire quanto importante sia il rapporto con la sorella.

Mirai: tra tradizione e modernità, il complicato rapporto tra fratello e sorella

Mirai Cienmatographe.it

In tutti i suoi film, Hosoda ha cercato di esplorare un tema ben preciso intrecciandolo, di volta in volta, con varie declinazioni del genere fantastico e della science fiction. Così, ne La ragazza che saltava nel tempo abbiamo un affresco dolceamaro della giovinezza e del primo amore; in Summer Wars si indaga il potere delle relazioni familiari soprattutto all’interno di un’antica famiglia giapponese; con Wolf children è il turno della maternità a essere messa sotto la lente d’ingrandimento di Hosoda, così come, specularmente, la paternità è la traccia di The boy and the beast. Con Mirai invece, il regista giapponese vuole celebrare la relazione talvolta difficile ma pur sempre viscerale che si instaura tra fratello e sorella. Per far questo, costruisce un’ambientazione molto più minimale del solito che viene però arricchita dal ricorso al fantastico che, come già detto, caratterizza le sue opere.

Mirai infatti, in un certo senso, si svolge interamente all’interno della casa della famiglia di Kun, il cui design curatissimo riflette l’estetica funzionale della moderna casa giapponese e ricorda concettualmente la casa su tre piani a Itami ideata dallo studio Tato Architects. Sorprendente è la ricchezza di dettagli che impreziosiscono gli sfondi e danno prova di un lavoro attento di ricerca – tra tutti, l’uccello soprammobile di Vitra che si può scorgere su una mensola del soggiorno. Se, da una parte, con l’architettura della casa si guarda con attenzione al Giappone moderno, la tradizione, così come capita sempre nei film di Hosoda, non viene certamente dimenticata. Infatti, nella storia hanno grande importanza le bambole della famiglia imperiale che si usa esporre, ogni 3 marzo, per l’Hinamatsuri (festa delle bambole, o festa delle bambine) durante la quale si prega per la salute e la bellezza delle proprie figlie.

Mirai: gli incontri impossibili e una trama che convince con riserva

Mirai Cienmatographe.it

Caratterizzato da una trama sì più semplice rispetto ai lavori precedenti ma arricchita dai numerosi viaggi nel tempo o, per meglio dire, nella fantasia del suo protagonista, Mirai non dimentica il suo valore educativo. Di viaggio in viaggio, Kun si ritrova, volente o nolente, a crescere e dover abbandonare progressivamente il proprio carattere bizzoso e, allo stesso tempo, a comprendere cosa voglia davvero dire essere un fratello maggiore. Come sempre, Hosoda convince per le caratterizzazioni verosimili e sfaccettate dei suoi personaggi, così come ben riuscito è l’intreccio tra il presente e le varie avventure che Kun si ritrova a vivere con la Mirai del futuro ma anche con il nonno. I vari adynata che si vanno a rappresentare sono quindi investiti di una certa malinconia, la stessa che ammanta tutti quegli incontri che avremmo voluto avvenissero ma che sono destinati a rimanere solo dei moti agrodolci che talvolta ci concediamo.

Sebbene anche Mirai sia, come le altre, una pellicola capace di muovere lo spettatore, la carica emotiva che ci investe risulta però più debole. Vedere la vita con gli occhi di un bambino e perdersi quindi nelle sue fantasie, per quanto ben riuscite e orchestrate, riesce a risuonare meno nelle corde di chi guarda, sia per una ovvia differenza d’età, sia per il carattere assai viziato di Kun che rende difficile l’immedesimazione. Con questo non si vuole però dire che il film non riesca nell’intento di affrescare in modo convincente il rapporto tra fratello e sorella ma solo che finisca, di tanto in tanto, per peccare di una certa ingenuità specie quando si cercano di tirare le fila dell’intreccio. Alla luce della produzione precedente di Hosoda, Mirai non riesce a raggiungere gli stessi livelli ma si conferma comunque una pellicola piacevole, un tenero viaggio nella mente di un bambino tra gelosie, piccole conquiste e la certezza di poter avere sempre qualcuno su cui contare.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.7