L’amore che ho: la storia vera di Rosa Balistreri
Rosa Balistreri, nata a Licata il 21 marzo 1927 e scomparsa a Palermo il 20 settembre 1990, è considerata una delle voci più potenti e autentiche della musica popolare siciliana.
La sua voce ruvida, profonda, spaccata dal dolore, è ancora oggi un’eco potente nella musica popolare italiana. Rosa Balistreri, cantautrice siciliana dal passato travagliato, è la protagonista del film L’amore che ho di Paolo Licata dove a interpretarla, nelle diverse fasi della sua esistenza, ci sono Anita Pomario, Donatella Finocchiaro e Lucia Sardo, mentre la colonna sonora è curata da un’altra grande interprete siciliana: Carmen Consoli, che dona nuova voce e sensibilità ai brani di Rosa, restituendone la forza evocativa e il lirismo popolare.
Il film, al cinema dall’8 maggio 2025, ripercorre le tappe salienti della vita della Balistreri – “voce della Sicilia” -, tra povertà, violenza, arte e riscatto.
Chi era Rosa Balistreri, la cantautrice siciliana la cui storia è raccontata nel film L’amore che ho

Rosa Balistreri, nata a Licata il 21 marzo 1927, è una delle voci più intense e potenti della musica popolare italiana. Cresciuta in una famiglia modesta (il padre era falegname e la madre casalinga), Rosa ha vissuto una giovinezza difficile segnata dalla povertà e dalle violenze domestiche. Con due sorelle e un fratello, paraplegico dalla nascita, Rosa non ha avuto molte opportunità di studiare, fermandosi alla terza elementare. Costretta a lavorare fin da giovane, nel corso degli anni ’50 si trasferì a Firenze per lavorare come domestica. Qui entrò in contatto con l’ambiente intellettuale e musicale, incontrando figure come Dario Fo, Ignazio Buttitta e Amico Dolci (figlio di Danilo Dolci). Fu proprio in quel periodo che decise di intraprendere la carriera musicale, debuttando ufficialmente nel 1967 al Festival dei Due Mondi di Spoleto, sorprendendo il pubblico con una voce straordinaria e unica.
I primi passi di Rosa Balistreri nel mondo della musica
Le prime registrazioni di Rosa Balistreri risalgono agli anni ’60, quando incide alcuni 45 giri per l’etichetta Tauro Record. Si tratta di brani molto lontani, per stile e contenuto, da quel repertorio viscerale e identitario che la renderà celebre in seguito. Eppure, anche in quei primi tentativi, la sua voce – così unica, così carica di significato – riesce a piegare testi leggeri come Acidduzzu in qualcosa di più profondo, di più vero.
In quegli anni Rosa non si presenta ancora col suo vero nome, forse per volontà della famiglia. Sceglie invece di firmarsi Rusidda a licatisa e la sua chitarra.
Alla fine degli anni ’80, ormai emarginata dai circuiti ufficiali e ignorata dall’industria musicale, Rosa trova rifugio in una piccola radio privata di Palermo. È lì che, davanti all’amico Felice Liotti, incide Quannu moru, una canzone che lei stessa definì il proprio testamento artistico.
Le canzoni di Rosa Balistreri: non solo Mi votu e mi rivotu
Sono chiaramente tantissimi i brani di Rosa Balistreri e la maggior parte di essi trattano temi come l’amore, la povertà, la violenza, la mafia, l’emigrazione e la condizione femminile. Canzoni come Mi votu e mi rivotu, Terra ca nun senti, Cu ti lu dissi, e La leggenda di Giovanni Falcone raccontano storie di resistenza e di oppressione, utilizzando il dialetto siciliano come mezzo per trasmettere una forza emotiva autentica. La sua musica è intrisa di un’immediatezza che tocca le corde più profonde dell’animo.
Sicuramente Mi votu e mi rivotu è uno dei brani più celebri e struggenti del repertorio siciliano. Si tratta di un antico canto d’amore risalente al Settecento, che Rosa Balistreri rese immortale con un’interpretazione intensa, dolente, quasi teatrale. La sua voce, ruvida e vibrante, riusciva a trasformare questo semplice lamento in un manifesto poetico: un grido di passione, tormento e orgoglio identitario. Nel film L’amore che ho, anche questa canzone trova spazio, contribuendo a costruire un ritratto sonoro della vita interiore e artistica di Rosa.
Rosa Balistreri e il Festival di Sanremo del 1973: una partecipazione mancata, tra censure e polemiche

