The Maus: recensione del film Netflix di Yayo Herrero

La recensione di The Maus, film Netflix del 2017, diretto da Yayo Herrero ed interpretato da Alma Terzic, August Wittgenstein e Aleksandar Seksan

The Maus è un film Netflix diretto da Yayo Herrero, con Alma Terzic, August Wittgenstein e Aleksandar Seksan.

Alex (August Wittgenstein) e Selma (Alma Terzic) sono una coppia in viaggio verso l’aeroporto di Sarajevo. Nel mezzo di una foresta la loro auto si rompe e Alex è pronto ad andare a piedi al villaggio più vicino, diversamente da Selma, che rifiuta di attraversare quel territorio: sa che il terreno è ancora pieno di mine antiuomo.

Selma ha tutte le ragioni di essere spaventata: bosniaca di origini, vive ancora il trauma della Guerra in Bosnia, di cui fu l’unica sopravvissuta della sua famiglia, in particolare durante il genocidio di Srebrenica. Alex, nonostante le proteste di Selma di non avanzare, trova una macchina con un equipaggiamento di sopravvivenza che appartiene a due uomini molto schivi, Vuk (Aleksandar Seksan) e Miloš (Sanjin Milavić).

The Maus

Selma prega con il suo amuleto, che suo padre le diede prima che i serbi lo uccidessero, che quelle persone non facciano loro del male, ma l’ingenuità di Alex lo rende incapace di cogliere i segnali di pericolo e di capire in tempo in che guaio, i due ragazzi, si stanno andando a cacciare.

The Maus è un film molto particolare, un horror di prigionia che vive nell’ombra della guerra bosniaca. The Maus, film d’esordio del regista Yayo Herrero, ha tante anime che corrispondono a diversi generi che il regista lascia convivere liberamente: a cominciare dal thriller o da un più celato genere soprannaturale, ad un elemento più trasgressivamente politico. Questa è la complessità di una pellicola che scompone e ricompone la narrazione alla luce di forme diverse.

The Maus: il film Netflix diretto da Yayo Herrero

The Maus

Questo mix di generi però è proprio l’anello debole del film, il punto cruciale in cui la logica drammatica potrebbe fallire. Herrero si lancia in una scommessa molto ambiziosa, riuscendo a trasmettere ansia e terrore grazie soprattutto ad un uso intelligente della macchina da presa, che segue sempre i due protagonisti in modo incessante, lasciando spesso le azioni su piani sfocati, senza mai usare l’espediente dei jump scares.

L’azione, accurata e serrata, riesce a sublimare le ombre dell’ambiente sotterraneo, così da rendere e mantenere alcune cose ambigue e inafferrabili. Nel complesso il film funziona bene perché Herrero usa bene la logica da incubo, rendendo il film mutevole e inquietante. La cinepresa, che indugia molto sui volti, soprattutto di Selma, ha un approccio claustrofobico, rende il racconto concitato, imprevedibile e surreale, cosa che porta lo spettatore a non sapere mai cosa aspettarsi nella scena seguente. La cinepresa a mano libera gira intorno ai personaggi con movimenti veloci e fluidi, disorienta e lascia inconsapevoli di dove si trovino in quel momento e dove si stanno dirigendo, negando allo spettatore ogni mappa mentale del luogo.

The Maus

The Maus: novanta minuti di tensione e inquietudine

The Maus, nei suoi novanta minuti, accoglie tra le sue particolarità anche la dicotomia sogno-realtà, che spesso confonde e dirotta la narrazione, portando lo spettatore, per un discreto periodo di tempo, a chiedersi quale sia l’incubo di Selma e quale sia la realtà, quando sia se stessa e quando è preda di una figura demoniaca, in un certo senso invocata attraverso le sue preghiere.

Il problema di frastagliare il racconto da questo dualismo si manifesta intorno al punto centrale, quando questa stessa dicotomia finisce per logorarsi e logorare anche l’andamento del film. Herrero dimostra di avere una certa predilezione per il folklore, orbitando attorno alla cultura bosniaca, come alla sua storia e ai suoi dolori, decidendo di puntellare la narrazione con diversi elementi soprannaturali, un demonio senza volto che accompagnerà Selma nella fuga e nella sua sopravvivenza.

In ultima analisi The Mausriesce nel suo intento iniziale, ovvero regalare un’ora e mezza di tensione, di inquietudine, di rabbia e lo fa cogliendo il trauma di un popolo, abbracciando il suo contesto politico, e sfumandolo con elementi soprannaturali che nascono da tradizioni e culti di un popolo perseguitato e oltraggiato, portando la pellicola ad una resa finale controversa e aggettante che farà discutere.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.6

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