Errementari – Il fabbro e il diavolo: recensione del film Netflix

Una riproposizione moderna in chiave dark di uno dei racconti più famosi della tradizione orale basca

Sul catalogo Netflix è disponibile, da ottobre 2018, Errementari – Il fabbro e il diavolo, opera prima del regista basco Paul Urkijo Aijo (che lo ha anche scritto insieme a Asier Guerricaechevarria), ma con tanto tanto cinema del produttore esecutivo, il ben più quotato Alex de la Iglesia (Il giorno della bestia, Oxford Murders – Teorema di un delittoBallata dell’odio e dell’amore e Le streghe son tornate), vincitore del premio Goya nel 1995 e del Leone d’argento per la miglior regia nel 2010 alla Mostra del Cinema di Venezia.

La pellicola è un ennesimo originale Netflix e segna un altro capitolo del sodalizio, oramai conclamato, tra la piattaforma streaming e le produzioni della penisola iberica. In questo caso si tratta di una riproposizione moderna in chiave dark di uno dei racconti più famosi della tradizione orale basca, avente l’originalità di essere completamente recitata in lingua indigena.

Errementari – Il fabbro e il diavolo… e la bambina

Errementari - Il fabbro e il diavolo cinematographe.it

“Voi credete all’Inferno? Quel luogo di cui parlano tanto i preti? L’abisso oscuro e crudele dove vengono mandate le anime dei dannati. Il posto abitato da demoni feroci che puniscono e torturano le anime dannate. L’Inferno: là dove chi entra, perde ogni speranza. Per gli abitanti dell’Inferno è facile ingannare i peccatori: fingono di realizzare i loro desideri per avere in cambio la loro anima. In pochi sono riusciti a sottrarsi al patto mortale. Questa storia, come molte altre, inizia da un uomo in carne ed ossa. Un uomo che ha saputo eludere il patto con grande astuzia. Un uomo talmente cattivo e crudele da essere temuto persino dal Demonio. Un fabbro.”

1833, sono passati otto anni dalla fine della prima guerra carlista, quando un funzionario della provincia fa la sua comparsa nel piccolo villaggio di Avala con l’intento di indagare su un vecchio fabbro che, a suo dire, custodisce una grande quantità d’oro nella sua fonderia.

Il vecchio artigiano di nome Francisco è visto con sospetto da tutti i religiosissimi abitanti del paesino, in quanto ritenuto un demonio in forma umana, colpevole del suicidio della moglie e capace di compiere atti di ineguagliabile violenza e crudeltà. Il famigerato uomo, dal canto suo, vive come un eremita nella sua fonderia da quando è tornato dalla guerra, avendo disseminato la zona di trappole per orsi e avendo fuso un imponente recinzione per scoraggiare ogni possibile curioso a cui fosse venuta l’idea di dare un’occhiata alla sua misteriosa abitazione.

La piccola Usue, orfanella adottata dalla chiesa dopo la morte della madre, è l’unica dopo tanto tempo a decidere di inoltrarsi nella zona proibita per recuperare la testa della sua bambola preferita, lanciata oltre la recinzione di ferro da un bulletto della sua età. Quello che la bambina ignora è che, varcata la soglia, non dovrà preoccuparsi del “Martello” (soprannome dato al fabbro), ma del suo ingannevole prigioniero affamato di anime umane. Niente di quello che accadrà in quell’oscuro luogo seguirà leggi terrene.

La sapiente mano di Iglesia in Errementari – Il fabbro e il diavolo

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Quella che Iglesia passa al regista esordiente Aijo è una patata bollente tagliata a metà. Infatti su schermo vediamo, sì, un film diretto dal giovane autore basco, ma riccamente contagiato dalla poetica di Iglesia.

Innanzitutto, a differenza di Guillermo Del Toro (pensiamo a Il Labirinto del Fauno), si racconta una favola nera basata non su fatti reali, ma su un’antica fiaba folkloristica, un processo già visto nelle opere precedenti del geniale regista iberico. In più è presente anche in questa pellicola una messa in scena assolutamente sopra le righe, con uso del grottesco sapiente e ben distribuito, sia nei dialoghi che nelle atmosfere. La sceneggiatura è ricca, originale e molto suggestiva, capace di incarnare perfettamente lo spirito delle antiche leggende basche.

La miscela equilibrata di elementi fantasy e horror è un altro indizio molto valido della mano di Iglesia, ma è nella caratterizzazione dei personaggi primari e secondari che risiede la ricchezza di questo lavoro. La piccola Usue è la perfetta rappresentazione di un’umanità innocente capace sia di redimere il gelido Francisco, reso violento dalle mille sventure della vita, sia di portare il demonietto Sartael su una strada molto diversa rispetto a quella riservata ad un feroce abitante dell’Inferno.

L’estetica di Errementari – Il fabbro e il diavolo

Errementari - Il fabbro e il diavolo cinematographe.it

Se la poetica della produzione ha giocato un ruolo importante nella messa in scena della vicenda è comunque grazie all’abilità registica di Ajio se quest’ultima ha avuto modo di esaltarsi al massimo.

Del film si apprezzano moltissimo il trucco e gli effetti speciali, memori di un periodo in cui la CGI non era l’unica strada percorribile per regalare dei personaggi e delle situazioni fantastiche. Oltre al solito Del Toro, si può ritrovare un notevole rimando al Diavolo di Tim Curry in Legend di Ridley Scott (1985) nell’estetica dei demoni, abitanti dell’Inferno. Tra l’altro ognuno diverso e originale, con un aspetto caratteristico e molto accattivante. I cancelli dell’Inferno e la rappresentazione dell’ingresso, con le anime urlanti in fila scomposta, sono veramente suggestive e regalano agli spettatori uno spettacolo originale e molto potente.

La regia è intelligente e riesce ad accompagnare una vicenda in tutti i suoi molteplici livelli esistenziali, dal mondo degli esseri umani fino alle fiamme dell’abisso e ritorno, e il triangolo tra fabbro, demonio e bambina funziona molto bene. Sono presenti molte inquadrature suggestive, anche se classicone, e il prepotente impatto visivo accompagna tutti i quasi 100 minuti di visione. Infine funziona molto bene il contrasto colori caldi/colori freddi, capaci di rievocare benissimo il contrasto anche narrativo che c’è nei vari mondi in cui viaggia la camera da presa.

Errementari - Il fabbro e il diavolo cinematographe.it

Anche se naturalmente non si tratta di uno sceneggiato esente da imperfezioni e con una messa in scena irreprensibile. Errementari – Il fabbro e il diavolo risulta infatti anche notevolmente lento nei primi minuti per poi sciogliersi man mano che ci si addentra nella fonderia di Francisco e si fa luce sul suo controverso rapporto con Sartael, un demonietto atipico e per certi versi non così spaventoso come i suoi fratelli infernali. Ad accompagnare ciò c’è una rappresentazione dei paesani molto grossolano e giocata sui dogmi della religiosità, che li rendono praticamente delle macchiette parlanti, nonostante la prova degli attori è ampiamente sufficiente.

A chiudere il film c’è un taglio completamente immaginifico, che dona un epilogo aperto in cui l’epica, letteralmente, straripa dallo schermo

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2
Emozione - 3

2.4

Tags: Netflix