Nel 1973 Rosa Balistreri avrebbe dovuto partecipare al Festival di Sanremo con Terra che nun senti, una canzone in dialetto siciliano carica di denuncia sociale. La sua esclusione all’ultimo momento fu giustificata ufficialmente dal fatto che il brano non era inedito, essendo già stato trasmesso in TV. Tuttavia, molti parlarono di motivazioni politiche: Rosa era vista come una figura scomoda, troppo imprevedibile per un palco così istituzionale.
Lei stessa spiegò che non era interessata al successo commerciale, ma voleva usare la musica per dare voce ai poveri, agli emarginati, alle donne siciliane dimenticate. La sua canzone era un atto d’accusa verso chi governava la Sicilia lasciandola in miseria. Sanremo andò avanti senza di lei, ma quell’episodio segnò profondamente la sua carriera, confermandola come artista di rottura, fuori dagli schemi.
Rosa Balistreri: la figlia e la maternità sofferta
Tra le pieghe più intime della vita di Rosa Balistreri si trova il suo rapporto con l’unica figlia, Angela Torregrossa (interpretata nel film da Tania Bambaci), figura rimasta per anni lontana dai riflettori, ma profondamente radicata nella sua vicenda umana e artistica.
Angela nacque durante il primo, difficile matrimonio di Rosa con Gioacchino Torregrossa. La cantante affrontò enormi difficoltà economiche e familiari: per un periodo, fu costretta a lasciare la figlia in collegio per poter lavorare. Nonostante questi ostacoli, il legame tra madre e figlia non si spezzò mai del tutto. Col tempo, Angela crebbe, seguì da vicino l’evoluzione della madre artista, e ne divenne anche custode della memoria.
Nel film L’amore che ho, diretto da Paolo Licata, il rapporto tra Rosa e Angela viene trattato con delicatezza, ma senza edulcorazioni. Il film mostra una madre tormentata dal senso di colpa, ma anche una figlia che cerca di comprendere e riconciliarsi con quel passato.
Leggi anche L’amore che ho: intervista a Paolo Licata e Lucia Sardo
Parlando di figli, inoltre, emerge il nome di Luca Torregrossa, il quale si occupa di far conoscere la cantautrice curando eventi a lei dedicati e gestendo il sito dedicato a Rosa Balistreri, all’interno del quale viene specificato che Luca Torregrossa è in realtà il nipote di Rosa (figlio di sua figlia Angela), anche se si professa figlio di quest’ultima.
“Con una sentenza del tribunale dei minori di Firenze, ad appena 20 giorni dalla nascita, Luca è stato affidato alla nonna Materna Rosa Balistreri”, si legge sul sito, “In questo modo Luca, riconosce come madre la figura di Rosa Balistreri, che durante la sua vita chiamerà mamma. Luca ha vissuto con Rosa e Vincenza (mamma di Rosa) dal mese di Agosto 1967 al 20 Settembre 1990 , con un rapporto tale e quale a quello di una madre naturale con il proprio figlio. Rosa, dopo il matrimonio di Luca, nel 1988 decide di trasferirsi a Castelfiorentino, (dopo un brutto periodo passato a Firenze) comprando un piccolo bilocale proprio di fronte alla casa di Luca.”
L’omicidio del marito
Uno degli eventi più drammatici nella vita di Rosa Balistreri fu il coinvolgimento in un caso di omicidio che segnò una frattura definitiva tra la sua vita privata e quella pubblica.
Negli anni ’40, appena sedicenne, Rosa sposò un uomo violento, con il quale ebbe una relazione coniugale segnata da abusi domestici, un fatto purtroppo comune per molte donne siciliane dell’epoca, soprattutto nelle classi popolari. L’uomo morì in circostanze tragiche.
La Balistreri fu condannata per omicidio colposo, ma a tal proposito va detto che le fonti sono discordanti su alcuni dettagli, anche se si ritiene che l’episodio sia avvenuto in un contesto di legittima difesa o durante una colluttazione domestica. Nonostante questo, la giustizia la ritenne comunque responsabile della morte e la condannò a sei anni di detenzione, durante i quali Rosa subì un profondo cambiamento interiore. Fu in quel periodo che prese coscienza politica e sociale della sua condizione di donna emarginata, povera e senza voce. Questo trauma riaffiorerà in molte sue canzoni, dove la figura maschile è spesso rappresentata come violenta, autoritaria, distruttiva. Una volta scontata la pena, Rosa lasciò la Sicilia e si trasferì a Firenze, dove visse in povertà e solitudine, lavorando come donna di servizio. In quel periodo non parlava quasi mai del suo passato. Solo molto più tardi, già affermata come artista, accennò in alcune interviste a quegli anni bui, senza mai entrare troppo nei dettagli.
Dove abitava Rosa Balistreri e in quali luoghi viene ricordata ancora oggi
Rosa Balistreri visse in diverse città italiane nel corso della sua vita, tra cui Licata, Palermo, Firenze e altre località del centro-sud Italia.
Licata è sempre rimasta nel suo cuore e anche dopo essersi trasferita altrove, tornò spesso a visitarla. Tuttavia, fu a Palermo che Rosa passò gli ultimi anni della sua vita, diventando una figura centrale della scena culturale locale. Qui, nel quartiere storico di Ballarò, precisamente in via Casa Professa, Rosa si esibiva nei piccoli teatri popolari, mantenendo un legame diretto con il pubblico e con la sua Terra.
Oggi, alcuni luoghi significativi della sua vita sono commemorati con targhe e dedicazioni. Una lapide è stata collocata nell’ospedale Villa Sofia di Palermo, per ricordare il luogo in cui Rosa morì nel 1990. Il Giardino Rosa Balistreri, situato in Viale Campania a Palermo, è un altro spazio pubblico che porta il suo nome e un ricordo tangibile della sua arte e della sua figura. Ad Augusta una piazza è stata intitolata a Rosa, con una cerimonia che ha reso omaggio alla sua musica e alla sua memoria. Inoltre, a Santo Stefano Quisquina, un’altra cittadina siciliana, una via porta il suo nome, rendendo omaggio al suo impegno culturale. Questi luoghi, insieme ad altri legati alla sua carriera e alla sua vita, sono simboli della sua presenza duratura nella cultura siciliana e italiana
Rosa Balistreri: come è morta e dove si trova la sua tomba

Rosa morì il 20 settembre 1990 a Palermo a causa di un ictus cerebrale, che la colpì improvvisamente dopo un concerto. Aveva appena registrato nuove canzoni e stava vivendo una seconda stagione artistica. La notizia colpì profondamente il mondo culturale siciliano.
Rosa è sepolta nel cimitero di Trespiano (Fi), in una tomba semplice ma spesso adornata da fiori, foto e versi lasciati dai fan. Ogni anno, appassionati e musicisti si ritrovano per ricordarla, cantando le sue canzoni e raccontando la sua vita.